Bosnia,l’Europa di mezzo.Viaggio tra guerra e pace, tra Oriente e Occidente” è il titolo dell’ultimo libro di Marco Travaglini, da qualche giorno nelle librerie.
Il volume è edito da Infinito, con la prefazione degli storici Gianni Oliva e Donatella Sasso. Infinito edizioni è ormai la realtà editoriale italiana più attenta ai Balcani, e in particolare alla Bosnia Erzegovina. Per dimostrarlo, la casa editrice ha preparato un autunno/inverno ad altissimo livello per i lettori appassionati di vicende balcaniche e per chi voglia finalmente avvicinarsi all’argomento.
Il libro di Travaglini è il primo di questa nuova fase. Vent’anni fa finiva la guerra in Bosnia, lasciando cumuli di macerie e tanti, troppi morti. Questo reportage racconta la pace che ha fatto seguito alla guerra in Bosnia Erzegovina. Una pace imperfetta, fatta di prevaricazione e di giustizia negata, di dolore e di speranze strappate via dal disastro di una quotidianità spesso fatta di umiliazioni e privazioni.
Ma narra anche la vicenda di tante persone e la storia di un innamoramento, quello dell’autore per la Bosnia, e di un profondo desiderio di capire non solo le ragioni del conflitto, ma anche la forza enorme che permette al popolo bosniaco di non scomparire.
“Marco Travaglini ha scritto un taccuino di viaggio pieno di partecipazione emotiva, attento a cogliere i luoghi, i personaggi, le storie individuali e collettive; ma ha anche scritto un libro pieno di spunti per riflettere sul presente, per comprendere che ogni crisi ha le sue specificità e, insieme, i suoi denominatori comuni. Un bel modo – secondo Gianni Oliva, uno dei più autorevoli studiosi del Novecento – per fare ‘storia del passato’ facendo contemporaneamente ‘educazione al presente’”. Anche per Donatella Sasso, scrittrice e storica dell’Istituto Salvemini “questo libro costituisce una narrazione unitaria in grado di raccordare il tempo di guerra con il presente, gettando semi di speranza e rinsaldando frammenti di memoria”. Discorso importante perché la guerra di Bosnia ci ha lasciato tante lezioni ma due, attualissime, vanno ricordate. La prima riguarda l’atteggiamento della comunità internazionale: la pace non si mantiene inviando truppe di peace enforcing a occupare un Paese in fiamme; la pace si mantiene intervenendo prima dell’irreparabile, aiutando i Paesi in difficoltà a risollevarsi, disinnescando le tensioni che generano conflitti. La seconda lezione è la propaganda.
Va prestata grande attenzione alle parole e al loro uso, soprattutto da parte di chi ha responsabilità e visibilità pubblica. Gli odi etnici hanno trovato alimento nell’uso disinvolto delle accuse e delle ingiurie. Ci sono analogie inquietanti con i linguaggi dei nostri giornali. Anche per questo “Bosnia, l’Europa di mezzo” è un libro utile, importante che, oltre a far conoscere e riflettere, aiuta a non dimenticare che vent’anni fa tornavano nel cuore dell’Europa, a qualche chilometro da casa nostra, i campi di concentramento, gli assedi alle città, il genocidio e i profughi. Molte domande sollevate da quelle guerre sono rimaste aperte, e molte lezioni rimangono ancora da capire. Perché le guerre in ex-Jugoslavia non parlavano del loro passato nei Balcani ma del nostro futuro in Europa.
Archivio mensile:Settembre 2015
Esternalizzazione del forno crematorio
Il via libera di mercoledì 23 settembre del Consiglio Comunale alla esternalizzazione del forno crematorio ubicato al cimitero di Pallanza è la conclusione di un ragionamento che prende atto da un lato della necessità di investire in maniera importante su una seconda linea, tecnologicamente avanzata, destinata a sostituire quella esistente (avviata a fine servizio e con crescenti problemi di tenuta tecnica e ambientale) nonché dell’opportunità di migliorare in maniera significativa l’offerta di spazi deputati ai servizi annessi al forno (sala commiato, camera delle celle frigorifere, ecc..); dall’altro della difficoltà di reperire fondi attraverso l’indebitamento per effettuare investimenti (causa un patto di stabilità fortemente limitante).
In funzione della scelta del Consiglio, la Giunta valuterà l’affidamento tramite project financing.
Attraverso questo strumento del Codice degli Appalti sarà selezionata la proposta di finanza effettuata dal soggetto privato che avrà convinto di più in termini di: investimento nella realizzazione dell’opera; proposta di gestione della stessa; riconoscimento al Comune di entrate attraverso il versamento di parte dei ricavi effettuati; contenimento dell’impatto ambientale; mantenimento, nonché eventuale incremento, della forza lavorativa coinvolta attualmente nel servizio.
