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L’ armamento dei Vigili Urbani a Domodossola

Riportiamo un commento di Vittorio ORIGGI, Segretario della CGIL Funzione Pubblica VCO
Dal 29 marzo u.s. gli agenti della Polizia Municipale nella città di Domodossola svolgono i propri servizi d’ istituto armati, a seguito della decisione politica della Giunta Marinello, di dotarli di una pistola “Beretta” che dovrà essere portata infilata nella fondina appesa ad un cinturone. E’ anche poi significativo osservare che i primi vigili a dover uscire armati sono stati, nella prima mattinata del 30 marzo verso le ore otto, quegli agenti che dovevano prestare servizio davanti alle scuole elementari e medie, dove nel via vai di bambini e genitori, alcune mamme, dopo aver squadrato i vigili da capo a piedi, si sono avvicinate chiedendo anche un po’ allarmate: “Non sarà mica carica davvero?”.
La Funzione Pubblica CGIL del VCO ribadisce di avere una valutazione positiva del ruolo e delle funzioni esercitate dagli Enti Locali in questi anni, pur se qualche riflessione è necessaria però avanzarla, anche alla luce delle trasformazioni e delle novità che si stanno verificando a livello istituzionale, trasformazioni che impongono un ruolo forte ma democratico, nella ricerca quindi di un equilibrio tra il governo della cosa pubblica, l’ordine, la sicurezza e la rappresentatività delle istituzioni democratiche, che a livello locale non ha bisogno d’ulteriori articolazioni sul territorio di una polizia locale, provinciale o comunale, simile a quella statale. In questi mesi il tema della sicurezza è stato quello che maggiormente ha attirato l’attenzione di cittadini e stampa, anche in relazione ai tanti annunci e proclami fatti dal Governo di centro-destra.
  
   Annunci che spesso hanno messo in evidenza le stesse contraddizioni all’interno della maggioranza di Governo ed una presunta linea di fermezza che però paradossalmente non affronta le questioni vere che sono alla base della insicurezza o dell’illegalità.
  
   E’ perlomeno singolare, che mentre si agita fermezza, non si trovi altro da porre in essere se non una compressione della capacità investigava della Magistratura e delle Forze di Polizia, attraverso l’introduzione di norme draconiane in materia di intercettazioni telefoniche.
 
   In pratica, non si punta a chiarirne meglio i limiti, punirne gli abusi o garantire il necessario rispetto della privacy, ma semplicemente a impedire che tale strumento investigativo sia utilizzabile per indagini relative a reati di corruzione, concussione, delitti contro la Pubblica Amministrazione, cioè proprio quei comportamenti che penalizzano i cittadini, le casse dello stato ed utilizzano le istituzioni per fini personali o per connivenze con la criminalità.

   In questo contesto, mentre si cerca di abbassare il livello d’ intervento della Magistratura assistiamo anche al fallimento dell’ idea tanto cara al  Governo di centro-destra, quella del poliziotto di quartiere,  ma anche ad un approccio a cercare soluzioni per l’ ordine e la sicurezza, con maggiori poteri ai Sindaci, che inevitabilmente coinvolgono la polizia locale attraverso iniziative, a dir poco singolari.

   Queste, molto spesso, su iniziativa dei “Sindaci sceriffi”, nuovi demiurghi della sicurezza, mirano a chiederne l’ armamento o dove questo già esiste, a potenziarne in mille modi diversi gli strumenti d’ offesa, per farne una sorte di “polizia federale”, o meglio ancora del Sindaco.

   Per questo motivo il "fai da tè" che sta attraversando i Comuni della penisola, di fatto illude i cittadini e fa della polizia locale la principale responsabile della sicurezza cittadina, soprattutto quando, si è di fronte all’ assenza di un vero e proprio coordinamento con le altre strutture addette alla legalità e alla sicurezza.

   Queste scelte, non ci convincono per niente, sono spesso solo d’ immagine, mortificano tra l’altro la storia, il ruolo e la professionalità della Polizia locale, rendendola residuale rispetto alle forze di Polizia nazionali.

