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Bilancio regionale: aumento irpef e pesanti tagli. Solo questo la proposta di Cota

Nella riunione della Commissione bilancio, l’assessore regionale Pichetto ha confermato l’aumento dell’addizionale Irpef per i piemontesi. Non è solo scontato l’incremento a partire dal 2014. La stessa relazione dell’assessore dà quasi per certo l’anticipo dell’aumento al 2013 con l’obiettivo di incamerare 170 milioni di euro.
E’ un salasso per le famiglie e per i loro consumi, con effetti pesanti sulla loro condizione di vita e per l’intera economia piemontese. Contro questo progetto nette sono la nostra contrarietà e la nostra opposizione, e si rafforza il giudizio negativo su un presidente della Regione che aveva promesso: nessuna tassa ai piemontesi.
La comunicazione delle assegnazioni delle risorse solo alle direzioni e la non ripartizione in Upb, che avverrà lunedì, non ci consente ad oggi di verificare l’entità dei tagli che riguarderanno capitoli essenziali della politica regionale e di esprimere un giudizio complessivo sulla manovra, ma due preoccupanti considerazioni possono essere già poste.
La prima riguarda il trasporto pubblico locale. Oltre ai trasferimenti statali sono stanziati solo altri 30 milioni di euro, contro i 120 milioni considerati necessari. Con tale stanziamento, il diritto alla mobilità in questa regione verrà violato per decine di migliaia di persone. Hanno quindi forti motivi le nostre preoccupazioni sugli effetti sui livelli occupazionali e sul futuro delle aziende pubbliche e private che operano nel settore.
La seconda considerazione riguarda le politiche sociali: l’ipotesi di stanziamento con fondi regionali di 83,8 milioni è inferiore ai 114 milioni di euro dell’anno scorso, e non basta il balletto di cifre sui fondi nazionali a garantire agli enti gestori le politiche di sostegno a migliaia di piemontesi che finora godevano dei servizi, a partire dai disabili e dagli anziani non autosufficienti.
Trasporto pubblico locale e politiche sociali sono le due emergenze oggetto delle manifestazioni della settimana scorse e sono anche al centro dello sciopero indetto da Cgil Cisl Uil. La disattenzione da parte della Giunta regionale nella definizione delle risorse significa non solo una mancanza di sensibilità politica su temi rilevanti, ma anche l’incapacità a cogliere quello che il Piemonte sta manifestando e vivendo.
Vengono inoltre confermate le nostre ripetute denunce sul disavanzo di bilancio, che Pichetto ha sostenuto si aggirerà nel 2012 intorno ai 500 milioni di euro, senza conteggiare gli effetti del disavanzo 2010, di oltre 600 milioni di euro. Siamo di fronte a un disavanzo tutto figlio della gestione 2012, a conferma che Cota fa i proclami sul passato, ma non è in grado di governare la spesa che è totalmente fuori controllo, o gestita su entrate sovrastimate, come abbiamo più volte ribadito.
A questo occorre aggiungere la conferma del disavanzo di 340 milioni sul trasporto pubblico locale, che Pichetto in parte finanzierà utilizzando 150 mlioni di fondi FAS, sottraendo queste risorse a una politica di investimenti essenziale a un Regione in difficoltà come il Piemonte. Anche in questo caso la responsabilità è tutta delle scelte compiute dalla Giunta regionale. I due disavanzi rappresentano un ulteriore fardello che peserà sui bilanci dei prossimi anni della regione, riducendo ulteriormente la capacità di erogare servizi e finanziare gli investimenti.
In questo quadro tutt’altro che allegro, il trionfalismo di Cota appare fuori luogo e rappresenta una vera e propria presa in giro.
Infine, il decreto legge che salva il Piemonte prevede due piani: uno per la sanità, da presentarsi entro il 15 di maggio, che sarà il nuovo piano di rientro, e l’altro da presentare entro il 30 di aprile e che dovrà riorganizzare il Tpl. Diffidiamo la Giunta da compiere blitz e dal pensare che questi due delicati programmi possano essere assunti violando le prerogative del Consiglio e senza un confronto con la comunità piemontese.

