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La prima intervista a Guglielmo Epifani a Repubblica

Pubblichiamo l’intervista al neo segretario del Partito Democratico apparsa su Repubblica. Per chi vuole (cliccando qui) il link all’interevnto di sabato all’assemblea nazionale

“Il mio orizzonte è il congresso per ora. Ma nessuno mi ha posto limiti. La parola “traghettatore” non mi offende, lo è chi aiuta a superare un ostacolo, una difficoltà. E il problema del Pd è superare la logica dello sconfittismo, uscire da questa sindrome: ci vuole coraggio per riprendersi un ruolo, ma i Democratici hanno tante risorse”.
Gugliemo Epifani non lo dice esplicitamente, ma fa capire che non considera preclusa per lui la partita del congresso. E annuncia la prima battaglia, quella contro il “correntismo esasperato”, cominciando con l’abolire i “caminetti” dei big. E nel primo giorno da leader confessa: “Più di uno mi ha detto “ma chi te l’ha fatto fare”…”.

A ogni segretario del Pd neoletto dal 2009 il primo augurio è “speriamo non gli facciano fare la fine di quello di prima”. Segretario Epifani, ha valutato il rischio?
“Ci ho pensato. Prima di dare la mia disponibilità ho riflettuto anche su questo. Se il Pd ha l’orgoglio di essere l’unico vero partito non personale, non può però avere l’orgoglio di cambiare tanti segretari in così poco tempo. Anche l’amarezza di Bersani nell’Assemblea di sabato coglieva un problema che andava oltre lui stesso, chiamando a una responsabilità diversa tutto il gruppo dirigente”.

Il Pd è oggi un partito stremato, contestato dai militanti, dagli elettori delusi, lacerato dalle correnti. Per lei sarà davvero come attraversare le fiamme a piedi nudi?
“Potrei dire attraversare un deserto di sale… Però credo che abbiamo anche tanti elementi di fiducia, dalla maturità del popolo del centrosinistra, alla forza dei nostri valori, al fatto che quando cadi tanto, e eviti di implodere, ti può essere più facile risalire. Penso che abbiamo una persona come Enrico Letta alla guida del paese. Ci sono però divisioni nel gruppo dirigente che dobbiamo superare, e c’è un ruolo del correntismo troppo esasperato. Sabato nell’Assemblea abbiamo arrestato la caduta e cominciato la risalita. È un lavoro che richiede determinazione fino ad arrivare al congresso d’autunno”.

Lei è solo un traghettatore?
“Nessuno mi ha posto questioni, né io ne ho poste. Traghettatore è un’immagine positiva”.

Ma poi si ricandida?
“Il mio orizzonte per ora arriva al congresso”.

Si sente addosso il “cappello” di Bersani?

“Semmai la sua stima e quella di tanti altri. Quello che è avvenuto non è usuale: sono parlamentare da due mesi, ho fatto un’altra attività per tanti anni, anche se dall’esterno sono stato sempre attento alle vicende del Pd. Ora mi trovo, senza averlo cercato, a portare un po’ dell’esperienza di segretario della Cgil in una fase difficile per il partito. Anche per me è una prova”.

La difficoltà maggiore per i Democratici è però quella di stare in un governo con Berlusconi e con il Pdl che manda in piazza i suoi ministri contro i giudici. Avete “tradito” il voto dei vostri elettori?
“Innanzitutto Berlusconi la smetta di minare governo e istituzioni. Per il resto, pensavamo di vincere le elezioni e non ce l’abbiamo fatta. Ci sono stati i tentativi di provare a sbloccare la situazione in un altro modo, ma si sono arenati per l’indisponibilità di Grillo, e perché non c’erano i numeri per la fiducia. In più le divisioni emerse nel Pd in modo inaccettabile sul presidente della Repubblica si sono riverberate sui nostri elettori. Un “governo di servizio” è diventato la strada inevitabile per non tornare subito alle urne. E’ chiaro che, da dove si era partiti a dove si è arrivati, c’è uno scarto”.

E uno scollamento con la base.
“C’è un disorientamento. È vero che si poteva puntare a un governo di profilo più istituzionale, che avrebbe messo noi democratici più al riparo. Ma per una forza politica al “dunque”, in una crisi così profonda della rappresentanza, passare dal governo tecnico di Monti a un governo istituzionale, avrebbe significato stare in seconda fila, avendone però le responsabilità dirette. È il momento in cui la politica, anche rischiando, debba metterci la faccia”.

