Alcuni mesi fa, quando in prima Commissione fu avviata la discussione sul disegno di legge di riordino dei poteri locali, le posizioni della Giunta regionale e del Partito Democratico erano tra loro assolutamente distanti. Dopo un lungo e positivo confronto, le distanze si sono ampiamente accorciate.
Il gruppo PD su questo tema ha ricercato punti di convergenza i più ampi possibili, nella convinzione che quando si parla di riorganizzazione degli assetti istituzionali occorre promuovere riforme condivise, perché sono le uniche destinate a durare nel tempo. Questo paese e il sistema degli enti locali non possono più permettersi che a ogni cambio di maggioranza politica si disfi il lavoro fatto in precedenza.
I punti sostanziali su cui il ddl è stato profondamente modificato riguardano innanzitutto l’innalzamento a 40 mila abitanti della soglia minima nell’associazione dei Comuni per la gestione delle politiche sociali (prima erano 15 mila per i Comuni montani e collinari, 20 mila per quelli di pianura).
Il passaggio della Comunità montane all’Unione dei Comuni montani, poi, non viene più concepito come rottura con il passato con l’assegnazione all’Unione dei Comuni montani delle politiche per la montagna previste dall’articolo 44 della Costituzione e dalla legge regionale sulle Comunità montane.
Si è anche giunti alla definizione dei criteri per l’individuazione di ambiti territoriali ottimali all’interno dei quali i Comuni svolgono in modo associato le funzioni fondamentali o attraverso l’Unione dei Comuni per alcune, o attraverso la convenzione per altre; strumenti non più concepiti quindi come alternativi tra loro, ma che possono coesistere su funzioni diverse.
Il ddl andrà in aula a settembre, ma ci sono ancora alcuni punti che intendiamo migliorare, quali la salvaguardia dei Consorzi che gestiscono i servizi sociali, come peraltro ha recentemente fatto la Regione Veneto.
Ci auguriamo che i Comuni piemontesi costruiscano, nel rispetto della legge, soluzioni che consentano la difesa del valore dei municipi con gestioni associate forti, che restituiscano una organizzazione dei poteri più moderna, soprattutto in una regione come il Piemonte che conta 1206 Comuni. La gestione associata non deve essere concepita solamente come un obbligo di legge, ma come la condizione per mantenere un sistema dei servizi alle comunità locali.
Abbiamo altresì ottenuto che entro un anno vengano riviste tutte le leggi regionali che affidano funzioni amministrative a Comuni e Province, ispirandosi a due criteri fondamentali: il primo è che la Regione non può più gestire funzioni amministrative. Il secondo è che ogni funzione amministrativa deve essere affidata a un unico soggetto, che sia Comune o Provincia, evitando quanto è ancora recentemente avvenuto nella legge di riforma degli ATO, dove tutti fanno tutto con uno spreco di risorse e una complicazione per il cittadino.
Aldo Reschigna, Presidente Gruppo Regionale PD