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Dimissioni dell’assessore regionale Giordano: Cota sulla strada di Formigoni.

Il nostro giudizio politico sulla inadeguatezza, irresponsabilità e strumentalità di Cota e della sua Giunta è noto, come la richiesta di dimissioni più volte avanzate negli ultimi mesi.
La vicenda che coinvolge l’assessore Giordano, con le sue dimissioni, getta ulteriori ombre e conferma che la Giunta Cota è arrivata al capolinea. Siamo rispettosi del lavoro della magistratura e delle persone, ma i fatti che hanno portato alle sue dimissioni, seppur respinte, coinvolgono il numero due della Lega nord in Piemonte, l’uomo forte della Giunta regionale, titolare di deleghe strategiche. Segno che l’esperienza di Cota e del centrodestra piemontese è davvero terminata.
Cota è ormai avviato sulla strada di Formigoni, costretto a dimettersi in una Regione decimata dalla crisi politica e giudiziaria: eviti al Piemonte la stessa agonia. Prima Cota lascia, prima i piemontesi potranno riappropriarsi del proprio futuro, scegliendo un governo autorevole.
In meno di tre anni abbiamo assistito a un susseguirsi di scandali: in sanità, con l’inchiesta giudiziaria e le conseguenti dimissioni dell’assessore Ferrero; le firme false, con la condanna di Michele Giovine; la vicenda della GEC, che vede coinvolto anche l’assessore Casoni, e ora Giordano. Scandali che nella scorsa legislatura non erano mai entrati in Regione.
Dalla prossima settimana riprenderemo la nostra azione con tutti i mezzi, dentro e fuori il Consiglio regionale, perché Cota si dimetta e si torni al più presto al voto in Piemonte.

Dichiarazione di Gianfranco Morgando e Aldo Reschigna

Risposta all’interrogazione del senatore Zanetta

L’evidente nervosismo del senatore Zanetta lo induce (clicca qui e qui) a costruire un castello di sabbia su clamorose menzogne, circostanze datate e palesi forzature.
Non abbiamo problemi a fornire a chiunque tutti gli atti, i dati e i documenti che comprovano l’assoluta correttezza dell’amministrazione comunale di Vogogna che nella circostanza sta operando per valorizzare un patrimonio pubblico e collettivo anziché regalarlo a qualche privato.
Forse il senatore Zanetta è stato distratto da qualche altra attività negli ultimi mesi, al punto da essere indotto da un lato a non seguire l’evoluzione della vicenda dal 2006 in poi ( che ha visto il comune di Vogogna vincere al Consiglio di Stato e realizzare l’opera che collega funzionalmente tre cave a fondovalle e a costituire uno specifico consorzio per la sua gestione, attualmente operante), dall’altro a ricopiare integralmente ampi stralci di una precedente interrogazione parlamentare a cui è stata fornita in tutte le sedi competenti ampio riscontro.
Prendo atto che per lui fare il parlamentare locale significa operare per far revocare contributi nei confronti dei comuni guidati da avversari politici, danneggiando l’economia locale e gli sforzi per la valorizzazione delle proprietà pubbliche.
Anche in questo, e ne sono ben lieto, siamo decisamente alternativi!

Enrico Borghi

Senatore Valter Zanetta: una questione di famiglia.

