Dopo il voto (1): ripartire dai fondamentali della politica

L’ultima nevicata di febbraio ha “imbiancato” i partiti (si pensi al crollo del più “antico”, la Lega nord, che dimezza i consensi) e stiamo vivendo una fase imprevedibile (gli italiani sono divisi in 4 parti quasi uguali: gli astenuti, i grillini, i fedeli del centro destra, e i democratici) in cui anche le istituzioni della democrazia rappresentativa sono messe in discussione.
Questa situazione, oltre a destare la legittima preoccupazione per l’ingovernabilità, ha il merito di risvegliare negli italiani l’interesse (e la partecipazione) sugli esiti possibili. 

Come tanti provo a mettere insieme le idee (dal punto di vista dei democratici).
Le elezioni hanno determinato una crisi politica che si aggiunge a quella economica e sociale. La grande coalizione (governo Monti) è stata bocciata dall’elettorato e dunque ogni ipotesi di accordo Pdl-Pd non è praticabile. Pur nelle difficoltà occorre immaginare un percorso completo, seppur a tempo, sulle 2 questioni che si sono fuse nel voto: rilancio dell’economia e credibilità della classe politica.
Da raccontare chiaramente, con la compattezza del partito, e l’obiettivo di appassionare: questo è possibile se il PD (che è nato nel 2007, un anno prima del movimento 5 stelle) unisce alla serietà della proposta, l’ascolto (senza complessi di superiorità) cercando l’empatia con i cittadini, delusi e arrabbiati (come potrebbe non esserlo un giovane disoccupato o un malato che attende mesi per una visita ospedaliera e chi vede poi pensioni d’oro e uno Stato disinteressato se la sua impresa chiude?)
Ci si deve confrontare con i nuovi bisogni politici (il cittadino da “sostenere” e non più da “educare”) con gli strumenti classici (che Grillo ha dimostrato di ben padroneggiare): fare quello che si dice e dire quello che si fa! Ritornano di moda “i fondamentali” degli eletti del popolo: onestà (la politica non è una forma di arricchimento ma il servizio alla comunità che si impara come una professione), competenza (non basta elencare i problemi ma occorrono proposte), concretezza (fatti e non giustificazioni).
Questi obiettivi non si raggiungono con lo spettacolo carismatico in piazza, o con lezioni intensive sul funzionamento del Parlamento, o con la speranza fideistica nella Rete come versione moderna della democrazia diretta (come sa bene ognuno di noi che ricorda la sterilità di una qualsiasi discussione assembleare) ma sono il risultato di un impegno vero che richiede tempo, passione, studio, gradualità, risorse, merito: prima di correre una maratona ci si allena e arriva al traguardo chi ha resistenza…
Il PD deve rispondere alla sfida per divenire una forza popolare che “si sbrana” i populismi: è tempo di destrutturare, attaccare i privilegi, aprire ai giovanissimi (rilanciamo il voto ai sedicenni e candidiamo alle elezioni amministrative del 2014 dei consiglieri ventenni che possano fare apprendistato nei comuni), dando esempi autentici e perseguendo con tenacia le soluzioni utili con un orizzonte ampio, sulle questioni di fondo di tasse, lavoro, Stato sociale, semplificazione, visione del futuro: il Partito Democratico non ha forse il sogno, da realizzare, di modernizzare l’Italia?
Se Bersani riceve il mandato dovrebbe proporre un governo a termine che faccia una legge elettorale che premi la governabilità e preveda qualche intervento sociale ed economico rivolto ai lavoratori (dipendenti ed autonomi) e alle imprese; interventi finanziari (contenimento della Tares e niente aumento dell’Iva a luglio). Tutti noi guardiamo con fiducia alle decisioni del Presidente Giorgio Napolitano, un “sempre giovane” di 87 anni, che si dedica alla politica dal 1945!
Dunque…coraggio democratici!
Silvia Marchionini,
Sindaco di Cossogno