Aldo Reschigna, capogruppo PD reg. Piemonte

Borghi: sul punto nascite so quel che leggo

Il Comitato Salute VCO, in un recente comunicato stampa, ha rivolto al sottoscritto un quesito specifico, sostenendo di aver letto una mia frase sibillina sul futuro del punto nascite dell’ospedale Castelli di Verbania, invitandomi a dire pubblicamente “cosa so di più”.
La risposta è piuttosto semplice. So quello che ho letto sulle carte ufficiali. E provo a riepilogarlo, a beneficio di chi abbia la volontà di affrontare la questione scevro da spiriti faziosi.
1. Dal punto di vista legale, amministrativo e sanitario non esistono gli ospedali di Verbania e Domodossola, ma esiste nel territorio del Verbano Cusio Ossola l’ospedale unico plurisede Verbania-Domodossola, conseguenza -come ben sanno i fautori del Comitato Salute VCO- del fallimento dell’esperimento di realizzazione dell’Ospedale Unico di Piedimulera.
2. Di conseguenza, esiste un unico reparto di ostetricia e ginecologia, oggi distinto su due plessi ospedalieri esattamente come accade per molte altre attività di area medica, chirurgica e specialistica.
3. La Regione Piemonte, nel sottoscrivere a Roma il 16 dicembre 2010 l’accordo Stato-Regioni sul tema della riorganizzazione in questione, aveva dichiarato che sul proprio territorio non esisteva nessun punto nascita inferiore ai 500 parti/annui, presentando in maniera coerente la situazione del Verbano Cusio Ossola come reparto unico plurisede.
4. Successivamente a quell’atto, per motivi esclusivamente di natura politica, l’allora assessore regionale Monferino, iniziò a concepire in maniera difforme il punto nascita di Domodossola da quello di Verbania, con la conseguenza che tale impostazione ha portato ad un decremento quantitativo e qualitativo delle prestazioni rese (comprovato dalla diminuzione complessiva e continua dei parti degli ultimi anni in tutte e due le strutture sanitarie di Verbania e Domodossola) e all’arbitrio del dirigente sanitario del reparto ostetrico ginecologico di concepire il nosocomio ossolano alla stregua di un avamposto disperso tra le montagne presso il quale non presentarsi
5. La Regione Piemonte, nel presentare con D.G.R in data 15.3.2013 il Piano di revisione della rete ospedaliera piemontese, ha usufruito della possibilità di deroga fino a 500 parti/anno stabilita dall’accordo Stato-Regioni per la realtà di Borgosesia in quanto comune montano, ed ha derogato alla deroga per quanto attiene alla realtà di Susa (332 parti/anno) in quanto comune montano, mentre ha stabilito per Verbania (unico punto nascite di tutto il Verbano
Cusio Ossola) l’obiettivo di 1.010 parti annui, perchè essendo Verbania esclusa dal novero dei territori montani deve rispettare a questo punto il parametro nazionale complessivo di 1000 parti/anno (nel 2012 Verbania chiuse a 588 parti, che sarebbero sulla carta diventati 835 qualora tutti quelli di Domodossola avessero scelto Verbania come luogo di nascita anziché strutture esterne alla nostra ASL e alla nostra Regione come sta sempre più accadendo, con pesanti ripercussioni finanziarie sulla nostra ASL -queste sì da quantificare magari…-). 6. I parti che si sono verificati nel reparto unico plurisede del Verbano Cusio Ossola sono andati progressivamente diminuendo negli anni: 1008 nel 2008, 1009 nel 2009, 977 nel 2010, 874 nel 2011, 825 nel 2012. Ne consegue che i numeri sono ben lontani dal raggiungere l’obiettivo stabilito dalla Regione Piemonte con propria D.G.R., a meno che non si riesca ad ottenere per tale territorio le medesime condizioni di oggettiva valutazione interpretate dalla Regione Piemonte sia per altre realtà montane, che per altre realtà non montane che pur non raggiungendo i 1000 parti/anno, “inspiegabilmente” vengono mantenute in attività (facciamo i nomi: Chieri 739 parti/anno, Vercelli 765 parti/anno, Mondovì 584 parti/anno, Casale Monferrato 545 parti/anno)
7. La domanda che credo occorrerebbe porsi, piuttosto che malignare sull’operato di un parlamentare locale che ha agli occhi di taluni il peccato originale di non essere stato da essi votato, è per quale motivo la Regione Piemonte da un lato assicura deroghe su deroghe a realtà del tutto simili ed analoghe al Verbano Cusio Ossola e “sfora” i parametri alla grande per nosocomi non montani, mentre nel caso della nostra realtà (il Verbano Cusio Ossola) interpreta in maniera draconiana e ferrea la logica dei numeri nei confronti di Verbania e concepisce il punto nascite di Domodossola in maniera autonoma e distaccata da quest’ultimo quando non lo è.
8. La domanda che credo occorrerebbe porsi è per quale motivo la Regione Piemonte, e l’ASL 14, hanno permesso sotto il profilo funzionale ed organizzativo, il costante e continuo depauperamento professionale e strutturale del reparto di ostetricia ginecologia dell’ospedale unico plurisede Verbania-Domodossola.
9. La domanda che credo occorrerebbe porsi è perchè la Regione Piemonte, con l’assessore Monferino in testa, abbiano creato artatamente questo “casus belli” (contrapposto poi alla vicenda emodinamica con la quale non c’entra assolutamente nulla) nel quale si è infilata mani e piedi tutta la consueta attitudine alla battaglia di campanile e alla guerra tra i poveri che alligna alle nostre latitudini.
10. Il sillogismo che risponde a queste domande, a mio avviso, è molto semplice: avendo ottenuto l’obiettivo di dividere Domodossola da Verbania, la Regione Piemonte intende chiudere Domodossola. Verbania senza la presenza di Domodossola (zona montana derogabile COMPLESSIVAMENTE PER TUTTO IL VCO a 500 parti/anno) viene automaticamente portata all’obbligo di raggiungere 1000 parti/anno, che non raggiunge neppure aggiungendo i numeri attuali di Domodossola. Quindi cosa intende fare la Regione Piemonte?