Oggi il forno crematorio è un’opera che funziona in parte (problemi tecnici ne hanno ridotto fortemente le attività) producendo oltre i suoi costi ma andando a trovarsi avanti ad un deterioramento progressivo e un impatto ambientale crescente mentre l’offerta privata dei forni crematori si modifica e fa della specializzazione e di alte competenze tecniche i pilastri per resistere nel tempo.
Quindi la domanda è: il Comune deve investire direttamente in opere ad alto impatto tecnologico (con i limiti dettati dalla difficoltà ad indebitarsi) e nel reclutamento e nella formazione di personale specializzato, o sapere mettere le condizioni perché le imprese investano da noi dando in cambio ritorni di natura sociale (lavoro) ed economica (pagamento dei diritti sui ricavi)?
Entrambe le possibilità meritano attenzione e considerazione.
La prima soffre di un punto di partenza svantaggiato: i rischi legati alla finanza pubblica messa alle strette e la necessità di sviluppare un settore che si modifica fortemente nel tempo senza avere, al momento, le stesse competenze del privato. La seconda ci convince perché offre la visione di un Comune che, delegando la gestione alle imprese, libera risorse (soprattutto umane) per la programmazione ed il controllo delle attività sul territorio.
Su questo vogliamo concentrare l’attenzione e plasmare quella che potrà essere la macchina comunale del futuro. Un soggetto che investe nei processi organizzativi e informatici nonché nel reclutamento e nella formazione di personale specializzato allo scopo di divenire un organismo amministrativo sempre più capace di sviluppare opportunità nel rispetto di regole condivise e verificate.
Quello del forno crematorio, storicamente assicurato ai cittadini verbanesi e non solo, riteniamo sia un servizio di cui non dovere privarci. La gara dovrà porre paletti favorevoli alla migliore collocazione sul mercato. Da qui partono la programmazione ed il controllo e qui, insieme all’amministrazione, vogliamo contribuire ad assicurare il processo migliore possibile.
Davide Lo Duca
Capogruppo Pd Verbania
Unificazione delle Prefetture: no alla difesa delle “poltrone”, sì al miglioramento dei servizi
La riforma degli uffici decentrati dello Stato è una riforma che, come tante altre in questo paese, è oggetto di discussione da anni ma che, per un motivo o per un altro, non si è mai concretizzata.
Le articolazioni periferiche dello Stato in questi decenni sono aumentate anche a causa dell’istituzione di nuove province. E’ evidente che nel momento in cui lo Stato rimette mano alle amministrazioni provinciali, alla loro natura, questo porti come logica conseguenza a un ridisegno anche degli uffici statali.
E’ utile ricordare la storia delle prefetture nate con Napoleone e finalizzate a garantire la presenza dello Stato centrale e del Governo in tutte periferie e in tutti i territori anche i più lontani.
Nell’epoca di internet, dove gli spazi e i tempi si sono ristretti, dove la pubblica amministrazione sta, se pur a fatica, digitalizzandosi, pensare di consolidare una rete statale organizzata con la stessa logica di quella ottocentesca, sarebbe un grosso errore e un conseguente disservizio per i cittadini.
In questi anni, tutte le istituzioni locali sono state oggetto di riforme, molte delle quali sono ancora in via di definizione, come quelle riguardanti i comuni, le comunità montane e le province.
Siamo convinti che sia naturale e doveroso che anche lo Stato e gli uffici statali decentrati affrontino il tema di una loro ristrutturazione.
Detto ciò, capiamo le preoccupazioni dei lavoratori, ma è evidente che si parla di posti di lavoro che non saranno soppressi, nessuno perderà il lavoro, pur comprendendo gli eventuali disagi per chi cambierà posto di lavoro, e garantendo l’impegno di tutti affinché sia trovata una soluzione idonea e meno problematica possibile.
Rileviamo inoltre che la “specificità montana” del VCO, richiamata da alcuni per difendere la Prefettura, non può essere sempre usata nel tentativo di preservare sempre e comunque la struttura dei servizi così come sono.
Crediamo che la “specificità montana” debba diventare uno strumento utile per il territorio se questa ci permetterà di avere più autonomia decisionale e risorse da investire per creare nuove opportunità di lavoro per i giovani e le imprese. Se, invece, diventa il grimaldello per salvaguardare tutti gli uffici statali e parastatali dislocati sul territorio, la specificità si trasformerebbe solo in uno strumento di assistenzialismo stile prima repubblica.
