Uno dei temi più delicati, nel dibattito sulla nuova legge forestale regionale, sarà quello della costituzione di forme associate di gestione, in modo da individuare l’ambito territoriale ottimale, le forme giuridiche, gli statuti che definiscono le regole di funzionamento degli organismi associativi. Associare le proprietà è indispensabile: per fare cosa? Per pianificare la gestione sostenibile, per effettuare gli interventi selvicolturali necessari per migliorare i boschi siano essi produttivi o di protezione, per gestire i tagli in modo da valorizzare il legno tagliato.
La gestione su ampie superfici consente risparmi di scala negli interventi di selvicoltura e anche di disporre di una maggiore quantità di legname e quindi di andare sul mercato con una forza contrattuale maggiore.
È nostra intenzione incentivare tutte quelle forme associate di gestione forestale che valorizzano la filiera, sia essa finalizzata al legno di qualità possibilmente dotata di certificazione internazionale, sia essa una filiera energetica, che un consorzio forestale faccia quindi anche la prima lavorazione del legno, gestisca un impianto a biomassa per il teleriscaldamento su scala locale. Insomma, l’obiettivo è che si valorizzi la materia prima locale con azioni che mantengano il valore aggiunto sul posto. Il bosco rappresenta una risorsa che ha bisogno di essere coltivata per dare frutti: l’abbandono ,infatti, crea più problemi di quanti non si immagini con schianti, crolli, incendi, invasione di parassiti. Gestire i boschi significa anche lavorare per ridurre i rischi di questo tipo, tenendoli sotto controllo. Garantire la presenza di infrastrutture è fondamentale per raggiungere i boschi. Occorre che vi siano piste adatte al lavoro forestale e che l’infrastrutturazione risponda a criteri di pianificazione generale del territorio montano: piste utili per la pratica della selvicoltura, per raggiungere gli alpeggi, per le emergenze. Le comunità montane e le province avranno il compito di pianificare gli interventi secondo le priorità che decideranno, inserendoli nei piani territoriali, che la Regione provvederà a finanziare. Il disegno di legge, nella sua norma finanziaria, prevede di mettere a disposizione per la costituzione dei consorzi, per i piani delle comunità montane e delle province, per le iniziative di formazione e ricerca, 55 milioni di euro in tre anni , garantendo poi per i successivi dieci anni un gettito pari a un punto percentuale dell’Irpef regionale. Sono soldi che devono servire a innescare un processo di sviluppo. Ma questo non era e non è sufficiente per chiudere il cerchio di una politica forestale regionale efficace: occorre affrontare i temi della pianificazione, delle autorizzazioni amministrative, unificare le prescrizioni che adesso sono su base provinciale, e in generale tutti gli aspetti di tutela dei boschi. Questa partita , oggetto del secondo disegno di legge, oggi è stata riassunta nel testo unificato. C’è poi un’iniziativa legislativa sulla materia dell’antincendio boschivo per rispondere alla sollecitazione di una legge nazionale ed un’altra sulla tutela e valorizzazione dei pascoli montani. Noi avvertiamo l’esigenza di arrivare ad una legislazione organica. Non dimentichiamo, tra l’altro, che il tema dell’utilizzo delle risorse forestali ed in particolare delle biomasse di scarto, s’intreccia con il grande tema dell’uso di risorse rinnovabili, campo nel quale il nostro paese deve recuperare un grande ritardo rispetto ad altre realtà europee.
Marco Travaglini, consigliere regionale PD