Acqua pubblica: sfruttamento senza difese, intervenga la Regione

A seguito della risposta del Presidente Nobili (clicca qui) al nostro comunicato in tema di centraline idroelettriche e acua pubblica )che trovate qui sotto) pubblichiamo un intervento di Gianni Desanti ex assessore provinciale del Pd in materia.

Strano il commento dell’ing, Proverbio, ammesso che corrisponda al vero, visto che lo stesso era il dirigente del settore ambiente anche quando io ero assessore e, insieme, approntammo il testo della moratoria in ossequio non solo al PEAR regionale (tuttora non abrogato) ma anche a studi effettuati proprio dalla Provincia e utilizzati per il Piano Territoriale.
Allora Proverbio non espresse alcun parere contrario. La moratoria (tesa a preservare l’ambiente e a evitare una eccessiva proliferazione di impianti idroelettrici in una realtà già ambiamente sfruttata) si chiama in realtà norma di salvaguardia del PTP che – correttamente (almeno da un punto di vista giuridico) poteva essere rivista alla scadenza dei due anni. Cosa che la Giunta Nobili ha fatto con due provvedimenti a mio parere tecnicamente e giuridicamente sbagliati.
Uno è stato infatti cassato dal Tribunale delle Acque e l’altro (quello che estende le potenzialità del VCO) è in violazione o quantomeno in forte contraddizione con ill PEAR. E’ sempre possibile modificare le cose, fare studi più approfonditi dei precedenti, ma le competenze devono essere rispettate e la Provincia (che era titolata a scrivere norme di salvaguardia del PTP poiché espressamente previsto dalla legge regionale, così come ha fatto la Giunta Ravaioli) non può decidere delibere che – come dice la recente sentenza – sono di competenza di Stato e Regione.
Ora Nobili e Borghi vanno in Regione per chiedere di modificare la normativa: nel caso specifico fanno bene poiché anch’io ritengo che il pubblico vada privilegiato rispetto al privato, ma questo presuppone una normativa che al momento non esiste (e che dovrebbe riguardare, a mio parere, soprattutto i rinnovi delle esistenti concessioni piuttosto che puntare su un ulteriore consumo delle risorse naturali del nostro territorio).
Nobili però, se ha sbagliato, non scarichi la responsabilità su altri. Personalmente, poi, non condivido – da un punto di vista politico – la scelta di immaginare per il VCO uno sviluppo ulteriore dell’idroelettrico pari al doppio (??!!) di quanto la Regione aveva previsto per l’intero Piemonte e contesto l’affermazione che i dati utilizzati come presupposto “scientifico” di una delle due deliberazioni provinciali della Giunta Nobili siano inoppugnabili e di sicura validità. Inoltre, quella delibera modificava – nei fatti – le indicazioni del Piano Territoriale senza seguire le procedure di legge previste.
Certo è che – ora – dopo il danno ci sono anche le beffe e trionfa la lobby dei costruttori privati di centraline che, peraltro, fanno il loro mestiere e hanno gli avvocati giusti! Invito tutti a non fare demagogia a buon mercato: se si è convinti di una cosa, la si proponga e la si faccia in coerenza con le leggi e non con forzature che hanno le gambe corte come le bugie!
Gianni Desanti, ex assessore provinciale all’ambiente

