Un fantasma si aggira per i mercati (quelli paesani e rionali, gli unici che frequento, visto che gli altri li lascio volentieri ai candidati liberisti), negli incontri alle Case del Popolo, nelle serate coi cittadini nelle valli. E’ il fantasma della “rimonta” berlusconiana, alimentato con grande sapienza mediatica sia dagli agit prop televisivi del Cavaliere che dalla batteria dei quotidiani del capitalismo italiano, tutta impegnata nella trafelata operazione di rianimare Mario Monti dai suoi livelli asfittici.
Sulla base di questa ennesima narrazione che sostituisce alla realtà effettiva quella virtuale, il centrosinistra sarebbe un’armata ormai allo sbando, mentre il Cavaliere avrebbe innescato la freccia pronto a tagliare primo il traguardo del 25 febbraio.
E sulla scorta di questo, giù articoloni di autorevoli editorialisti che già non ci avevano azzeccato nulla sulle previsioni della crisi economica, ispirati commenti sulla lettera della rimonta scritta dal marketing berlusconiano presentata come se fosse il proclama della vittoria del generale Diaz, e ovvie salaci battute dei comici di cabaret che sembrano essere diventati (probabilmente per l’insipienza dei maitre-à-penser) i guru mediatici che ispirano le folle! Tutti a discettare sulla “sindrome Dorando Petri” del centrosinistra.
Peccato che la realtà sia un’altra! E non solo perché scarpinando in questi giorni –per la verità senza grandi compagnie della destra e dei grillini- non colgo una folla di elettori invocare il ritorno di Berlusconi, anzi nell’elettorato di destra col quale mi confronto si avverte la sensazione di un fastidio per l’eterno ritorno del sempre uguale anziché la proposizione di una candidatura diversa e giovane dopo vent’anni di monopolio assoluto.
Ma anche perché –lo ha fatto acutamente osservare Stefano Menichini su Europa- le circostanze di questa campagna elettorale sono profondamente diverse sia dal 1994 che dal 2006 (le due campagne su cui si è inventata la narrazione propagandistica della rimonta). La presenza sul campo di almeno tre competitor aggiuntivi a “Italia Bene Comune” e alla destra berlusconiana, se non quattro se ci vogliamo aggiungere Giannino, spariglia tutta l’operazione rimonta, la quale per funzionare aveva bisogno di uno schema totalmente bipolare nel quale il recupero degli elettori indecisi o delusi dovesse convogliarsi esclusivamente sul Cavaliere.
Oggi, invece, a questo elettore si propongono anche Monti, Ingroia, Grillo e Giannino, determinando una diluizione di consensi tale da rendere impervia –se non impossibile- l’operazione sorpasso. E levando pure dal tavolo Ingroia, nel serbatoio dove in passato Berlusconi attingeva a piene mani oggi pescano almeno in tre.
Elezioni vinte per noi, dunque? Nemmeno per sogno. Sarà bene che non ci caliamo mai, neppure per un istante, nella boria supponente di chi pensa di aver già regolato tutti i conti. Anzi, al contrario, serve un lavoro capillare, costante e quotidiano proprio per smentire le interessate bufale mediatiche che in queste ore stanno circolando.
Però calma e gesso, e andiamo avanti. Perché queste elezioni significano anche l’emancipazione definitiva dal modello culturale e politico berlusconiano, che per noi significa anche la capacità di scrollarci di dosso ogni complesso nei confronti di questo Dorian Gray della politica, lasciarlo definitivamente al suo destino e acquisire fino in fondo la fiducia di essere capaci di cambiare in meglio l’Italia.
Il punto politico vero, oggi, è la quantificazione della nostra maggioranza al Senato, ed è proprio per evitare l’autosufficienza del centrosinistra che è stata lanciata questa campagna mediatica, funzionare a far ritornare a galla i professionisti dell’inciucio e dei papocchi che nell’Italia del gattopardo da sempre prosperano (ed è davvero clamoroso che un europeista convinto come Mario Monti stia dando sponda a questa operazione che vuole riportare indietro le lancette della storia italica, quando invece servirebbe finalmente un bipolarismo mite e compiuto).
Avanti, allora. Con serenità e determinazione. Facciamo in modo che alle favole, alla fine di questa storia, ci credano soltanto i favolieri.
Enrico Borghi
candidato alla camera dei Deputati elezioni 24 e 25 febbraio 2013
Ufficio Stampa