E’ di questi giorni la notizia che il Presidente della Provincia del VCO Massimo Nobili – ignorando l’appello bipartisan dei Sindaci dei principali Comuni del VCO per una riconferma del Commissario uscente Roberto Ripamonti – ha presentato alla Commissione centrale la rosa di tre nomi tra cui verrà individuato il futuro Commissario della Fondazione Cariplo.
Tra questi, oltre a Emanuele Terzoli, figlio di Luigi membro del cda di Veneto Banca, e il ciellino Giorgio Fiorini, troviamo anche Francesca Zanetta, figlia del senatore Valter del PDL .
Si tratta dell’ultimo episodio di una serie che ha per protagonista una figura sempre più ricorrente nella cronaca politica e amministrativa del nostro territorio: Valter Zanetta, il senatore, titolare di un avviato studio di progettazione attivo che per anni – soprattutto negli anni 80/90 – ha avuto un ruolo fondamentale nella progettazione delle opere post alluvionali affidati dalle Comunità Montane, realizzando diversi piani regolatori e numerosi progetti di importanti opere pubbliche.
Suo cognato Rodolfo Signorini è sindaco a Baceno, mentre la figlia Francesca – la stessa di cui sopra – è stata consigliere comunale a Baceno nella maggioranza che sostiene lo zio Sindaco, anche se recentemente si è dimessa su istanza del suo stesso gruppo dopo che è venuta alla luce una sua richiesta per una concessione al fine di sviluppare a Baceno una centrale idroelettrica assieme a Fabio Dalla Pozza, figlio dell’ex sindaco di Crevoladossola Marcello. O forse, solo per non incappare nell’incompatibilità col futuro ruolo di Commissario della Fondazione Cariplo.
In una recente intervista Francesca Zanetta ha anche criticato la proposta di una gestione pubblica della risorsa idroelettrica in quanto gli enti locali – troppo piccoli e frammentati – non avrebbero una capacità gestionale necessaria, mentre lei si trovava al tempo stesso nel ruolo di amministratrice/politica e di imprenditrice.
Un collaboratore del senatore, Cosimo Russo, sino al 2010 è stato consigliere d’amministrazione di Tecnoparco Spa – azienda di proprietà pubblica – mentre il Geom. Graziano Uttini, dipendente dello studio Zanetta, è stato nominato lo scorso anno Presidente del Parco Veglia-Devero-Antrona.
Ora, quello che si evince da questa scenario è un quadro familistico ed una gestione personalistica della cosa pubblica simile a quanto emerge in tante altre realtà del nostro paese, dove prevalgono le logiche “di relazione” e gli incarichi pubblici finiscono a figli, mogli, parenti, collaboratori professionali e “clientes” vari, prefigurando una sorta di clan asservito al “dominus” del caso; un approccio alla cosa pubblica come terreno di conquista, da occupare sempre e comunque con persone “di fiducia”; un meccanismo che antepone la fedeltà al titolo, il legame familiare al merito, la contiguità professionale alla competenza, in una pericolosa confusione tra interessi privati sempre più ramificati e ruolo pubblico, un cortocircuito tra i ruoli di imprenditore e amministratore.
Ancora una volta ci troviamo ad esprimere forte preoccupazione: un contesto così svilito agli occhi dell’opinione pubblica produce un solco che separa sempre più i cittadini dalle istituzioni, alimentando il morbo dell’antipolitica e del qualunquismo, tanto più pericolosi in un momento grave e delicato come quello che stiamo vivendo, i cui effetti travalicano la parte politica coinvolta e investono l’intero sistema democratico.
Questo è quello che ci preoccupa.
La politica deve tornare ad essere impegno civico e sociale nell’interesse delle comunità e su questo, come Partito Democratico, siamo impegnati in prima fila.

Antonella Trapani

Ufficio stampa  VCO

 

Un altro assessore regionale sotto inchiesta.Cota si dimetta e si torni al più presto al voto.

Oltre che il governo degli incapaci, questo di Cota è il governo degli scandali. Alla faccia dell’assessorato alla trasparenza che il presidente voleva istituire! In due anni e mezzo due assessori sotto inchiesta. Un bel primato, non c’è che dire.
Eppure martedì, quando abbiamo avanzato le nostre critiche politiche in Consiglio regionale sulle intercettazioni che coinvolgevano nella vicenda GEC l’assessore Casoni, da Cota e dall’assessore non è venuta nemmeno una parola.
Ora che Casoni è indagato, Cota non penserà mica di cavarsela revocandogli le deleghe? Questa nuova vicenda giudiziaria è il segno di come la Giunta Cota sia totalmente inadeguata, anche sotto il profilo della correttezza dei comportamenti, a guidare il Piemonte.
Incapace di affrontare la crisi, lacerato sulle politiche da attuare, il centrodestra è ormai giunto al capolinea. E’ ora che Cota si dimetta e che si torni al più presto al voto. C’è solo spazio per una velocissima approvazione dei documenti finanziari necessari per non abbandonare il Piemonte a se stesso, e poi si dia la parola agli elettori. Cota si rassegni e prenda atto della situazione. Noi glielo ricorderemo in ogni occasione possibile.