Comunicato stampa
Abbiamo preso atto dell’annullamento della delibera provinciale, da parte del Tribunale Superiore Acque Pubbliche, che stabiliva alcune forme di compensazione ai comuni e al territorio per la realizzazione di impianti idroelettrici sul territorio.
La delibera aveva alcuni elementi di condivisione tanto che il gruppo provinciale del PD, ed in particolare il consigliere Costa, l’ha sostenuta proponendo anche l’inserimento di alcune migliorie finalizzate a legare le compensazioni al territorio comunale direttamente interessato.
Ora l’annullamento della delibera lascia comunque un vuoto che in qualche maniera va colmato.
Il senso della sentenza è che la provincia non aveva competenza per deliberare a riguardo, ora gli organi che possono agire per risolvere al questione sono la Regione e il Parlamento. Consci della situazione nazionale ci sembra doveroso che sia la Regione a prendere in mano la situazione ponendola al centro del dibattito.
Il settore idroelettrico è di fatto l’unico settore in cui sono previsti investimenti sul territorio, il rischio è che questo bene comune venga delegato a società principalmente private, a volte con investitori non locali, realizzando una cospicua rendita che poco o nulla lascia agli enti che sono sempre più in sofferenza e che non crea di fatto occupazione diretta.
“Rimarchiamo – afferma il segretario provinciale Antonella Trapaniche il piano provinciale per l’energia approntato dall’attuale giunta prevede una possibilità di realizzare impianti per una potenza circa dieci volte quello previsto dal precedente piano. Questa cifra che è superiore a quanto previsto per tutto il Piemonte è oggettivamente sopravvalutata e rischia in assenza di regole di compensazione, di sacrificare l’unica risorsa significativa del territorio per avere in cambio poco o nulla. Su questo tema la Giunta Nobili ha la competenza per rivedere il piano provinciale su cifre ragionevoli e sostenibili“.
Di questo parere è anche l’On Enrico Borghi: “Questa situazione e’ figlia della faciloneria dell’amministrazione provinciale, grazie alla quale il settore e’ stato bloccato per anni e ora le amministrazioni avranno rilevanti danni e aspettative tradite e deluse. E’ chiaro ormai che la partita va risolta a livello legislativo, come da anni cercavo (inutilmente) di spiegare a chi invece pensava di essere a capo della provincia autonoma di Trento e di Bolzano. La moratoria ora si impone, per evitare di svendere un bene pubblico come l’acqua ai fini energetici senza alcuna contropartita al territorio”.
Ufficio Stampa
PD VCO

Bilancio regionale 2013. Poco tempo per il confronto ed un nuovo possibile consistente disavanzo.