In questo momento di trasformazione crediamo sia necessario concentrarsi non sulla difesa di ogni cosa, a partire dalla Prefettura, ma su ciò che maggiormente serve a questo territorio, ricordando che l’opinione pubblica in questi anni ha sempre spinto nella direzione di una riforma che oltre a portare a un risparmio, fosse finalizzata al miglioramento del servizio.
Come ha scritto l’On. Enrico Borghi, per questo territorio montano è forse più importante mantenere il comando dei Vigili del Fuoco e, magari, battersi per quei servizi e “sportelli” di alcuni uffici della prefettura che hanno più contatto con i cittadini.
Non possiamo continuare a invocare le riforme e poi, quando queste toccano noi in prima persona, chiedere una deroga.
La responsabilità del Governo e del Partito Democratico che oggi è guida nel paese è di avere come obiettivo il bene comune e di trasformare un paese che per troppo tempo è stato immobile nella speranza che poi le cose tornassero come prima.
Antonella Trapani
Segretario provinciale PD VCO
Corsi universitari a distanza per Fare Politica
Continua l’impegno del Partito democratico nel campo della formazione politica: prende ora il via un’importante e innovativa iniziativa nel campo della formazione a distanza.
Per la prima volta in Italia un partito politico, il nostro, ha deciso di collaborare con una università, per varare un programma di formazione a distanza per dirigenti, amministratori, iscritti, militanti e appassionati di politica.
www.partitodemocratico.it/formazione/fare-politica/
La formazione delle classi dirigenti, a ogni livello, è una esigenza urgente della politica di oggi. Per il PD è da sempre una priorità. Certo, strumenti e modalità devono essere ripensati e messi al passo coi tempi, ma la politica contemporanea ha più che mai bisogno di cultura e competenze quanto più possibile diffuse e profonde.
Grazie all’interesse e alla disponibilità di Unitelma, università telematica de La Sapienza, è stato possibile per il PD stipulare una Convenzione che permetterà agli iscritti al partito di partecipare, a condizioni vantaggiose, a percorsi formativi di alto livello pensati per fornire competenze e conoscenze specifiche per chi già svolge o vuole avvicinarsi all’attività politica.
All’inizio del 2016 prenderanno il via due corsi di formazione a distanza.
Il primo corso di formazione, dal titolo “Conoscere la politica. Cultura e organizzazione”, è aperto a tutti i diplomati, ha la durata di un quadrimestre e prevede il conseguimento di 15 Crediti Universitari Formativi.
Il secondo percorso, dal titolo “Fare politica. Cultura, democrazia, partecipazione”, è un Master di primo livello, riservato dunque ai laureati in qualunque disciplina. Di durata annuale, prevede il riconoscimento di 60 Crediti Universitari Formativi.
È importante sottolineare il carattere sperimentale e innovativo di questa iniziativa, che non ha precedenti nel panorama dell’offerta formativa degli Atenei italiani.
Il programma è infatti articolato in moduli tematici che accanto alle questioni teoriche analizzano esperienze e best practices, usufruendo di contributi e testimonianze politiche di riconosciuta competenza.
Sul sito web di Unitelma Sapienza, è già possibile effettuare una preiscrizione sia al corso di formazione (http://www.unitelmasapienza.it/fai-la-tua-scelta/corso-di-formazione/conoscere-la-politica) che al master (http://www.unitelmasapienza.it/fai-la-tua-scelta/master/fare-politica-cultura-democrazia-e-partecipazione) e usufruire di particolari agevolazioni in caso di iscrizioni di gruppo (minimo 3 persone). Tutti i preiscritti riceveranno comunicazione della data di inizio dei corsi.
L’iscrizione va effettuata esclusivamente online sul sito dell’Università e, per chi lo desidera, si può darne comunicazione scrivendo aformazione@partitodemocratico.it
Speriamo davvero che questa iniziativa possa incontrare l’interesse di tante democratiche e democratici e che possa rappresentare sempre più in futuro un valido strumento per una formazione continua, diffusa e qualificata.
Link al volantino di Unitelma http://www.partitodemocratico.it/gCloud-dispatcher/4213c18a-5fbf-4e27-babd-798aa4beaa8a
Rinviata la conferenza “Il PD riparte dal PD”.
