Tutti gli articoli di morenominacci

Il nuovo libro di Marco Travaglini “Voi personaggi austeri, militanti severi…”

libro travagliniS’intitola “ Voi personaggi austeri, militanti severi..”, parafrasando il testo di una nota canzone di Francesco Guccini, il nuovo libro di Marco Travaglini.
In ventisei racconti lungo le 128 pagine del libro lo scrittore-giornalista omegnese racconta le “storie dei compagni che sapevano ridere (anche di se stessi)”. Il volume, edito dalla torinese Impremix, è in libreria con la prefazione dell’ex ministro Livia Turco. Quasi tutte le storie del libro si svolgono in Piemonte, tra l’Ossola , le terre delle risaie e il biellese, il lago Maggiore quello d’Orta, con qualche puntata nella Lomellina pavese e sulla sponda “ magra” del Verbano.
Dalle lotte alla Cobianchi alle cene “elettorali” a base di polenta e coniglio in Valle Strona, dalle avventure di un comunista omegnese nei paesi della “bassa” vercellese a caccia dei voti dei monarchici alla “strana” bandiera che sventolò sulle “Settimane musicali” di Stresa, fino alle feste de l’Unità, queste storie – ricche di situazioni grottesche generate da malintesi- il più delle volte strappano sorrisi nel dar conto di una straordinaria ed articolata vicenda umana.
“Le storie che racconto sono manipolazioni di fatti in parte da me vissuti, o conosciuti direttamente e indirettamente”, dice l’autore. “ Ho utilizzato solo una parte di una vasta casistica immagazzinata dalla memoria. Naturalmente, come insegnava Piero Chiara, quel che mancava a raggiungere l’effetto narrativo, l’ho aggiunto. Del resto, nessuna realtà è buona per sé”.
Apparentemente fatti “tutti d’un pezzo”, i “compagni” protagonisti di questi racconti dimostrano – a volte loro malgrado – di non esser privi d’ironia. Sorridono, ammiccando,dei malintesi e delle disavventure di questo o quel loro compagno. Sono vicende, trasmesse per lo più oralmente che, con il trascorrere del tempo, si sono arricchite, diventando sempre più grottesche e gustose, ‘allungandosi’ e ingigantendosi. Storie un po’ romanzate ma con un fondo di verità (con le opportune modifiche a nomi e cognomi ..) a dimostrazione della profonda umanità di quella comunità di uomini e donne che, all’ombra della stessa bandiera (rossa), hanno contribuito a fare la storia di un partito che è stato tanta parte della realtà locale e della società italiana.
Livia Turco, già ministro e autorevole esponente di quello che un tempo fu il Pci di Berlinguer, oggi Presidente della fondazione “Nilde Iotti”, nella sua prefazione scrive :“Personaggi austeri, militanti severi”, il bel libro scritto da Marco Travaglini, ci consente di fare un tuffo in una storia bellissima, di incontrare la comunità dei comunisti italiani. Per raccontarla sceglie il modo più autentico ed efficace. Racconta le persone in carne ed ossa, i loro contesti di vita, la loro quotidiana normalità…Questa umanità generosa avrebbe dovuto molto di più entrare nella narrazione e nella rappresentazione dell’Italia…Sono convinta che l’idea e la pratica della politica raccontata in queste pagine sia non solo moderna, ma necessaria…In questa nostra società, in questo nostro tempo, ciò che alimenta le passioni tristi è la solitudine, la fragilità delle relazioni umane. C’è bisogno di comunità e di compagnia…”.