L’annuncio con cui l’assessore regionale al Bilancio Gilberto Pichetto ha affermato che venerdì prossimo porterà in Commissione le sue proposte per il documento contabile 2013 rende i tempi di esame strettissimi, difficilmente compatibili con un confronto serio e approfondito in Commissione e in aula su misure, come ad esempio l’aumento dell’addizionale Irpef per il 2014, che avranno notevoli ripercussioni sulla vita dei cittadini piemontesi. 
Abbiamo sottoposto all’assessore quanto emerge dall’esame dei nuovi dati contabili da lui forniti nei giorni scorsi. Il calcolo matematico della cassa al 31 dicembre scorso, cui si sommano i residui attivi e si sottraggono i residui passivi, porta a un risultato di -938 milioni di euro, che paiono configurare un possibile nuovo pesante disavanzo, aggiuntivo a quanto finora noto.
E’ infatti ancora non coperto il disavanzo di 484 milioni che deriva dal 2011, cui vanno sottratti i 18 milioni previsti a questo scopo nel 2012.
Ci pare una situazione estremamente preoccupante. Venerdì ci aspettiamo dall’assessore parole chiare e trasparenti sulla reale entità del disavanzo e su come coprirlo.

una dichiarazione di Aldo Reschigna

 

 

Dimissioni di Zacchera: il fallimento del centro destra.

Le dimissioni di Marco Zacchera dalla carica di sindaco testimoniano il disastro politico e amministrativo del centro destra a Verbania.
Dimissioni date non per questioni legate ai problemi concreti della città, ma per il fallimento del rimpasto di giunta e per le continue beghe interne a Lega Nord, PDL e, buon ultimi, Fratelli D’Italia di Valerio Cattaneo.
D’altronde il rimpasto di giunta non riuscito è stato solo l’ultimo di una serie infinità di litigi tra i partiti che in questi anni hanno contraddistinto la vita amministrativa di Verbania.
Solo “battibecchi” e nessun progetto realizzato per la città, nessuna capacità di dare risposte ai cittadini in un momento così difficile economicamente e socialmente. E’ questo il disastroso lascito di Zacchera alla città.
Altro che “la maggioranza non mi ha capito” come ha affermato l’ex sindaco nella conferenza stampa di oggi. La verità è che la città ha capito benissimo l’incapacità di Zacchera e del centro destra a gestire in maniera convincente i problemi di Verbania.
Si va verso il commissariamento e speriamo che con le dimissioni del sindaco si fermi anche il progetto del CEM all’arena, per poter usare diversamente i milioni di euro in progetti di sviluppo per la città.

Corrado De Ambrogi
Coordinatore circolo Verbania

Antonella Trapani
Segretario provinciale VCO

Interrogazione del PD in Parlamento sui CUD ai pensionati.

 “Il Cud ai pensionati: la scelta della distribuzione per via telematica può generare confusione, disagi e spese aggiuntive”.
È questa la considerazione che ha spinto alcuni deputati del Partito Democratico – Cristina Bargero, Gianluca Benamati, Massimo Fiorio, Enrico Borghi, Chiara Gribaudo, Stefania Covello – a presentare un’interrogazione al Ministro del Lavoro, per conoscere “quali procedure abbia messo in essere Inps per porre rimedio a tali problemi e se in presenza di riscontri negativi sulle procedure in essere siano stati approntati idonei mezzi correttivi”.
Il rilascio solo per via telematica ai pensionati dei modelli Cud, salvo espressa richiesta dell’interessato, è una delle disposizioni contenute nella Legge di Stabilità 2013 dello scorso dicembre. “Larga parte dei pensionati – sottolineano i parlamentari – non dispone di personal computer né di connessione internet e le richieste del Cud cartaceo dirette all’ Inps devono avvenire seguendo precise procedure, con relativi costi aggiuntivi a carico dei pensionatstessi. Tutto ciò può generare costi, confusione e disagi fra gli utenti, ai quali si devono invece risposte chiare, procedure semplificate e certamente non onerose”.