Cari democratici,
a causa della convocazione nelle stesso giorno della Direzione nazionale del Partito Democratico, di cui fa parte Micaela Campana relatrice per conto della segreteria nazionale alla nostra conferenza, siamo a comunicarvi il rinvio, a data da destinarsi, della conferenza in oggetto. Scusandoci, cordiali saluti
La Segreteria PD VCO
IL PD riparte dal PD: è’ questo lo slogan della conferenza d’organizzazione (e di idee) per il rilancio del PD nel VCO organizzata dal PD provinciale per lunedì 21 settembre presso il salone del circolo F.Ferraris ad Omegna
Alla serata partecipa l’onorevole Micaela Campana della segreteria nazionale del PD. Questo il programma dei lavori:
Apertura lavori ore 18 del segretario provinciale Antonella Trapani.
Sosta per una breve cena presso il circolo alle 19.30.
Ripresa lavori alle 20.45.
Si discute di:
– la forma partito: quale organizzazione;
– gli strumenti della partecipazione: circoli, primarie, la rete;
– il finanziamento della buona politica;
– comunicazione, raccontare la politica;
– alcune idee e contenuti per il VCO.
Partecipano l’onorevole Enrico Borghi, il vice presidente della regione Aldo Reschigna e il presidente della provincia Stefano Costa.
Per prenotare la cena (ad un prezzo molto contenuto) inviare una mail di conferma a info@partitodemocratico.vb.it
Tutti i democratici, iscritti e simpatizzanti, sono invitati a portare il loro contributo.
A 25 anni dalla morte di Giancarlo Pajetta: un ricordo di Marco Travaglini
25 anni fa, il 13 settembre 1990, si spegneva nella sua casa romana Giancarlo Pajetta, il “ragazzo rosso”, partigiano, parlamentare della Repubblica fin dalla Costituente, dirigente di primo piano del Partito Comunista Italiano. Da quel settembre di 25 anni fa riposa in Val d’Ossola, nel cimitero di Megolo , frazione di Pieve Vergonte, nella tomba che ospita tutta la famiglia Pajetta, dai fratelli Gaspare ( morto giovanissimo in battaglia proprio a Megolo, durante la Resistenza) e Giuliano, a mamma Elvira e papà Carlo. Nell’occasione l’Amministrazione Comunale di Pieve Vergonte ha organizzato, alle 18 di oggi, un evento per ricordarlo presso il piccolo camposanto di Megolo. Davanti ad una piccola folla hanno preso la parola la sindaca di Pieve Vergonte, Maria Grazia Medali, l’ultimo segretario provinciale del PCI (cioè chi scrive), l’On. Enrico Borghi, parlamentare del Pd, e una dei figli di Pajetta, Gaspara. Una cerimonia semplice ma toccante, per ricordare uno dei principali protagonisti della lotta antifascista e della storia repubblicana del dopoguerra. Un suo libro autobiografico è proprio intitolato Il ragazzo rosso. Fin da ragazzo, Gian Carlo Pajetta – figlio di Carlo, avvocato, e di Elvira Berrini, maestra elementare – aveva cominciato l’attività politica che gli valse, a 14 anni, mentre frequentava il Liceo-ginnasio Massimo D’Azeglio di Torino, l’espulsione “da tutte le scuole del Regno” per tre anni. Era il febbraio del 1927. Come non bastasse, Gian Carlo Pajetta venne arrestato e rinchiuso, quando non aveva ancora 17 anni, nella sezione minorile delle carceri giudiziarie di Torino. Il 25 settembre del 1928, il Tribunale Speciale lo condannò a due anni di reclusione, che scontò nelle carceri di Torino, Roma e Forlì. Nel 1931 l’espatrio clandestino in Francia, dove il “ragazzo rosso” assunse lo pseudonimo di “Nullo”, diventando segretario della Federazione giovanile comunista, direttore di Avanguardia e rappresentante italiano nell’organizzazione comunista internazionale. In quel periodo Gian Carlo Pajetta compì numerose missioni clandestine in Italia, fino a quando, il 17 febbraio del 1933, venne arrestato a Parma. Un anno dopo il Tribunale Speciale fascista lo condannò a 21 anni di reclusione; Pajetta ne sconterà ben 11 nelle carceri di Civitavecchia e di Sulmona e verrà scarcerato il 23 agosto del 1943, dopo la caduta del fascismo. Poi venne l’8 settembre e la guerra partigiana (nella quale cadde, a diciotto anni, suo fratello Gaspare proprio a Megolo, sulle balze del Cortavolo), che vide “Nullo” come Capo di Stato Maggiore (ma di fatto vice comandante generale) delle Brigate Garibaldi e membro del Comando generale del Corpo volontari della libertà. È in questa veste che, tra il novembre e il dicembre del 1944, Pajetta si trovò a Roma, come membro del CLNAI, per trattare con gli Alleati e con il governo Bonomi l’accordo politico-militare che portò al riconoscimento delle formazioni partigiane come formazioni regolari e all’attribuzione delle funzioni di governo al Comitato di Liberazione dell’Alta Italia. Dopo la Liberazione Pajetta diventò direttore dell’edizione milanese de l’Unità e membro della Direzione del Pci. Nel 1945 venne eletto alla Consulta (non era potuto diventare senatore perché troppo giovane), poi, nel 1946, all’Assemblea costituente, nel 1948 alla Camera dei deputati (dove è stato riconfermato ben dodici volte). Dal 1984 è stato anche parlamentare europeo.