   In questi mesi assistiamo poi ad ogni forma di becera propaganda sulla sicurezza che non ha nulla da spartire, a nostro avviso, con il dovere, di un’ Amministrazione Comunale, di garantire ai cittadini serie politiche integrate di sicurezza urbana, che vanno dalla tenuta della legalità, agli standard qualitativi dei servizi pubblici.

   Sappiamo tutti che l’Ordine Pubblico è di competenza della Polizia statale e che quella locale ha un suo ruolo specifico, di pari dignità, nella sicurezza delle città e nello assetto democratico del vivere civile, che va difeso, non snaturato, potenziandone le peculiarità e l’autonomia operativa ed organizzativa, e valorizzandone il patrimonio professionale indispensabile per la vivibilità di ogni città del nostro Paese.

   Le Amministrazioni Locali, allora, per prevenire e reprimere le violazioni amministrative o penali, non devono ispirarsi ad altre forze di polizia ma devono attivare idonei percorsi professionali permanenti, coerenti con le funzioni ed i compiti che la legge 65/86 e la stessa Costituzione assegnano alla Polizia locale.

   Devono organizzare il lavoro incentrandolo su funzionalità e tutela degli operatori, compresa l’autonomia dalle indebite ingerenze politiche.

   Devono applicare correttamente gli istituti contrattuali previsti per questo fondamentale servizio pubblico e investire adeguate risorse, in concerto con lo Stato e le Regioni attraverso piani pluriennali in strutture, mezzi e dotazioni organiche.

   E’ questa la Polizia locale, che va coordinata con le Forze di Polizia statale per garantire così, ognuno, in rapporto alla propria specifica peculiarità professionale, le migliori condizioni di sicurezza e legalità.

     Le questioni sociali presenti nel nostro paese, conseguenza di vecchie e nuove emarginazioni che contraddistinguono alcuni fenomeni della società italiana, quali ambulanti immigrati o locali appartenenti alle zone povere del pianeta o alle realtà emarginate del paese, non possono essere risolte con la politica del manganello, che tra l’altro è espressione di uno stato repressivo forte con i deboli e debole con i forti, e di una società pseudo razzista, piuttosto che d’ istituzioni democratiche.

      La politica del manganello non è la risposta giusta neanche di fronte ad una richiesta di sicurezza da parte dei cittadini che riteniamo, ovviamente, legittima.

   A noi sembra che il voler a tutti i costi assegnare altri compiti alla Polizia locale, distogliendola dai suoi d’ istituto, da una parte serve a nascondere i problemi reali relativi alla sicurezza e dall’altro espone gli agenti ad ogni sorta di rischio, compreso quello di dover sopperire alle disfunzioni e alle mancanze di scelte politico – amministrative.

   Questo scenario sempre più preoccupante, è anche conseguenza della mancanza di una riforma ordinamentale, oramai indispensabile che chiarisca, fino in fondo compiti e funzioni e garantisca tutele e professionalità e affermi il ruolo della Polizia Locale nelle politiche integrate di sicurezza urbana, alla luce della sua tradizione e specificità.

     La riforma dovrà chiarire compiti e funzioni, questioni essenziali per valorizzare e garantire il ruolo che la Polizia Locale esercita nelle politiche integrate di sicurezza urbana, nel rispetto delle specifiche peculiarità professionali, e nella garanzia di pari dignità con le forze di polizia ad ordinamento statale.

     Questa riforma, sempre invocata dagli addetti ai lavori, discussa dai politici, dalle istituzioni, non ha mai concluso il suo iter parlamentare.