Cambierete le regole disgiungendo i ruoli di segretario e candidato premier?
“Cominciamo a lavorare sodo perché il congresso va preparato bene. Deve essere un congresso di discussione impietosa, coraggiosa, esplicita. Sulla divisione tra leadership e premiership ogni soluzione oggi ha pro e contro”.

Tra Letta e Renzi chi vede più adatto per la premiership?
“Si porrà il problema della premiership quando si porrà, a tempo debito”.

Dove ha sbagliato Bersani?
“Il punto di partenza delle nostre difficoltà è riconducibile alla campagna elettorale: abbiamo dato l’immagine di una forza rassicurante, perché un paese in crisi va rassicurato. Però il paese chiede anche una radicalità di cambiamento, e lì pur avendo le proposte, non le abbiamo fatte vivere con la forza necessaria”.

Nell’Assemblea di sabato non avete affrontato la congiura dei 101 “franchi tiratori”, perché?
“Il punto vero è che mancano le sedi del confronto. Più che i “caminetti” ci vuole una direzione più snella e ristretta che sia un luogo politico e di scelte”.

Lettera ai cittadini di Verbania sulle dimissioni del sindaco Zacchera

Cari concittadini verbanesi, come ben sapete, da oggi non abbiamo più un Sindaco.
Ciò che Vi chiedo è un esercizio di memoria. Vi chiedo di ricordare il modo in cui era cominciata l’ultima avventura amministrativa a guida del dimissionario Sindaco Zacchera.
Ricordo ancora vividamente la giornata in cui da neo eletto consigliere partecipavo alla prima seduta del Consiglio Comunale, convocata presso il Palazzetto dello Sport, i cui spalti erano gremiti da molti sostenitori di colui che annunciava con grande fierezza di essere dopo sessantaquattro anni di governo cittadino di centrosinistra il primo Sindaco di centrodestra che aveva vinto le elezioni utilizzando lo slogan del “cambia Verbania”.

Non si può negare che effettivamente in questi quattro anni Verbania sia cambiata. Lascio a Voi stabilire se in meglio o in peggio.

Non mi soffermo sulle beghe interne che hanno prodotto l’implosione della ex maggioranza ma non posso accettare che, tra le motivazioni addotte, vi sia quella della carenza di risorse determinata dalla crisi economica in atto. Non si può, infatti, dimenticare che nelle casse del Comune sono pervenuti, grazie all’assegnazione dei fondi europei, ben 12 milioni di euro gran parte dei quali destinati al CEM, ormai divenuto quasi un personaggio mitologico. Meglio sarebbe stato se tale denaro, come da noi più volte consigliato, fosse utilizzato per progetti più utili alla città.

E non si può nemmeno accettare che tra le motivazioni vi sia il mancato appoggio della minoranza di centrosinistra a sostegno di un “governissimo” auspicato dall’ex Sindaco. Tale soluzione nulla poteva avere a che fare con il risultato del voto popolare delle scorse amministrative. Vorrei ricordare che non vi può essere alcun paragone tra la situazione politica nazionale e quella locale, in quanto, il diverso sistema elettorale aveva consegnato una solida e certa maggioranza che avrebbe consentito al centrodestra di governare saldamente.

E saldamente si poteva affrontare il difficile periodo di rimpasto di Giunta, presentando una proposta concreta nelle sedi istituzionali evitando inutili e inconcludenti proclami. Sarebbe stato sufficiente presentare una nuova squadra di Giunta in Consiglio Comunale e verificare se esisteva ancora una maggioranza. Invece si è preferito rassegnare le dimissioni lasciando così la città orfana di un rappresentante eletto dai cittadini.

E se dopo 68 anni non si è riusciti a “cambiare Verbania” di certo dopo 68 anni, per la prima volta nella sua storia, Verbania non avrà un rappresentante della città durante la Festa Patronale dell’8 maggio. E, a mio parere, ancor più grave, sarà l’assenza durante le celebrazioni per il ricordo dell’eccidio dei 42 Martiri di Fondotoce.

Verbania è proprio cambiata, ma non se lo meritava.