Gli spari che cambiarono la storia: Sarajevo, cent’anni dopo

attentato-di-sarajevoIl 28 giugno di cent’anni fa, a Sarajevo, nei pressi del ponte Latino che attraversa, da una riva all’altra, la Miljacka, Gavrilo Principdiciannovenne studente e fervente nazionalista serbo – esplose i due colpi mortali che posero fine alla vita del principe Franz Ferdinand e di sua moglie  Sofia,innescando la scintilla che provocò, in breve, la prima guerra mondiale. L’evento che farà la storia del secolo si consumò in poco più di un’ora. Alle 11.30 il medico accertò la morte della coppia reale. I collegamenti telefonici con l’estero vennero sospesi, le campane di Sarajevo suonarono a morto, la voce si diffuse e l’esercito compì  centinaia di arresti. Nel tardo pomeriggio scattò lo stato d’assedio e le strade si svuotarono. Quando le prime stelle illuminarono il cielo notturno,  Sarajevo era già una città fantasma. E il mondo scivolava verso la catastrofe. La scelta del  28 giugno non fu casuale. Per gli ortodossi è il giorno del Vidovdan, quando si celebra San Vito. Per i serbi è festa nazionale. Ciò che accade dopo è tristemente noto. L’attentato fece esplodere le tensioni e , in breve, l’intera storia europea subì una frattura. L’assassinio dei reali fornì il pretesto all’Austria per regolare i conti con la Serbia,  eliminando alla radice la minaccia separatista che stava alla base delle rivendicazioni dei nazionalisti. Il gioco delle alleanze ( da una parte quella franco-russa e dall’altra quella austro-tedesca) disegnò in breve uno scenario che apparve subito agli occhi delle élites europee come l’annuncio di una catastrofe. Un mese dopo l’attentato tutto era compromesso : la Russia ordinava la mobilitazione del proprio esercito, la Germania dichiarava guerra alla Russia e alla Francia, convinta di potere avere la meglio, rapidamente, su entrambi i fronti. In breve, il vecchio continente  – e di seguito il mondo intero –  si trovarono invischiati nel fango delle trincee prima di contabilizzare lo spaventoso bilancio di un conflitto che vide impegnate ventotto nazioni divise in due grandi schieramenti (le Potenze alleate, con Gran Bretagna, Francia, Russia, Italia e Stati Uniti, e gli Imperi Centrali con Germania, Austria-Ungheria, Turchia e Bulgaria), con milioni di morti, un disastro economico, sociale e culturale che spalancò le porte all’avvento dei regimi totalitari che insanguinarono il ’900.

Marco Travaglini

Lavoro per i giovani. Nuove opportunità

Garanzia-Giovani

Il partito democratico con la collaborazione del gruppo parlamentare della Camera, su iniziativa dell’On.Enrico Borghi, venerdì 4 luglio alle ore 20.30 presso Palazzo Pretorio di Vogogna, organizza il primo di una serie di incontri aperti ai cittadini, alle categorie economiche sociali e agli amministratori locali, per discutere e approfondire alcune delle riforme più significative già approvate o in via di approvazione dal Parlamento in questa legislatura .
Il tema in discussione venerdì 4 luglio sarà l’analisi delle prospettive e delle novità della “Garanzia Giovani”. Si tratta del Piano Europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile. Con questo obiettivo sono stati previsti dei finanziamenti per i Paesi Membri con tassi di disoccupazione superiori al 25%, che saranno investiti in politiche attive di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un’attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo (Neet – Not in Education, Employment or Training).
Saranno presenti all’incontro oltre all‘On. Enrico Borghi, Capogruppo Pd in Commissione Ambiente, Il Vice Presidente della Regione Piemonte, Aldo Reschigna, il Presidente Intergruppo dei Giovani Parlamentari, On. Anna Ascani, e il segretario provinciale del Partito Democratico, Antonella Trapani.