      Non può diventare, per tutti, una sorte d’Araba Fenice.                                                               
        
      La Funzione Pubblica CGIL è pronta ad un confronto vero con la parte Pubblica sulla sicurezza, senza ideologismi e nel merito delle questioni, ma rileviamo che l’altrui ideologismo e la voglia di rendere residuale l’azione sindacale spingono non solo il Governo, ma anche quello di tante Amministrazioni Locali, verso operazioni di facciata che aggraveranno nei fatti non solo i problemi dei cittadini, ma anche quelli dei lavoratori della Polizia Locale, peggiorandone sia le condizioni di lavoro e sia quelle del loro salario, facendogli pagare “l’ effetto Brunetta”, sottraendogli parte delle indennità e del salario accessorio, ed questo in piene sintonia con la campagna di aggressione contro il lavoro ed i dipendenti pubblici.

Raccontare la nostra storia: di Michele Fina Assessore alla Protezione Civile Provincia dell’Aquila

image Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Vi scrivo dalla Sala Operativa della Protezione Civile. Qui, da 130 ore, tutte le forze lavorano per coordinarsi e gestire le emergenze che si accavallano. Io sono pendolare da giorni tra macerie, Di.Coma.C. (Direzione di Comando e Controllo) e campi di accoglienza.
La prospettiva mediatica mi giunge di riflesso. Sento comunque il bisogno di rivolgervi un appello. L’attenzione dell’intero Paese verso il nostro dramma non ci ha fatto sentire soli. E impotenti. I vigili del fuoco, le forze armate, le colonne mobili di protezione civile di ogni regione e tanti altri si sono riversati sull’Aquila.
Un contro-esodo degli aiuti. Qui c’è l’Italia della solidarietà fattiva e dell’altruismo. Punta dell’iceberg dell’Italia che raccoglie beni e contributi in quantità commovente. Marco, il ragazzo con gli occhiali di fronte a me del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, al quale rivolgersi per ogni problema; Raffaele, il ragazzo con i capelli lunghi del Friuli, che ci aiuta con la mappa dei campi; Michele, l’uomo grosso con la barba della Croce Rossa, al quale chiedere quando mancano tende o brandine; gli sfollati che nei campi raccolgono le esigenze di tutti; i volontari che intorno alla città gestiscono i centri di raccolta; quelli che chiamano per rendersi disponibili; quelli che offrono quello che possono. Questo è il Paese che amo. Il mio Paese. Di fronte ad una difficoltà riscopre il suo essere una sola comunità nazionale.
Ma i riflettori, oggi puntati su di noi, pian piano si spegneranno. Quello sarà il momento dello spartiacque: tra i rappresentanti istituzionali, da una parte quelli che hanno fatto passerella e inseguito le telecamere, dall’altra quelli che hanno preso impegni con la ferma volontà di rispettarli; tra i giornalisti, da una parte i cinici, dall’altra i cronisti onesti e rispettosi del dolore umano.
Noi abbiamo una città e tanti borghi da ricostruire, la vita di tanti da restituire alla normalità, il motore dell’economia locale da far ripartire. Vedremo dal prossimo Decreto del Governo se l’impegno economico sarà concreto o si risolverà in un annuncio. Vedremo se ci sarà il coraggio di scegliere. La ricostruzione non può essere “un affare” per i professionisti dei disastri. Non è neanche un divertente videogioco, un SimCity Reality. Le nostre Istituzioni locali hanno il compito di ridisegnare i luoghi in sintonia con il carattere, la storia, le speranze di un popolo. In tanti andranno via ma dovranno trovare presto le motivazioni per tornare e ricominciare. Con noi.
Le vittime e il dolore di una terra saranno un sacrificio inutile se non produrranno una “scossa” duratura nella coscienza civile e politica dell’intero Paese. Certo, domani avremo tutti voglia di tornare a ridere. Toglieremo il lutto e ricominceremo a vivere. Ma altra cosa è dimenticare. Saranno politici e giornalisti onesti quelli che continueranno a raccontare la nostra storia. I miei figli leggeranno la cronaca di una catastrofe con stupore perché, intanto, le norme antisismiche saranno rigidamente rispettate, la prevenzione e la pianificazione saranno la regola, sarà stata firmata la tregua tra l’uomo ed il territorio, la protezione civile non sarà più affidata alla Divina Provvidenza ma sarà diventata una voce importante dei bilanci delle amministrazioni ad ogni livello. Dipende da ognuno di noi.
Michele Fina Assessore alla Protezione Civile Provincia dell’Aquila
l’Aquila, 11 aprile
Cell. 348 6937741

