La commissione servizi alla persona di ieri sera non ha trovato un’intesa sulla votazione del Presidente della stessa. La minoranza ha proposto una candidatura-provocazione: Stefania Minore.
Da parte nostra sulla consigliera abbiamo espresso un chiaro giudizio politico, non avendo la stessa, a nostro avviso, gli elementi di sobrietà e capacità di stare sopra le parti.
Il Presidente è tale quando è garantito da un numero di voti sufficienti perché il consenso sulla sua proposta sia il più ampio possibile mentre ieri si è palesata una non unanimità della minoranza sulla candidatura e il non sostegno della maggioranza sulla stessa.
La maggioranza ha chiarito la disponibilità a lasciare che fosse la minoranza ad esprimere la Presidenza della commissione, come da definizione condivisa tra le forze politiche al momento della istituzione delle stesse a inizio mandato amministrativo.
Ha chiarito anche che, non essendoci al momento una candidatura con un sostegno importante e non essendoci altri candidati, fosse opportuno posticipare il voto con l’obiettivo di trovare una maggiore convergenza tra le forze politiche su un nome condiviso.
Qui è capitato un fatto che ha dell’increscioso.
Il Presidente reggente, il consigliere del fronte nazionale Giorgio Tigano, ha negato alla maggioranza di potere votare la proposta effettuata.
Si è opposto ad un diritto sacrosanto dei consiglieri di vedere messa ai voti una proposta razionale e di buon senso, nonostante le proteste dei consiglieri del Partito Democratico.
Un fatto che ha portato ad una impasse davvero imbarazzante.
Costretti tra il voto e l’abbandono della sala, i consiglieri del Pd hanno voluto, per rispetto istituzionale, presenziare e votare, con il paradosso seguente che si è venuto a trovare.
Un voto della maggioranza a favore di un consigliere di minoranza non candidato, con un profilo super-partes e con gli elementi di garanzia richiesti, che ha superato di gran lunga il voto alla consigliera Minore che non ha ricevuto neanche il voto unanime della minoranza.
Il primo votato ha rinunciato e a quel punto, regolamento alla mano, il Presidente Tigano ha dovuto rimandare alla Segretaria Generale una scelta sul da farsi.
Noi chiedevamo semplicemente un mese o due di ragionamenti e la costruzione di una condivisione sulla candidatura che la minoranza non ha avuto né con noi né al suo interno.
Il Presidente poteva essere il Presidente di tutti, se solo la minoranza avesse voluto condurre una partita di coesione tra le forze politiche.
Al Consigliere Tigano la responsabilità di questo brutto arbitraggio.
Davide Lo Duca
Capogruppo PD
Riccardo Brezza
Segretario cittadino PD