Il giorno prima di morire d’infarto aveva rilasciato al Messaggero un’intervista nella quale, con riferimento alla “svolta della Bolognina” che avrebbe portato allo scioglimento del PCI, dichiarava di stare vivendo i giorni più brutti della sua vita. La lettura di un suo libro, in particolare, è utilissima per comprenderne l’acutezza e la lucidità d’analisi soprattutto sulle grande questioni internazionali, delle quali si occupò a lungo: “Le crisi che ho vissuto. Budapest,Praga, Varsavia”. Toccò a lui, con la sua voce tonante, pronunciare l’orazione ai funerali di Enrico Berlinguer, dopo aver accompagnato Giorgio Almirante, avversario di mille battaglie, a render visita alla salma del leader comunista nella camera ardente alle Botteghe Oscure. E anche lì si colse la cifra democratica e la levatura di un grande dirigente. Miriam Mafai, giornalista e scrittrice morta nel 2012, visse per trent’anni a fianco di Giancarlo Pajetta. Raccontò così il “ragazzo rosso” : «È morto a casa mia. Ma ho vissuto con lui molti anni, se si intende per vivere insieme stare insieme, viaggiare insieme, studiare insieme Stiamo stati anche molto felici ma non abbiamo mai vissuto da coniugi: non eravamo interessati né io, che avevo già più di 30 anni né lui, che ne aveva oltre 50, a scambiarci l’esistenza dalla mattina alla sera. Giancarlo si trasferì a casa mia solo nell’ultimo periodo». Pajetta morì senza assistere alla fine, ormai decretata, del Pci. Lo raccontò, ancora, Miriam Mafai: «Lui muore quando sta morendo il partito comunista. Quindi ha già visto il crollo del muro di Berlino, ma non ha visto, per sua fortuna, la bandiera rossa che scende dal pennone del Cremlino. Ma all’epoca il Pci sta cambiando nome e lui sa che finirà. Certo Giancarlo è morto perché non era più un giovanotto, ma credo che non abbia voluto vedere il seguito». La drammaticità del suo personaggio stava nell’estrema fedeltà al socialismo all’Urss e al Pci e insieme la sua capacità di vederne i limiti e i difetti. Ripose molte speranze in Gorbaciov, quello che fu uno degli uomini più amati nel vecchio partito comunista. Era un grandissimo oratore, i suoi comizi erano un avvenimento perché riusciva a stabilire un rapporto con la piazza straordinario. Quando chiesero alla Mafai che uomo fosse, lei risposte così: «Era una personalità ricca di sfumature, per alcuni versi insopportabile. Impaziente, molto colto, un divoratore di libri di ogni genere. E poi viveva di niente, a Roma in un appartamento orrendo. Non aveva mobili e io gli dicevo che aveva nostalgia del carcere. Parlando della mia casa diceva: Vedi? Qui in Unione Sovietica ci vivrebbero tre famiglie! Io gli rispondevo: Infatti io non voglio andare a vivere in Unione Sovietica . Giancarlo immaginava una società che non esisteva più e il suo sogno, da vecchio, era una camera in affitto in una casa di operai a Torino. E, diversamente da tutti i deputati, ai suoi figli ha lasciato praticamente niente».
Marco Travaglini
Ricordando il ragazzo rosso: 13 Settembre 1990 – 13 Settembre 2015.
25 anni fa veniva a mancare Giancarlo Pajetta, valoroso partigiano, autorevole parlamentare della nostra Repubblica e noto esponente del Partito Comunista.
Dal settembre del 1990 riposa nel cimitero in Megolo di Pieve Vergonte unitamente ai fratelli Gaspare e Giuliano, a mamma Elvira e papà Carlo.
L’Amministrazione Comunale di Pieve Vergonte ha organizzato un evento per ricordarlo intitolato “ricordando il ragazzo rosso“.
Le Associazioni Partigiane, le Rappresentanze politiche ed i Cittadini della nostra Provincia sono invitati a partecipare numerosi ad un momento di raccoglimento presso il Cimitero di Megolo domenica 13 settembre 2015 alle ore 18.00.