La notizia della chiusura anticipata di Acetati è una doccia gelata sulle prospettive di sviluppo della nostra città. Da molti mesi ormai si chiede un “tavolo” istituzionale dove esaminare le molteplici implicazioni di questa crisi. Riusciremo ad averlo?
La notizia è arrivata in città la scorsa settimana e non è propriamente una bella notizia: Acetati anticiperà la chiusura dell’impianto di Pallanza a luglio. In un primo momento sembrava che tutto il lavoro fosse assicurato per tutto il 2010, poi s’è passati a settembre e ora a luglio. Ora che si fa? La domanda non è peregrina, perché il Centrosinistra è dallo scorso giugno che chiede – inascoltato – la costituzione di un Tavolo istituzionale locale con tutti gli attori coinvolti (Regione, Provincia, Comune, organizzazioni sindacali, Rsu aziendali, proprietà, Unione Industriali). l’accelerazione della crisi rende ancora più urgente una risposta anche sul piano locale, almeno per due ragioni.
La nostra città ha sempre partecipato con passione e determinazione a tutti i “passaggi” più delicati e rischiosi della sua più grande fabbrica, dalle prime avvisaglie di crisi all’inizio degli anni ’70 sino al referendum del novembre 2002. La solidarietà corale della città è un valore che non va disperso; al contrario, va coltivato con cura proprio nei tempi difficili che stiamo vivendo. Le istituzione locali e chi li rappresenta hanno il dovere di agire con i mezzi più appropriati per renderlo visibile.
E’ noto a tutti che le istituzioni locali non hanno strumenti decisivi per risolvere le situazioni di crisi produttiva e occupazionale. La vicenda Acetati interpella però gli attori sociali per almeno quattro ragioni. La prima è di natura territoriale: l’annunciata smobilitazione produttiva dello stabilimento pone con urgenza il nodo della destinazione urbanistica di un’area amplissima, oggi industriale, nel cuore della città. La seconda è di natura ambientale: chiudere Acetati significa pianificare la bonifica di un vasto compendio straordinariamente infrastrutturato (manufatti, impianti, apparecchiature, reti..), con stratificazioni che rimontano sino a ottant’anni fa. La terza è di natura patrimoniale: la dismissione definitiva dell’attività industriale riporta in primo piano il perfezionamento degli atti amministrativi che appunto ottant’anni fa resero disponibili a Rhodiaseta terreni di proprietà comunale su cui si impiantò lo stabilimento. La quarta, ultima ma più importante in questa fase, è di natura socio-economica: deve esser fatto ogni sforzo- anche agendo sulle “leve” rappresentate dalle altre ragioni – per verificare, nell’ordine, la possibilità di mantenimento su Pallanza di un’importante linea industriale di un prodotto al quale tutti riconoscono altissima qualità; la possibilità di sfruttare la presenza di un’imponente infrastrutturazione impiantistica per garantire la prosecuzione di attività industriali anche diverse da quelle attuali di Acetati; la riconversione, concertata con tutti gli attori presenti “in loco”, qa fini comunque produttivi e a significativo impatto di manodopera del compendio urbanistico ed edilizio dell’area ex Montefibre.
Sinora è drammaticamente mancato il “luogo istituzionale” per avviare il complesso confronto su tutte le problematiche sopra citate. Quanto ancora devono aspettare i lavoratori di Acetati e i rappresentanti dei cittadini di Verbania?
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