SUS COBIANCHI, BORGHI: “PRIORITA’ DEV’ESSERE QUALITA’ FORMATIVA”

cobianchi-scuolaEsprime preoccupazione l’On. Enrico Borghi per la decisione presa nelle scorse settimane dalla provincia del Vco di chiudere il corso di Scienze Umane e Sociali dell’Istituto Cobianchi con successiva apertura di un nuovo indirizzo al Liceo Cavalieri.
“Ho fatto un sopralluogo al Cobianchi nei giorni passati – commenta il parlamentare del Partito Democratico – incontrando diverse parti in causa, e mi sono state riportate le criticità che questa scelta porterà con sé sia dal punto di vista dell’organizzazione dell’offerta didattica che della possibilità di fruizione della stessa da parte degli studenti provenienti dalle zone extraVerbania per la capacità della struttura del Cavalieri di accogliere le numerose iscrizioni alle classe prime.”
“SUS del Cobianchi rappresenta indubbiamente una delle eccellenze dell’offerta formativa della nostra provincia – continua Borghi – negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi progetti innovativi di notevole rilevanza oltre a Convegni e Pubblicazioni.”
“ Occorre a questo riguardo essere coscienti che alcuni di questi progetti non potrebbero avere continuità in un’altra struttura scolastica – sostiene Borghi – penso ad esempio al progetto Cobipad, presentato a Roma nel 2012 e che non potrebbe continuare nella struttura del Cavalieri perchè non supportata adeguatamente dal punto di vista tecnologico.
A cio’ si aggiunga anche la singolarita’ di una scelta assunta da una Provincia ormai in scadenza in splendida solitudine, con il parere
contrario degli organismi scolastici preposti e nel silenzio dell’amministrazione cittadina commissariata che non viene coinvolta per le parti di propria, specifica competenza. Rischia di profilarsi un danno certo per la qualita’ formativa e una situazione di ingestibilita’ a settembre
scaricata in capo al nuovo Sindaco di Verbania”. “Per fare chiarezza sulla questione e affinchè venga trovata rapidamente una soluzione – conclude il parlamentare ossolano – ho chiesto all’assessore regionale all’istruzione Alberto Cirio e al Presidente della VI Commissione in Regione Piemonte Michele Marinello di portare sul tavolo della Regione le osservazioni e le preoccupazioni dei docenti e dei rappresentanti del Comitato nato in questi giorni affinchè venga riaperta la discussione sul merito di questo spostamento. La Regione, se vuole, puo’ e a mio avviso e’ il caso che intervenga”
“Inoltre – continua Borghi – sempre questa mattina ho inoltrato alla Camera una specifica interrogazione al Ministro dell’Istruzione perchè la delicatezza e importanza della questione non può e non deve essere sottovalutata”

QUALCHE CONSIDERAZIONE SUL DDL DEL RIO

vcoIl DDL Del Rio, approvato alla Camera e che si appresta ad essere votato al Senato, aumenterà il numero degli Enti Locali, aumenterà il numero degli amministratori nominati dalla politica e non votati dai cittadini.

Per inquadrare la situazione si può affermare che le spese annuali dello Stato italiano sono le seguenti:

amministrazione centrale 182.000.000.000
previdenza 298.000.000.000
interessi sul debito 72.000.000.000
regioni 170.000.000.000 Di cui 114.000.000.000 per la sanità
comuni 73.000.000.000
province 12.000.000.000

 

La spesa delle province italiane, nel 2011 è stata così ripartita:

mobilità, viabilità, trasporti                                   (125.000 km di rete) 1.451.000.000
gestione del territorio, rifiuti, tutela ambientale 3.328.000.000
edilizia scolastica                          (5.000 edifici e 2.500.000 studenti) 2.234.000.000
sviluppo economia lavoro 854.000.000
energie alternative 1.142.000.000
cultura 241.000.000
turismo e sport 230.000.000
servizi sociali 317.000.000
generali ed amministrative 790.000.000
personale 2.343.000.000

 

Il DDL Del Rio, avente lo scopo di razionalizzare ruolo, funzioni, costi degli enti locali rischia di ottenere effetti opposti.

Infatti:

  1. Non prende in considerazione l’ipotesi di riduzione del numero delle regioni così come prospettato, per esempio dalla fondazione Agnelli già nel lontano 1992.
  2. All’art. 16 prevede l’Istituzione della Città metropolitana di Roma Capitale (città alla quale sono stati recentemente assegnati oltre 800.000.000 di € a copertura del debito pregresso)
  3. All’art 2, prevede l’Istituzione di 9 nuovi enti locali denominate Città metropolitane: Torino, Milano, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e, incomprensibilmente Reggio Calabria.
  4. Sempre all’art. 2, prevede la possibilità per Sicilia, Sardegna e Friuli Venezia Giulia l’istituzione di altre città metropolitane (prevedibilmente Palermo, Catania, Cagliari e Trieste)
  5. All’articolo 2 bis consente l’istituzione di città metropolitane nelle province con almeno 1 milione di abitanti su iniziativa di comuni che rappresentino 500.000 abitanti (opportunità offerta a Brescia, Bergamo, Salerno)
  6. Ancora all’art.2 bis consente l’istituzione di città metropolitane a due province confinanti aventi popolazione di almeno 1.500.000 di abitanti, su iniziativa di comuni che rappresentino 750.000 abitanti (opportunità offerta, per esempio  a Varese-Monza-Como, Verona-Vicenza, Padova-Treviso)
  7. All’art. 18 prevede nuovi enti definite “Unioni di Comuni” non sostitutive ma aggiuntive rispetto agli attuali Comuni; tali unioni dovrebbero contare almeno 10.000 abitanti e, nei territori montani, almeno 3.000 abitanti.

Il funerale delle province è rinviato ma gli organi di queste saranno nominati dai consigli comunali.

In attesa del superamento del bicameralismo perfetto (Senato e Camera che fanno esattamente lo stesso lavoro) e della riforma elettorale che sostituisca quella in vigore che prevede la nomina di deputati e senatori senza voto di preferenza è passato alla Camera (e presto passerà al Senato) un disposto legislativo che prevede l’aumento del numero degli Enti Locali e la nomina degli amministratori in luogo dell’elezione diretta.

Se l’obiettivo finale del legislatore fosse quello di eliminare le province (presenti in tutti i grandi paesi europei) per sostituirle con Unioni di Comuni e Città metropolitane ci si chiede, allora, perché non cogliere il suggerimento della Società geografica italiana che prevede la fusione delle competenze delle attuali 20 regioni e 110 province in capo a 35 distretti, più economici, più vicini ai cittadini.

Giuseppe Grieco, consigliere provinciale PD