http://www.garanziagiovani.gov.it/Pagine/default.aspx

http://www.lavoro.gov.it/Priorita/Pages/Giovani.aspx

https://www.garanziagiovanipiemonte.it/novita

L’Ultimo sorriso di Berlinguer

enrico berlinguerRicordo il viso scavato, il corpo minuto. La velata malinconia dello sguardo , il timbro di una voce antica. Quella voce che proponeva con lucidità una visione del mondo nuova; la necessità di portarsi dietro tutti in scelte più avanzate, di cambiamento, dove impegnare i destini di un popolo che si diceva comunista, ma di un tipo del tutto originale, italiano e democratico, innervato nella Costituzione repubblicana.
Quell’uomo che sembrava così fragile, si chiamava Enrico Berlinguer. Gentile, riluttante, pacato, colto. Uomo di unità, affezionato alle speranze dei giovani, schivo ed inadatto alla leadership al punto che si dice stesse male prima di ogni incontro televisivo. Un uomo, come disse Alfredo Reichlin, che per conformazione fisica e psicologica “poteva fare il bibliotecario”, ma che si dimostrò un eccezionale ed insostituibile “capo di un popolo”.
Trent’anni fa, l’11 giugno del 1984, Enrico Berlinguer moriva. Gli fu fatale l’ultimo comizio tenuto qualche giorno prima a Padova in vista delle elezioni europee. La folla che lo salutò in occasione dei funerali per le strade del centro di Roma fu la testimonianza più evidente dell’amore che il popolo italiano provava per questo uomo gracile e forte allo stesso tempo, partito dalla Sardegna non per fare la “carriera politica” ma per “impegnarsi” nella politica.
Tra quei drammatici fotogrammi che accompagnano i suoi ultimi istanti in piazza della Frutta , ce n’è uno, quasi impercettibile a un osservatore poco attento: quello del suo ultimo sorriso alla folla, dopo aver pronunciato le sue ultime parole “..lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini”. Sta tutto in quel sorriso la bellezza di Berlinguer. La bellezza di occuparsi in maniera disinteressata degli altri. Di avere uno scopo nella vita che vada oltre se stessi. In quel sorriso è racchiuso un manifesto politico, troppo in fretta archiviato dopo la sua morte e troppo strumentalmente ritirato fuori per esigenze di propaganda.
Il sorriso di un uomo che è ancora tra noi perché le sue intuizioni politiche e culturali avevano scavato nel profondo della crisi italiana, ne avevano tirato fuori i nervi scoperti attraverso i quali si poteva vedere il futuro della nostra società e dell’Europa. Un uomo, fatto passare per un conservatore, che sapeva leggere con visionaria lucidità il cambiamento in corso, cercando di proporre una via d’uscita democratica, non populista. Berlinguer riuscì ad affrontare un tema ostico e da molti mal digerito come l’austerità che non aveva nulla a che vedere con le ricette neoliberiste e monetarie ma con l’idea di affrontare il tema dei consumi e della produzione all’interno di una società più giusta, sobria, solidale, democratica, attraverso una migliore distribuzione dei redditi ed una condivisa responsabilità tra le classi che esistevano (ed esistono..) ancora. Un discorso che affascinò il cattolicesimo progressista e che confermò quella diversità dei comunisti italiani che si fondava non certo sulla purezza ideologica, ma sull’appartenenza ad una comunità e ad un’idea della politica basata su una visione morale ( ..non moralista), intesa come servizio, studio, avanzamento e lotta democratica. Si dirà che il mondo è cambiato, è più veloce, ha altre esigenze, e noi abbiamo commesso tanti errori lungo il nostro cammino. Nulla può essere più vero. Gi stessi che sostengono questo, tante volte, argomentano di come il nostro paese sia cambiato in peggio, per la crisi, per lo spazio esiguo che hanno le giovani generazioni, per l’assenza di futuro. Forse è cambiato in peggio anche perché invece di contrastare alcune derive le abbiamo assecondate, perché siamo stati troppo indulgenti nello sposare parole d’ordine, modi di essere, ideologie che non appartengono ad una parte che si propone di essere la parte dei più deboli; perché così tanto impegnati a ricercare il futuro abbiamo pensato, più volte in questi anni, di trovarlo gettando via le lezioni del passato. Ecco perché, senza nostalgie ma con il senso dell’attualità, riemerge potente l’insegnamento di Berlinguer. Perché non basta un tweet per “riempire la propria vita”, ma occorre riscoprire il pensiero lungo, quello che invita a guardare al mondo con realismo e creatività, innovazione e obiettivi proiettati nel futuro. Questo “pensiero lungo”, che non è ideologia arrugginita né fuga dalla realtà, manca molto alla politica di oggi. E Berlinguer questo “pensiero lungo” lo cercava nelle suggestioni che arrivavano dall’ambientalismo, dal pacifismo, dai movimenti delle donne. Con il sorriso di chi diceva “ Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita”. Parole dette con il suo sorriso, dolce e determinato, da Enrico Berlinguer.