Corrado De Ambrogi
Coordinatore Circolo PD Verbania

 

Ci vuole un PD di coraggio e speranza

Il Pd è a una svolta: o cambia o muore. Il sogno di governare si è trasformato nell’incubo della sconfitta umiliante, appena alleviata dalla rielezione alla Presidenza della Repubblica di Giorgio Napolitano, che offre, se si vuole, il tempo necessario a ricostruire un PD diverso da quello fino ad ora conosciuto.
Le ragioni della disastrosa fine della segreteria di Bersani (che nella sua drammaticità, anche umana, assomiglia “alla paura di tirar il calcio di rigore”) le diranno gli storici (e un po’ forse gli psicanalisti!) ma le macerie dell’attuale PD appartengono innanzitutto a chi lo ha diretto (e agli oltre cento grandi elettori, “traditori”) e dobbiamo sentirci partecipi dello sfacelo e dell’amarezza, solo per costruire una forza popolare pragmatica.
Si parte da noi stessi (perchè facciamo politica?con quale valori?) e l’inizio è una nuova dirigenza di persone animate da spirito di servizio, e non dalle appartenenze (la superata distinzione fra cattolici e laici) e dalla solidarietà futura per le urgenti riforme.
Diamo fondamenta ad un partito che sembra non averne più: una posizione unitaria che diventa un progetto dirigente deciso da un congresso entro l’estate, e la convocazione degli iscritti nella nostra provincia, per riconquistare la fiducia: concretezza e una chiara prospettiva senza tatticismi.
Da partito disperato possiamo diventare…ispirati: parlando al cuore dei cittadini smarriti per riappropriarci la voglia, e la fatica, di risolvere i problemi: come non sentirsi in sintonia con gli italiani sfiniti da questa crisi (proponiamo convinti la riduzione del numero dei parlamentari, una legge elettorale “decente”, più sobrie indennità)? E’ tempo di governare questo presente, di emergenze continue:
a) La disoccupazione (giovanile soprattutto), la bassa occupazione femminile (a 50 anni dalla scuola media obbligatoria il 30% di ragazzi “neet” (nè studenti né lavoratori), è uno schiaffo per una potenza europea) pretendono politiche attive del lavoro (reddito di inserimento e fondi per gli ammortizzatori sociali). Ogni circolo del pd può elaborare “le possibilità di occupazione e innovazione” dei territori, da mettere in Rete come utile proposta per le prossime elezioni politiche e amministrative.
b) Famiglie più povere: la crisi dei consumi (da scongiurare l’iva al 22%!), avviare progetti di “case sociali”, aumentare la mobilità sociale, è ciò che ci deve ossessionare e guidare con forza nella lotta agli sprechi, ai privilegi, e introducendo un massimo agli stipendi dei manager pubblici.
c) L’impresa piccola che chiude (e senza correzioni la Tares sarà mortale!) è una sconfitta per la società e ogni sforzo deve portare alla crescita della produzione, ad investire sui talenti (in campo ambientale, culturale, scientifico) partendo dallo snellimento della macchina burocratica (attorno al cittadino e non agli adempimenti).
Dalla determinazione di queste risposte (ben delineate dalla relazione dei “saggi” al Quirinale) rinasce la passione dell’amministrare: immaginare, praticare le politiche pubbliche, vera sfida per l’eletto dal popolo; la stagione “del fare ciò che serve” deve pur arrivare, dopo 20 anni di rivoluzioni annunciate!!! O avremo l’energia, l’umiltà, di star davanti nelle idee, e farci inseguire, a testa alta e schiena diritta, attuando la Costituzione, recuperando il coraggio dei partigiani di 68 anni fa, o…non c’è futuro. Mettiamoci all’opera, adesso: “che serve aver le mani pulite se le teniamo in tasca?” (don Lorenzo Milani).
Flavia Filippi e Silvia Marchionini

Il gruppo regionale Pd respinge le dimissioni di Aldo Reschigna da capogruppo e ribadisce la richiesta di nuove elezioni subito.