Una dichiarazione di Aldo Reschigna

Comuni autonomi ma uniti nei servizi

La crisi epocale che stiamo vivendo coinvolge sempre più i comuni, con particolare gravità in una realtà marginale e di montagna come quella del Verbano, e gli amministratori si misurano con la fatica di trovare risposte adeguate ai problemi (non solo economici) dei cittadini, e di cura del territorio.
E’ il tempo delle scelte: coraggiose e riformatrici con l’assoluto dovere di informare (anche delle incertezze, delle preoccupazioni, delle complessità burocratiche) i propri concittadini per costruire una proposta.
Tutto va nella direzione opposta alla difesa dell’ente Comune, così come l’abbiamo conosciuto negli ultimi 20 anni (dall’elezione diretta del Sindaco) per più aspetti:
a)Cambiamenti normativi: la Regione Piemonte (sulla base della legge nazionale) ha indicato la normativa per l’applicazione obbligatoria dell’esercizio associato delle funzioni comunali. Ciò dovrà essere deciso entro il mese di gennaio e ci sono due possibilità: i Comuni che hanno stipulato almeno 3 convenzioni con altri Comuni potranno mantenere per tutto il 2013 la propria autonomia.
Entro il successivo anno 2014 dovranno provvedere all’esercizio associato di tutte le altre funzioni nell’ambito prescelto. Il periodo delle convenzioni ha un vincolo di 3 anni. I Comuni che invece decidono di procedere alla Unione dovranno associare le funzioni tra di loro. Il vincolo per l’Unione è di 10 anni. Con un’immagine possiamo indicare la prima scelta (convenzioni) come un” fidanzarsi”; la seconda (Unione) come uno ”sposarsi” .
E’ evidente che in questa fase la prima scelta è più semplice e immediata, almeno per quei comuni che ci hanno pensato per tempo e hanno in atto, come Cossogno, più di 3 convenzioni, la maggior parte con la città di Verbania. Occorre infatti tenere presente che l’Unione di Comuni nel territorio Val Grande/Valle Intrasca non è stata ancora decisa e, di conseguenza, nemmeno quali servizi associare. Per procedere alla Unione occorre infatti: costituirla, accordandosi sulla composizione dell’Unione (quali comuni intendono farne parte) e poi individuare quali servizi associare in relazione alle condizioni organizzative e finanziarie dei singoli comuni.
b) Drastica riduzione dei trasferimenti statali (dell’ordine del 20%), che significa razionalizzare ogni voce di spesa (personale dipendente compreso) e ricorrere ad una potente fantasia per cercare nuove entate.
c) Contesto territoriale di declino: scomparsa a fine anno delle Comunità Montane (dopo 40 anni di storia); la Provincia del Vco sarà probabilmente “salvata” a causa delle dimissioni del Governo tecnico. Essa si misurerà comunque con pesanti tagli e un’incertezza di funzioni.
Gli enti locali sono chiamati a fare i sacrifici per contenere la spesa pubblica (questo ha un carattere di profonda ingiustizia, ed anche “cattiveria”, quando diventa esazione per lo Stato centrale, “sprecone”) e al di là dell’ingegneria da risiko municipale, o la difesa fine a se stessa dei confini, l’attenzione va posta sui servizi che si sanno e sapranno assicurare ai cittadini/imprese (con quali tariffe), e allo sviluppo che si riesce a promuovere. E questo può avvenire solo creando legami, rapporti solidaristici con altre realtà, a partire dall’analisi pragmatica dei punti di forza e di debolezza, e del percorso di crescita che si sa creare insieme, per partecipare ai bandi pubblici che obbligano al “fare rete”.
Questo rappresenta senza dubbio una radicale trasformazione nella tradizionale logica dei Sindaci nelle comunità di montagna: aprirsi al fondovalle, e guardare oltre, (per la Val Grande/Intrasca il naturale riferimento è Verbania), non è più una decisione di modernizzazione ma diventa l’unico modo per sopravvivere. Allo stesso tempo la Verbania (non obbligata dalla legge alla gestione associata) che si confronta con la principale crisi di lavoro ed economia dal dopoguerra, ha un bisogno urgente di estendere le sue possibilità (ambientali, turistiche, industriali) per contrastare la recessione e avviare come capofila una visione sostenibile di progresso, attraendo risorse pubbliche/private, e organizzando servizi consorziati a costi ottimizzati.
Tutto può andare nella direzione favorevole a soggetti comunali ampi e dinamici che pianificano servizi e politiche di rilancio: chi amministra, e chi vuol proporsi a farlo, sarà valutato proprio sulla capacità non tanto di protestare ma di competere con i fatti (lotta all’abbandono montano, attrarre nuove imprese, dare servizi di qualità) nell’affascinante sfida di investimento sul domani: uniti nei servizi per mantenere l’autonomia della propria storia.
Silvia Marchionini-Sindaco di Cossogno

Si’ alle province montane di Sondrio e Belluno, no a quella del VCO. per il governo le regole fissate valgono solo per qualcuno.

 

Con decreto legge di oggi, il governo ha varato la mappa delle nuove Province italiane. Tra queste, oltre a quelle previste dalle regole fissate dallo stesso governo, ci sono anche le Province di Sondrio e Belluno, Province montane per cui è stata fatta una deroga.
Per il VCO, invece, nessuna deroga. Eppure a favore del mantenimento della Provincia del VCO si era espresso con chiarezza il Consiglio regionale, in considerazione della specificità del suo territorio e della sua storia.
Il governo non ne ha voluto sapere, ma ha applicato la deroga per Sondrio e Belluno, province montane tanto quanto il VCO.
E’ davvero uno strano paese il nostro: prima si fissano i criteri entro cui definire le nuove Province, poi si fanno le deroghe per qualcuno e non per altri nella stessa situazione, infischiandosene anche delle delibere del Consiglio regionale del Piemonte. In sostanza, si fa quel che si vuole.

dichiarazione di Aldo Reschigna,