Il nuovo PD…
Come altri ho letto le approfondite tesi sul nuovo partito del quasi ex ministro (ottimo per la verità) Fabrizio Barca e, pur apprezzandole, e non mi hanno convinto. Non solo per la lunghezza (49 pagine!) o il lessico da politologo (catoblepismo) o la, troppo, intellettuale soluzione che propone, la mobilitazione cognitiva (che è la parola più usata!) ma perchè non offre un’esauriente risposta ai problemi del PD di oggi, dal punto di vista di un iscritto, di un potenziale militante, di un giovane che vuol far politica:
a) chi siamo: se la “fusione” è stata fredda nel 2007, è tempo (son passati 50 giorni dalle elezioni e siamo in affanno rispetto al vecchio Berlusconi!) di essere un partito che fa sognare (e non accende passioni la riflessione di Barca), che ha una visione, rinnovata in persone e idee, che sa trasmettere ai disoccupati (giovani o over), il senso di “potercela fare” perchè al governo la sinistra insegue gli interessi del paese, a qualsiasi costo (anche di carriere personali).
b) Cosa vogliamo: se è affascinante l’ambizione del partito che sfida lo Stato nell’essere avanguardia, prevalgono poi prudenze, ambiguità sulle emergenze di povertà, impresa, fisco, giustizia sociale, diritti civili: il compromesso fra le anime del PD ha portato al ribasso di soluzioni. E se il partito non si dimostra soprattutto utile ai cittadini, ma diviso fra renziani e bersaniani e viene percepito come ipocrita (ciò che si dice in pubblico è diverso dalle decisioni del gruppo dirigente ristretto) perchè dovrebbero esistere i circoli, le assemblee sul territorio? Si attrae partecipazione se si parla con sincerità di servizi alle famiglie, ambiente, scuola, lavoro femminile, cultura, beni comuni, futuro e ciascuno sa di poter “contare”.
c) Come vinciamo: Barca propone uno sperimentalismo democratico (!) come terza via fra la competenza dei pochi (la “tecnocrazia”, che di fatto governa gli italiani dal 2011) e il movimentismo (protestatario) in Rete. E’ questo l’aspetto più interessante perchè svela un nervo scoperto, e irrisolto, di questo partito: il giudizio sulla società, e gli individui, che determina la conservazione piuttosto che l’apertura al nuovo. La rete è superficiale, i social network sono per definizione inadeguati a fare informazione, perchè mai? Quale strumento migliore di Internet abbiamo per raggiungere una variegata platea, far emergere il confronto, dando potenzialmente più voce a chi fa fatica a farsi sentire, con assoluta trasparenza (che è un valore richiesto)?
Sui nuovi metodi di comunicazione politica, sull’individuazione delle forme di coinvolgimento (il 25% di delusi come si contattano?) sul carisma dei candidati, si giocherà anche la prossima competizione elettorale, amministrative comprese (come costruiamo il programma dal basso?). Le proposte non mancano e in alcuni casi sono state già sperimentate con successo: dai bilanci partecipativi, ai sondaggi deliberativi, al dialogo elettori-eletti verso la democrazia continua di cui scrive Stefano Rodotà, possibile, e gradito, prossimo Presidente della Repubblica.
Perchè poi criticare la personalizzazione della politica senza affermare l’importanza di avere un leader che suscita speranze? Da sempre è attorno alle alte aspirazioni e alle grandi personalità (e non a caso si cita l’austerità di Enrico Berlinguer) che si mobilita l’entusiasmo!
Se il pd vuole governare deve farsi capire dalle persone e dare risposte radicali a questa crisi epocale, che è anche una grande sfida alle nostre energie, fornendo l’esempio di un partito che sa superare le divisioni e aggregare attorno ad un programma condiviso.
Il cambiamento è la legge della vita affermava J.F.Kennedy, almeno proviamoci!
Silvia Marchionini
segreteria PD VCO