Documento a cura di Sinistra in Rete – Coordinamento Piemonte
Oggi, nel pieno della più drammatica crisi economica e sociale del dopoguerra, di fronte ad un Paese attonito e impaurito, schiacciato dalla morsa della recessione, privato di prospettive per il futuro che non siano all’insegna della precarietà, dell’incertezza e della drammatica riduzione di tutele, servizi, tenore e stili di vita, di fronte a pulsioni e tentazioni di riduzione e marginalizzazione della democrazia a favore delle scorciatoie populiste e delle deleghe tecnocratiche; il Partito Democratico ha la responsabilità di indicare, candidandosi alla guida del governo del Paese, il percorso per uscire dalla crisi, per restituire alla politica e alle istituzioni democratiche dignità e credibilità e per avviare una nuova stagione di crescita e di sviluppo per l’Italia e per l’Europa.
Ed è dall’Europa che dobbiamo partire; perché è l’Europa il campo di gioco economico, sociale e politico dal quale dipende il futuro dell’intero pianeta, gli equilibri che lo governeranno, la qualità sociale e democratica che segnerà le trasformazioni dei prossimi decenni. L’Europa, il suo modello sociale, il suo patrimonio culturale e di pensiero, la sua capacità di produrre e distribuire ricchezza e valore, la sua funzione di riferimento politico e democratico. Partire dall’Europa significa però porre il tema di una battaglia politica perché il destino del continente sia finalmente tolto dalle mani delle elite finanziarie, delle tecnocrazie cresciute in questi decenni all’ombra delle teorie e delle ricette neoliberiste, tanto affascinanti nelle loro suggestioni, quanto nefaste nelle loro pratiche applicazioni e riconsegnato al confronto democratico, alla politica. Sono le famiglie politiche europee, quella progressista, raccolta intorno al PSE, e quella conservatrice del PPE a dover competere perché si affermi una proposta politica di valore continentale e non più la sola protezione di singoli interessi nazionali.
I conservatori del PPE, che hanno guidato le istituzioni europee in questi anni, hanno fallito; è tempo che i progressisti e i riformisti europei avanzino con autorevolezza la loro visione dell’Europa e del suo futuro e presentino il loro programma per uscire dalla crisi nella quale le illusioni neoliberiste l’hanno precipitata. Il ruolo e la funzione del PD, in questa battaglia, sono fondamentali. La nostra assenza dal dibattito politico europeo è durata troppo tempo. I vaneggiamenti nuovisti che hanno segnato i primi anni di vita del nostro Partito, mortificandone la collocazione e la funzione internazionale, debbono essere posti definitivamente alle nostre spalle. E’ tempo che si consolidi, con un netto profilo strategico, la collaborazione con gli altri partiti del riformismo europeo, con i socialisti di Hollande, con l’SPD, con i laburisti inglesi e con tutto il PSE; fuori da questa famiglia politica il PD è orfano e solo; senza il PD il progressismo europeo è più debole e inefficace.
In Europa, quindi, ma allo stesso modo in Italia, è tempo che il Partito Democratico assolva con determinazione alla sua funzione storica, che è quella di rappresentare e tradurre in un’efficace, credibile e vincente proposta di governo, la propria vocazione riformista e di sinistra, il suo essere grande forza del progressismo europeo. Le teorie politiche ed economiche neoliberiste che hanno dominato negli ultimi quindici anni sono la causa della più grave crisi mai conosciuta dall’Europa. Quelle teorie non possono essere presentate oggi come la cura, esse, invece, sono la malattia, l’agente patogeno che solo una proposta politica riformista, saldamente ancorata alla sinistra europea, può debellare.
Il PD ha dimostrato uno straordinario senso di responsabilità contribuendo alla nascita del
governo tecnico di Mario Monti e sostenendone l’azione. Un governo di emergenza che ha il compito, nel tempo concesso dall’attuale legislatura, di allontanare il Paese dal baratro nel quale l’aveva condotta Berlusconi, mettendolo in sicurezza dagli attacchi speculativi al debito e ricostruendo condizioni di credibilità e affidabilità nei confronti dei nostri interlocutori internazionali, dei mercati, delle istituzioni comunitarie. Lo stesso senso di responsabilità deve essere dimostrato dal Pd, nel dichiarare il proprio impegno ad assumere, alla naturale conclusione del mandato affidato a Monti, la titolarità politica del governo del Paese. Non potrebbe, infatti, essere compreso un ulteriore delega a soluzioni tecniche non legittimate da un chiaro mandato elettorale; mandato che non può che essere rivendicato dalla politica e dal dovere che essa ha di adempiere le funzioni che le sono assegnate dalla Costituzione.