Marco Travaglini

Sette note a margine del voto

travaglini-2-piccola1. Sul “valore” del voto non ci sono dubbi. Comunque lo si guardi, il risultato è storico. Mai negli ultimi cinquant’anni e più un partito aveva superato la soglia del 40 per cento. Ci si aspettava un risultato positivo, ma sinceramente in queste proporzioni nessuno poteva immaginarlo.
2. Siamo un partito, e un partito è in primo luogo una comunità di senso. Detto ciò non saremmo onesti sul piano intellettuale se non dicessimo che nella forza di questo risultato c’è l’impronta fondamentale di Matteo Renzi. È vero, abbiamo remato tutti nella stessa direzione, ma è giusto oggi riconoscere il ruolo fondamentale del segretario e del presidente del consiglio.
3. Pur rispettando una forza che raccoglie oltre 5 milioni di voti nelle urne, resta il fatto che Grillo ha promosso una campagna elettorale letteralmente irresponsabile, per i toni, i contenuti, le forme. Quel risultato non significa che non esista un’area sociale e politica segnata dalla rabbia e da una ostilità nei confronti delle istituzioni e della classe dirigente. Ma c’è stata una parte più ampia del paese che di fronte al rischio di una furia distruttrice, ha scelto la carta della speranza e della fiducia in un cambiamento possibile. L’Italia poteva smarrirsi, perdersi come era accaduto in altri momenti. Si è voluta regalare un altro finale. Non è cosa da poco.
4. La responsabilità per il PD adesso è accresciuta. Ovunque e, ovviamente, anche nel VCO dove il successo è largo, importante, meritato. Ora però, in generale, dobbiamo aggredire le riforme che ci siamo proposti. Mettere lavoro e redditi al primo posto, semplificare e sburocratizzare un’economia prigioniera di riti insopportabili, investire risorse del pubblico per fare ripartire i motori della crescita rilanciando i diritti, i consumi interni, le chance anche per chi in questi anni è stato lasciato indietro. E poi accelerare sulla delega fiscale, sul principio di legalità, sulla lotta a sprechi e privilegi, sulla rinascita culturale e civile di un’Italia che si presenta al nastro del semestre di presidenza dell’Unione con un bonus e credenziali persino insperate.
5. Il PD. Usciamo dal voto con un consenso che nessuno di noi aveva mai conosciuto nel responso delle urne. Tutto ciò deve metterci nella condizione di discutere finalmente quale idea e modello di partito immaginiamo per l’Italia dei prossimi anni. Non è questione di assetti, di incarichi. E’ noto che sul terreno della partecipazione alla politica e alla vita democratica si è consumato negli anni il nostro ritardo più grande. Adesso siamo nella condizione di colmarlo. E per farlo serve riaprire il cantiere di una sinistra capace di allargarsi, coinvolgere forze, personalità, movimenti che devono trovare nel nostro partito le risposte che cercano. E’ un fatto importante che la lista Tsipras abbia superato la soglia. Dobbiamo parlare anche con loro, aprirci a quel fronte, allargare i confini. E’ tempo di una nuova grande forza della sinistra italiana che sta nel PSE.
6. La destra si è frantumata. Esito inevitabile di una concezione padronale e proprietaria di quel campo. La parabola del leader storico di quello schieramento si è consumata. Saranno loro a discutere forme e tempi di una riorganizzazione inevitabile. Se da questo confronto dovesse sortire una destra di impronta europea e moderna, la democrazia italiana ne guadagnerebbe in linguaggio, stile, salute.
7. A Verbania c’è il ballottaggio. C’è da lavorare per completare il successo di Silvia Marchionini, del Pd e del centrosinistra. Dobbiamo costruire le ragioni perché l’8 di giugno sia un’altra bella giornata.