Le ultime dal consiglio comunale di Cravoladossola

image Nel dibatto su Villa Renzi e la sua mensa mi preme rimarcare che sia piuttosto paradossale che si arrivi a modificare per la terza volta in pochi mesi il regolamento di accesso alle strutture e che ciò sia assolutamente emblematico di una maggioranza che non ha avuto le idee chiare ed avanza per tentativi allo scopo di cercare di finalizzare a qualunque costo l’opera che rappresenta il punto qualificante del programma con cui ha vinto le elezioni amministrative del 2000 e del 2005. .Durante il dibattito il Sindaco ha accennato a delle possibili soluzioni già concordate con altri enti, ma a prescindere dalle soluzioni che verranno messe in essere è evidente che a questo punto la logica deve essere quella di una gestione associata con altri enti. A tale scopo abbiamo proposto che si mettesse in campo il massimo della collaborazione con tutti gli enti interessati, il tutto per evitare che questo forte investimento pubblico venga vanificato.

Sulla questione del regolamento di accesso alla mensa non posso non notare che quanto uscito dalla maggioranza lascia comunque aperte delle perplessità. Con il nuovo regolamento l’amministrazione prevede di ampliare la base di potenziali utenti, ma quello che non convince sono i criteri con cui si è ampliato questo numero e a tale proposito ho fatto alcuni esempi che per altro alcuni consiglieri di maggioranza hanno contestato in modo brusco. Se l’unico criterio è l’età abbiamo come risultato che un pensionato di 60 anni con una pensione alta o un benestante hanno diritto di accesso alla mensa mentre un 59 enne con una pensione bassa, un disoccupato di 30 anni o un cassaintegrato di 50 no! Questo fatto è importante e dovrebbe essere affrontato con una minore superficialità soprattutto in un momento di profonda crisi economica come questo. Ribadisco che è fondamentale che l’auspicio generale è che la struttura, visto che è stata pagata con soldi pubblici, possa avere comunque una ricaduta positiva sulla cittadinanza fornendo assistenza a tutti coloro che ne hanno realmente necessità.

Gestione servizio Idrico- Bollette – Servizio depurazione.

Vorrei rimarcare che sono in gioco tre grosse tematiche: La questione della depurazione per gli utenti non allacciati alla rete fognaria; Il problema della qualità del servizio e le prospettive aperte dalla legge 133/2008 e la possibile privatizzazione.

Per quanto riguarda la qualità del servizio è evidente che l’amministrazione e il Sindaco hanno un grosso margine di lavoro che potrebbe essere meglio sfruttato, sopprattutto chiedendo un rispetto della carta dei servizi; lo sblocco degli interventi e un costante monitoraggio della qualità dell’acqua.

Sul problema depurazione esiste una questione di fondo: la legge che prevede tra l’altro l’obbligatorietà dell’allaccio alle abitazioni entro i 100 metri non tiene conto della situazione delle zone di montagna come la nostra. Se un cittadino risiede a 99 metri di distanza da una fognatura ma questa sta a 99 metri di dislivello in salita e evidente che la legge diventa non applicabile ed evidentemente le leggi non applicabili sono da cambiare. Siamo in un paese dove si legifera su ogni cosa e credo occorra richiamare ogni tanto i nostri governanti, di ogni parte politica, ad un impegno su una questione concreta.

Su questo argomento e sulla questione del rischio, sempre più concreto, di una possibile privatizzazione delle risorse idriche ho compiuto un interevento in consiglio piuttosto corposo che ha avuto anche un certo riscontro e questo mi fa certo piacere, ma avrei preferito fosse anche accettata la mia proposta di convocare la riunione dei capigruppo per realizzare un documento che cercasse di smuovere la situazione.