“Tocca a noi”; è in questa sintesi indicata da Pierluigi Bersani il senso di ciò che siamo chiamati a compiere, il ruolo che dobbiamo esercitare. Quel tocca a noi, deve essere riempito da una poderosa azione politica, di analisi e comprensione dell’oggi, di progetto e di proposta, di confronto e condivisione con la società, di agenda delle cose da fare, di strumenti da attivare. Il percorso che ci convince, nel quale ci riconosciamo e sul quale ci dichiariamo pronti all’impegno è quello tracciato da Pierluigi Bersani nella Direzione nazionale dell’8 giugno e nell’assemblea nazionale del 14 luglio. Nei suoi interventi in quelle sedi, Bersani ha indicato le direttrici di riferimento cui ancorare l’azione politica del PD; quelle direttrici sono le nostre e noi intendiamo impegnarci affinché esse siano prevalenti e maggioritarie nel Partito Democratico.
Noi, quindi, sosteniamo la proposta politica avanzata dal segretario nazionale e riteniamo che essa sia la base fondante della candidatura di Pierluigi Bersani alla guida della coalizione di governo che affronterà, nella primavera del 2013, il giudizio elettorale. Sostenere la candidatura di Bersani ha quindi, per noi, un valore politico, di sostegno a un progetto e a un coerente programma di azioni per realizzarlo. Non scegliamo una biografia, scegliamo una proposta politica. Il Partito Democratico non ha bisogno, e meno che mai ne hanno bisogno gli elettori del Paese, di una competizione sulla leadership nel Partito, per quella ci sono i congressi e il nostro si celebrerà nell’autunno del 2013.
Il Partito Democratico può invece scegliere oggi, modificando il proprio Statuto, di sottoporre a primarie la competizione fra diverse opzioni per la guida del Paese. E’ di questo che dovremmo discutere, non della geografia interna del PD, e nel discutere di questo, della proposta di governo del paese, noi poniamo al centro anche il tema della squadra, perchè il rinnovamento della classe dirigente, delle donne e degli uomini chiamati a responsabilità politiche e di governo, è un’esigenza di tutto il Partito, non è una tesi congressuale, né una mozione di candidatura. Accanto al tema delle primarie per il leader, quindi, si pone, ancora una volta, il tema di come sceglieremo i nostri candidati al Parlamento e noi riteniamo che la barra del timone sia fissa su due principi: il primo è il rispetto del limite dei tre mandati, perché si può essere preziosi per il pd, anche se non si è parlamentari. Il secondo, in assenza di una nuova legge elettorale, o di una riforma che non reintroducesse le preferenze, è lo svolgimento delle primarie per i parlamentari, perché siano i nostri elettori a scegliere i loro rappresentanti. Il rinnovamento si pratica, non si proclama.
Il PD ha bisogno di una discussione approfondita sulla sua capacità, come forza organizzata e presente sui territori, di sostenere e radicare il proprio progetto di governo; non basta un segretario nazionale, per quanto capace di risultati straordinari, e non basta un candidato premier. Abbiamo bisogno di un partito che nelle realtà locali e sul territorio si dimostri vitale, autorevole, ascoltato. Qui, a cominciare dai nostri territori e dal Piemonte noi mostriamo gravi limiti ed insufficienze. Non funziona il nostro modello di governance, gli organismi dirigenti non sono posti nelle condizioni di decidere, né di prendere posizione anche, come è naturale in un soggetto democratico, a maggioranza.
Occorre soprattutto una maggiore capacità di proposta e d’iniziativa politica da parte di chi
ha la responsabilità di guidare, in Piemonte e nelle varie realtà, il Partito e, soprattutto, una
maggiore autonomia dalle aree e correnti di provenienza. Su questo noi auspichiamo segnali concreti d’inversione di tendenza, dell’apertura di una nuova fase. Serve una definita e visibile agenda politica che indichi alcune priorità per il futuro della nostra Regione.(battaglia per mettere in crisi la giunta Cota ma con proposte vere di politiche regionali: infrastrutture, trasporti, energia, città della salute, sostegno vero alle imprese, politiche per il credito. Un’agenda che affronti il tema dello sviluppo economico per un rilancio del Piemonte, con interventi veri di riorganizzazione delle istituzioni locali, e di semplificazione amministrativa, a cominciare dalle Unioni di Comuni, con politiche a favore del lavoro e delle imprese e strumenti di area vasta per attirare investimenti, con un nuovo patto strategico tra parti sociali e istituzioni e interventi in tempo reale.
Per questi obiettivi si deve selezionare una classe dirigente, rinnovandola e offrendola al giudizio degli elettori per capacità e credibilità, mettendo in campo le forze migliori maturate nelle positive esperienze dei governi locali e dell’impegno nel mondo del lavoro e della società. Con questo spirito, con questi obiettivi, con la determinazione che è richiesta per affrontare una battaglia politica di straordinaria importanza per il futuro del Paese, per le responsabilità che abbiamo assunto verso i nostri elettori dando vita al PD, noi intendiamo dedicare il nostro impegno e ogni nostro sforzo per sostenere la sfida lanciata dal Partito Democratico e da Pierluigi Bersani alla guida del Paese.
Per contatti e adesioni : Marco Travaglini ( travaglini.m@tiscali.it)