Marco Travaglini

Elezioni europee, uno straordinario risultato anche nel VCO. Antonella Trapani raccoglie oltre 18 mila preferenze.

trapani antonellaAncora una volta gli exit polls hanno sbagliato.
Il Pd non solo ha vinto, non solo è il primo partito del paese, di tutto il paese, ma soprattutto ha raggiunto delle percentuali incredibili fino a qualche ora prima.
Sono quasi 3 milioni i voti presi in più rispetto alle politiche del 2013, un risultato dovuto essenzialmente al Matteo Renzi alla sua voglia di fare, al suo desiderio di cambiare alla sua energia positiva che riesce a trasmettere. Il dato è ancor più importante se paragonato a quello che è successo negli altri paesi europei dove non solo prevalgono i movimenti anti europei, ma dove i partiti filo governativi pagano pesantemente, Germania a parte, il clima di scetticismo che aleggia su Bruxelles. Questo risultato permette al Pd di avere la delegazione maggiore all’interno del Pse e da una spinta consistente al semestre europeo a guida italiana che si sta per aprire.
Il Pd ha respinto in modo inequivocabile il disfattismo di Grillo, i toni apocalittici e volgari che il comico genovese ha riversato nelle piazze. Il suo slogan #vinciamonoi è stato prepotentemente respinto dagli elettori. Oggi il governo ne esce rafforzato come non accadeva da anni, ieri l’elettorato ha dato quella legittimazione a Renzi che molti chiedevano.
Domani il Pd e in particolare chi in questi mesi ha continuato a vivere con sofferenza il cambio di passo impresso da Renzi, ha una responsabilità enorme per l’Italia. Spero che questi voti, questo consenso aiutino a smussare quegli spigoli che in questi mesi, soprattutto all’interno del PD e dei suoi gruppi parlamentari, sono stati messi sulla via delle riforme.
Venendo alla provincia, mai il Pd aveva raggiunto un traguardo simile.
Oltre 32 mila voti, quasi 10 mila in più rispetto alle politiche del febbraio scorso, sono il segno che anche la gente del nostro territorio vede nel Pd l’unica vera alternativa democratica presente nel paese. Il Pd è il primo partito in quasi tutti i comuni della provincia, mai pensavo ad un risultato simile quando nel 2010 ho avuto la responsabilità di rappresentare il partito provinciale. Abbiamo passo dopo passo recuperato consenso e credibilità.
Un grazie enorme va a tutti i volontari, gli iscritti, gli elettori che in queste settimane ci hanno accompagnato per le strade delle nostre città e delle nostre valli. Loro sono la vera essenza del PD, una base mai doma e sempre pronta a mettersi a disposizione.
Un grazie particolare lo devo anche a tutti coloro che sia nella nostra provincia che in tutta la circoscrizione hanno scritto il mio nome sulla scheda elettorale: ben 18.638!
In tutta sincerità, non avrei mai pensato ad un risultato simile, soprattutto se penso che tutto è nato all’improvviso, senza nessuna programmazione e senza appoggi particolari, appoggi che sono venuti con il passare dei giorni e delle settimane da chi vive veramente la politica sui propri territori.
Promotori che non sono in vista ma che lavora e promuovono le idee del Partito Democratico.
Molti di loro li ho già ringraziati di persona, con altri lo farò nelle prossime ore e nei prossimi giorni. E’ vero non sono stata eletta, ma il mio obiettivo era quello di dare una mano al Pd in tutti i modi e, nel mio piccolo, penso di esserci riuscita. Ho combattuto l’ennesima battaglia per dare agli elettori un’alternativa, alternativa nella quale tanti, davvero tanti, hanno riposto la loro fiducia.
Tra poche ore si apriranno le urne delle elezioni regionali e di quelle comunali, non è ancora tempo di festeggiare, ma dopo stanotte attendiamo fiduciosi i risultati conviti che anche in Piemonte, a Verbania e in molti altri comuni si potrà cambiare verso.