Non possiamo continuare ad aspettare gli eventi ed è giusto che ognuno si muova nel proprio ambito per sensibilizzare la politica dei livelli “alti”.

Nello svolgersi del consiglio si è votata anche una delibera di indirizzo programmatico per il famigerato show room della pietra ed ora dopo circa tre anni dal completamento dei lavori si può intravedere un avvio di gestione; bisogna però ricordare che nel frattempo la struttura è stata oggetto di manutenzione e le apparecchiature sono state danneggiate o sono diventate obsolete, tanto è vero che nella delibera stessa si afferma che una delle missioni che verrà affidata al gestore sarà quella di ammodernare il sistema informatico.

l’opinione diffusa è che l’utilità pratica di questa struttura sia assolutamente nulla, certo una sala riunioni decorosa può fare comodo, ma di un ufficio tecnico in cui i professionisti potessero fare (pare gratis visto che non si specifica nulla) simulazione grafica 3D non se ne sentiva certo la mancanza.

Si fa anche fatica a credere che gli imprenditori del settore abbiano bisogno di uno spazio come quello per presentare i loro prodotti e finora è evidente a tutti che in ambito locale ogni società del settore compie operazioni di marketing in forma assolutamente autonoma. A riprova di ciò è evidente che se una struttura come questa fosse stata un esigenza primaria del settore i privati avrebbero agito in autonomia senza aspettare i tempi biblici della pubblica amministrazione.

l’affidamento della gestione al centro servizi lapideo viene poi viene salutata dalla maggioranza come un grande successo che scaricherà i dubbi e i costi ad un altro ente ma per dovere di cronaca bisogna anche rimarcare che il centro servizi lapideo è una società mista a capitale prevalentemente pubblico a cui partecipano anche comune e provincia, quindi i soldi sono sempre quattrini che vengono prelevati dalle tasse e il risultato è semplicemente quello di far sembrare che paga qualcun altro.

Un altro argomento interessante riguarda la convenzione con il comune di Trasquera per la gestione associata della commissione paesaggistica. E’ evidente per tutti che Crevoladossola e Trasquera hanno nulla poco o nulla in comune e che la gestione sarà un aggravio dell’impegno degli uffici Crevolesi ed un favore all’amministrazione di Trasquera. Da tempo si discute anche della delibera (oggetto di contenzioso con la Regione) con cui gli otto comuni della Comunità Montana si impegnano a realizzare un unione di Comuni che gestisca in forma associata una serie di funzioni fra cui: lo smaltimento neve; la polizia municipale, il trasporto scolastico e, appunto, i servizi tecnici. La domanda che nasce spontanea è per quale motivo gli otto comuni che si impegnano a realizzare un unione non hanno trovato un accordo per la gestione associata di una più semplice commissione paesaggistica. La risposta è che evidentemente ci si comincia a rendere conto che un unione di comuni ha senso su comuni contigui e che abbiano un minimo di omogeneità e che lo scopo della delibera di richiesta di unione aveva probabilmente altre finalità.

Si aspettavano anche dei chiarimenti sulla vicenda dell’alienazione del terreno comunale la cui vendita è stata annullata per irregolarità, ma tali chiarimenti nel corso dibattito non sono stati forniti a causa di un clima che effettivamente è stato spesso confuso e poco positivo per via dell’atteggiamento generale. A questo clima negativo ad onor del vero contribuisce indubbiamente anche il fatto che la maggioranza mettendo in campo pochissimi consigli comunali limita eccessivamente le occasioni di confronto e questo porta a consigli con ordini del giorno lunghissimi ed estenuanti che a volte si protraggono ben oltre la ragionevolezza e l’impressione di fondo è che sia la giunta che il resto della maggioranza viva il confronto pubblico con difficoltà e a volte con fastidio.

Giorgio Ferroni

Consigliere Comunale