Borghi, il perchè dell’omaggio a Giorgio Ambrosoli e ai caduti della resistenza

ALLE RADICI DELLA NOSTRA REPUBBLICA
Quando un albero è squassato dalla tempesta, la sua tenuta si misura dalla profondità delle sue radici.
E’ per questo che abbiamo scelto di inaugurare la legislatura, e personalmente il mandato parlamentare, tra Ghiffa e Fondotoce, ricordando Giorgio Ambrosoli e le vittime della Resistenza.
L’Italia sta vivendo uno dei momenti più drammatici e complessi dell’intera esperienza repubblicana. La caduta del senso dell’etica pubblica, la disaffezione di milioni di italiani che non credono più nella democrazia disertando le urne, il rancore e la rabbia sfogate nel voto e non solo. E ancora, dentro la complessità di una vicenda politica confusa in cui si fatica ad ammainare le bandiere di partito e di fazione per far sventolare il tricolore, c’è l’esistenza di una società impaurita e impoverita che rischia di perdere per strada il sentimento stesso di comunità nazionale.
Rendere omaggio a Giorgio Ambrosoli e ai caduti della Resistenza, dunque, significa al tempo stesso andare al fondo della radice stessa che lega la nostra Repubblica, che rende l’Italia un’entità vera e giusta, e significa andare alla ricerca di quella tensione etica, valoriale, ideale che sola può annullare le difficoltà e le contingenze della crisi attuale.
Occorre stare attenti, compiendo questi gesti, al rischio di cadere nella trappola insidiosissima della retorica.
I morti di Fondotoce, così come Ambrosoli e tutti quelli che sono caduti per l’adempimento del proprio dovere o per la loro scelta di essere uomini liberi, non appartengono a nessuna formazione politica. Non sono i caduti del Pd, del centrosinistra o di qualche altro partito.
Essi appartengono all’Italia, e come tali vanno rispettati e onorati, da chi ha compiti istituzionali prima di tutto.
Ma proprio la nostra volontà di non volerli piegare ad un interesse di parte costituisce la molla che ci spinge, oggi, a volerli ricordare in questi momenti.
Momenti nei quali in Ungheria -nel cuore dell’Europa- si cambia la Costituzione in senso autoritario. Nei quali c’è chi sostiene che il fascismo delle origini (quello che faceva uccidere Matteotti e don Minzoni) fosse in fondo positivo. Nei quali c’è chi distingue tra il regime mussoliniano buono e quello cattivo, come se le spedizioni punitive, la soppressione della democrazia, la polizia segreta e l’omicidio degli avversari politici fossero derubricabili.
Le lezioni della Resistenza, dalla quale nacque la Costituzione, e di Ambrosoli oggi sono più vive che mai. Quando Ambrosoli, scrivendo alla moglie, percepisce che ciò sta facendo lo porterà a pagare “a molto caro prezzo” ma che non si lamentava perché gli era stata data “un’occasione unica per fare qualcosa per il paese” parla anche all’Italia di oggi, e di domani.
Non servono dunque fiumi di retorica, né parole ridondanti, per descrivere i motivi per i quali siamo andati a Ghiffa e a Fondotoce.
Serve solo dire che, di fronte alle sfide dure e impegnative che il tempo ci chiamerà ad assumere, dovremo avere in ogni momento presente che il recupero di tensione etica, di rispetto per il bene comune, di moralità senza ipocriti moralismi è la pre-condizione per l’esercizio della alta e nobile funzione della Politica.
E che guardandoci appena intorno abbiamo esempi ai quali guardare ogni qualvolta ci sentiremo impacciati o inadeguati, stanchi o svogliati, nauseati o assuefatti.
Anche a noi è stata data un’occasione unica per fare qualcosa per il Paese. Non sprechiamola
Enrico Borghi

 

Il primo gesto politico di Enrico Borghi, neo-parlamentare del centrosinistra del Verbano Cusio Ossola, avrà una duplice valenza simbolica.
Infatti, nella mattinata di sabato 9 marzo, il deputato democratico -accompagnato dai vertici provinciali del Pd- si recherà alle ore 10 presso il cimitero di San Maurizio di Ghiffa per compiere un omaggio floreale sulla tomba di Giorgio Ambrosoli, l’avvocato milanese liquidatore della Banca Privata Italiana di Sindona ucciso dalla mafia l’11 luglio 1979 a Milano.
Successivamente, alle ore 11 compierà un gesto analogo presso il monumento dei caduti della Resistenza di Fondotoce, inaugurato il 20 giugno 1964 da Sandro Pertini sul luogo del più efferato delitto di massa del VCO nella seconda guerra mondiale e che ricorda i 1.250 caduti della guerra partigiana nelle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola.

Stiamo vivendo un momento delicatissimo per le nostre istituzioni e per la nostra comunità nazionale -osserva il deputato Enrico Borghie credo che sia indispensabile, per uscire da questa crisi, recuperare le motivazioni etiche ed ideali di chi con il proprio sacrificio ci ha donato un’Italia libera e democratica. Recuperare la lezione di Giorgio Ambrosoli, del quale abbiamo l’onore di ospitare le spoglie mortali nella nostra terra, e dei partigiani caduti per l’Italia è la condizione per tornare a porre al centro della nostra vita pubblica il recupero dell’etica pubblica, il senso del dovere, lo spirito di sacrificio e di abnegazione che sono le caratteristiche con le quali essi seppero caratterizzare la loro vita. Una lezione che è un monito per chiunque si accinge a svolgere funzioni di rappresentanza pubblica e politica,e che rimanda a un concetto di servizio e di amore per l’Italia che Ambrosoli, i caduti di Fondotoce e i 1.250 partigiani uccisi seppero concretizzare in modo esemplare e che oggi, in apertura di una legislatura complessa per l’Italia, credo sia indispensabile recuperare come una fonte di acqua pura nel deserto“.