Si è svolta oggi una riunione del Gruppo regionale PD alla presenza del segretario regionale PD Gianfranco Morgando.
All’inizio della riunione, come anticipato, il capogruppo Aldo Reschigna ha rimesso il mandato. I consiglieri regionali hanno respinto le dimissioni.
Il gruppo regionale del PD e il PD piemontese”, spiegano Aldo Reschigna e Gianfranco Morgando, “confermano il proprio rispetto nei confronti dell’indagine della Guardia di finanza, su incarico della Procura di Torino, e la fiducia nei confronti della magistratura”.
I consiglieri regionali PD si presenteranno agli interrogatori davanti ai magistrati con un unico atteggiamento: la spiegazione e motivazione di ogni voce di spesa contestata, senza disquisizioni giuridiche di altro tipo. Si conferma altresì che nessuna spesa personale è attribuibile ai consiglieri regionali PD”.
Il gruppo regionale PD e il PD piemontese”, aggiungono Morgando e Reschigna, “ribadiscono con grande forza la richiesta di dimissioni del presidente della Giunta regionale Roberto Cota, lo scioglimento del Consiglio regionale e la richiesta di urgenti nuove elezioni alla Regione Piemonte. L’indagine in corso non modifica il nostro giudizio fortemente negativo né attenua l’intensità e la convinzione che il gruppo regionale e il PD piemontese hanno già molte volte posto in questa richiesta”.

una dichiarazione di Aldo Reschigna e Gianfranco Morgando

 

Indagine sui costi dei gruppi: la dichiarazione di Aldo Reschigna

Questa mattina avvisi di garanzia, a tutela dellʼindagato, sono stati consegnati dagli uomini della guardia di finanza al capogruppo Aldo
Reschigna e ai consiglieri Nino Boeti, Davide Gariglio, Rocchino Muliere, Angela Motta e Giuliana Manica.
Il gruppo regionale del Partito Democratico, anche alla luce delle contestazioni riferite ai consiglieri regionali nellʼavviso di garanzia, ribadisce che le spese contestate al capogruppo e ai singoli consiglieri non sono di carattere personale.
Si tratta di spese riferite ad attività istituzionali su cui da parte della Procura della repubblica vengono espresse valutazioni o necessità di chiarimento.
Non cʼè poi nessuna contestazione relativa al finanziamento illecito dei partito, né diretto, né indiretto.
I consiglieri regionali del PD raggiunti da avviso di garanzia forniranno nel corso degli interrogatori fissati tutti i chiarimenti che saranno ritenuti necessari dagli inquirenti. Questa, e non altra, sarà la linea mantenuta da tutti i consiglieri del PD. Vogliamo uscire puliti da questa vicenda spiegando
il merito delle nostre spese.
Il gruppo regionale del PD conferma il proprio rispetto nei confronti della magistratura.
Ho poi provveduto a convocare il gruppo consiliare per mercoledì prossimo, per consentire la partecipazione anche del collega Wilmer Ronzani, in questi giorni impegnato nellʼelezione del Presidente della Repubblica. Nel corso della riunione del gruppo rimetterò il mandato da presidente del gruppo regionale, come da tempo annunciato.

FIRMA LA PETIZIONE POPOLARE CONTRO LA VENDITA DEGLI OSPEDALI PIEMONTESI

Firma on-line al sito www.sanitabenecomune.it
Puoi leggere la petizione, scaricare il modulo cartaceo e aiutarci a raccogliere le firme cliccando qui.
A partire dai prossimi giorni verranno anche allestiti banchetti del PD, nei principali comuni del VCO, dove poter firmare la Petizione.
Il Gruppo consiliare regionale del Partito Democratico e il Partito Democratico del Piemonte hanno promosso una petizione popolare contro la decisione della Giunta Cota di vendere gli ospedali attraverso la creazione di un fondo immobiliare sanitario. L’iniziativa è stata presentata oggi un una conferenza stampa.

Quella della Giunta è una scelta che va verso la privatizzazione della sanità, costringerebbe la sanità pubblica a pagare affitti pesanti e a garantire la manutenzione delle strutture senza poter ricevere finanziamenti statali. L’ospedale è un bene comune e non può essere privatizzato per fare cassa. La petizione, sostenuta da associazioni ed enti locali, è un’iniziativa politicamente rilevante. Un ulteriore strumento di pressione, insieme al nostro impegno in Consiglio regionale, per costringere la Giunta Cota a tornare sui suoi passi.
La mobilitazione intorno a questa petizione serve anche a ribadire la nostra concezione di fondo: la sanità deve essere pubblica e garantire a tutti lo stesso livello di prestazioni, indipendentemente dal reddito, come fatto di civiltà ed eguaglianza, è un tassello importante del progetto di cambiamento che il PD vuole proporre ai piemontesi, coinvolgendo la società civile, gli operatori del comparto sanitario, i cittadini.

PD VCO
Ufficio Stampa