Ufficio Stampa

Partito Democratico
Coordinamento provinciale VCO
Via Roma 24, 28921 Verbania

La Resistenza può parlare ai giovani ( e non solo a loro)

Concordo con il sindaco di Omegna Aide Mellano sulla necessità di rilanciare l’impegno ad insegnare la storia e trasmettere la memoria. E’ bene riflettere su cosa fare e come farlo.
C’è la possibilità di ricordare la lotta di Liberazione in modo da rendere quel ricordo vivo, concreto, in grado di trasmettere nello stesso tempo conoscenza storica e senso di appartenenza? A mio parere sì, a patto di sottrarsi a ogni dimensione monumentale della memoria, riferendosi alla realtà della guerra e della Resistenza senza nessuna forma di ”reducismo” indiretto.
Ricordare quella storia vuol dire anzitutto restituire agli italiani la faticosa quotidianità di quella lotta, rappresentando l’aspetto migliore della nostra identità nazionale. Non solo la lotta partigiana ma i suoi principali “prodotti”: la scelta per la Repubblica del 2 giugno 1946 e la successiva stesura e adozione della Carta Costituzionale.
Tutto ciò si può fare con le celebrazioni ma anche con tante altre iniziative. Ad esempio, in Piemonte ( cosa della quale mi occupo direttamente) da più di trent’anni si è scelto di investire nel Progetto di storia contemporanea, prima esperienza pubblica del genere in Italia, che ha coinvolto oltre cinquantamila studenti e migliaia di insegnanti che hanno potuto visitare non solo Auschwitz, ma decine di luoghi della memoria in Italia ed in Europa.
Un Progetto che prevede lo studio, la ricerca, la formazione di docenti e studenti. Si può trasmettere la memoria attraverso il teatro, con gioia, e trasformare quel teatro in testimonianza diretta della storia come facciamo ogni estate con la rassegna itinerante “Voci dei Luoghi” nelle piazze di tanti piccoli comuni piemontesi.
Le nuove tecnologie aiutano, come nel caso del concorso “Un video per la Costituzione”, dove moltissimi studenti hanno elaborato dei video della durata di 30 o di 60 secondi scegliendo tra i primi 54 articoli della nostra“carta fondamentale”, realizzando dei messaggi efficaci da mandare in onda sulle reti televisive.
Per non parlare poi dei film e dei libri che da 26 anni fanno parte della rassegna cinematografica “I diritti di tutti” (oltre 2430 proiezioni, cui hanno partecipato più di 540 mila studenti e insegnanti) e dell’attività didattica che svolgono la Casa della Resistenza di Fondotoce, gli Istituti storici e tante associazioni come l’Anpi.
Insomma, si possono fare tante cose, accanto alle manifestazioni celebrative. E’ bene discuterne perché ne vale della nostra memoria e della nostra identità di patria. Diceva Luigi Meneghello, scrittore e partigiano: “Che cos’è una patria se non è un ambiente culturale? Cioè conoscere e capire le cose?”. Appunto, discutiamone e, soprattutto, agiamo.

Marco Travaglini, giornalista e scrittore

 

Cota paralizzato nell’attivita’ legislativa. Slitta ancora il bilancio, sul trasporto pubblico locale nessuna garanzia.

Il movimentismo delle dichiarazioni di intenti del presidente della Regione Cota è inversamente proporzionale al dinamismo della sua attività amministrativa. 
Un giorno annuncia che ridurrà il numero degli assessori, un vero triplo salto mortale, visto che nel frattempo è aumentato il numero dei partiti che sostengono la Giunta regionale. Un altro propone la vicepresidenza della Giunta al coordinatore nazionale di un partito che ha perso le elezioni, forse per solidarietà con chi ha vissuto la sua stessa vicenda elettorale. Assicurata, naturalmente, la rabbia del principale partito della maggioranza, quel Pdl perennemente bistrattato da Cota.
Altrettanto naturalmente al momento delle scelte concrete, si gioca al rinvio. Un film già visto.
Nel frattempo l’attività amministrativa e quella legislativa della Regione sono alla paralisi. Questa settimana la maggioranza ha scelto di far slittare di nuovo l’esame del bilancio 2013, se ne parlerà la prossima settimana, ma con calma, non c’è mica fretta.
Nulla di nuovo neanche negli altri settori. Ad esempio il taglio di 100 milioni sul trasporto pubblico locale, che effetti avrà (crediamo dirompenti) sul tessuto di imprese del settore? Di tutto questo non si discute, ci mancherebbe altro, né si forniscono soluzioni o garanzie. Lo stesso succede su altri temi.
Il Piemonte è abbandonato a se stesso. Il presidente Cota parla sempre della macroregione, ma della sua regione si è ormai dimenticato.

una dichiarazione di Aldo Reschigna