Stiamo ai fatti: il sindaco Pizzi vuole vendere la Farmacia Comunale e privatizzare i servizi del Cimitero. Nel merito non risponde, scappa e butta fango.
La stizzita risposta del sindaco di Domodossola Lucio Pizzi alle nostre osservazioni sulla vendita della Farmacia Comunale e sulla privatizzazione dei servizi del Cimitero voluta dalla sua Amministrazione, evocando la macchina del fango e parlando a vanvera di “pali non piantati” (che ci azzecca?), evidenzia la volontà di scappare a gambe levate dal problema e dal merito da noi sollevato. La questione è chiara: il sindaco Pizzi vuole vendere la Farmacia Comunale e privatizzare i servizi del Cimitero. La prima domanda da porsi è: cosa ha fatto in questi cinque anni l’Amministrazione per facilitare il funzionamento della Farmacia e per risolvere il problema dei servizi cimiteriali? E la seconda domanda a cui non può girarci in giro è: “cui prodest”? Chi se ne avvantaggia? Per noi non sono certo i cittadini di Domo ad avvantaggiarsi, certamente non la Comunità nel suo insieme che dalla vendita della Farmacia Comunale e dalla privatizzazione dei servizi del Cimitero avrà solo da perderci (anche economicamente). Pizzi dimostri il contrario.
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Dopo la grancassa estiva sui migranti, con la vergognosa chiusura del parchetto di piazza Matteotti accompagnata dai soliti sproloqui muscolari, le risse durante le “movide” settembrine, così come quelle di inizio anno, hanno trovato il Sindaco Lucio Pizzi sorprendentemente timoroso ed inattivo.
E’ vero che qui il lockdown c’entra poco perché il profondo malessere che va avanti da lungo tempo nasce da una cultura individualista che, togliendo il senso di appartenenza sociale – il senso di “Comunità”- ha posto al centro del mondo, non solo giovanile, l’egoismo dell’“io”.
Ma si sa che affrontare questioni così “alte” non paga elettoralmente ed allora il nostro Sindaco si guarda bene da metterci mano. Tuttavia, ci sono cose semplici e doverose che il Primo Cittadino dovrebbe comunque fare.
Per esempio, verificare l’efficacia dei controlli sulla vendita di alcolici ai minorenni attraverso la necessaria interlocuzione con le locali Organizzazioni Commerciali e dei Pubblici Esercizi, come è importante definire e concordare le specifiche modalità di intervento delle Forze dell’Ordine rispetto al problema dei distanziamenti, con particolare riferimento all’azione di consiglio, ammonimento e dissuasione.
Ora, è anche possibile che il sindaco Pizzi abbia comunque svolto questi suoi doveri, ma di tutto ciò al Consiglio Comunale non giunge alcuna informazione e, men che meno, nessun invito viene indirizzato ai Consiglieri per una comune discussione.
L’interpellanza (in allegato ) che il Gruppo Consiliare del Partito Democratico ha presentato in questi giorni sull’argomento ha lo scopo di stimolare la doverosa presa di coscienza di questa Amministrazione e di ottenere qualche risposta per i cittadini che sono rimasti impotenti di fronte a questi preoccupanti episodi.
Partito Democratico Segreteria e Gruppo Consiliare Domodossola
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Polizia Stradale a Domodossola. Nulla è deciso. I giudizi sono da rinviare a quando il percorso di riorganizzazione sarà terminato. In quel momento sarà possibile tirare le fila su chi ha realmente lavorato per il nostro territorio.
Il commento su “Ossola News” di Renato Balducci sulla paventata chiusura del distaccamento di Polizia Stradale di Domodossola chiama in causa tutte le forze politiche, anche con qualche imprecisione per quel che ci riguarda.
Vogliamo ribadire quanto già affermato pochi giorni fa: sulla vicenda non si registrano allo stato provvedimenti adottati o decisione già assunte. È in corso di discussione una proposta di piano di riorganizzazione, figlia di una serie di decisioni assunte nel passato, che ora sta per passare dall’amministrazione del Ministero dell’Interno alle parti sociali e agli enti locali per il confronto di merito. Alla Lega che accusa praticamente ogni giorno il Pd, vogliamo ricordare che il loro leader Salvini quando si trovava al Viminale in 15 mesi non fece assolutamente nulla né in termini di aumento della dotazione di organico né in termini di soluzione delle problematiche. A Domodossola il processo di svuotamento del distaccamento PS proseguì sotto la guida leghista del Ministero dell’Interno. Capiamo che ora debbano urlare per nascondere le loro responsabilità, che però sono evidenti.
Precisiamo inoltre che la ministra De Micheli non ha affermato alcunché in ordine al tema del distaccamento Ps di Domodossola, non avendone peraltro la competenza che è assegnata alla ministra Lamorgese.
Inoltre, il Pd è al lavoro attraverso i propri rappresentanti – e in tal senso l’impegno dell’on. Borghi è costante – per ottenere i due obiettivi che abbiamo messo al centro del nostro lavoro: il potenziamento degli organici della Polizia Stradale per l’intero territorio del VCO (perché serve a poco mantenere aperte sedi che hanno solo 5 agenti, che in tal modo possono dedicare al servizio su strada una percentuale molto ridotta del loro tempo disponibile) e la garanzia che la presenza della Polizia nella città di Domodossola sia comunque assicurata anche nel quadro di una riorganizzazione del servizio che possa coniugare efficienza e presenza territoriale.
Le conclusioni cui perviene il corsivo di Balducci sono quindi quanto meno da rinviare a quando il percorso sarà terminato, e in quel momento sarà possibile tirare le fila su chi ha realmente lavorato per il nostro territorio.
“Ha fatto bene la Dirigente Scolastica a richiamare l’ articolo del “Testo Unico della Scuola” ove si riportano le condizioni per le quali, in presenza di alunni che abbiano chiesto l’ esenzione dall’ insegnamento religioso “…ogni eventuale pratica religiosa… non abbia luogo in occasione dell’ insegnamento di altre materie, né secondo orari che abbiano per i detti alunni effetti comunque discriminatori”.
Chi, alimentando le paure della gente, intende buttare all’ aria le conquiste di Civiltà del nostro Paese, si assume una grave responsabilità e fa il gioco dell’ estremismo terrorista.
Isis e compagnia è proprio quello che vogliono: se l’ Occidente si infila anch’ esso nell’ imbuto dell’ integralismo, la frittata è fatta!
Senza dover risalire fino ad Alcide De Gasperi, va detto che la separazione Stato-Chiesa è una preziosa conquista di Civiltà per tutto il nostro Paese, per la cui difesa anche lo Statista cattolico trentino si spese in anni difficili della nostra storia.
Noi del Partito Democratico siamo gli eredi di patrimoni storici diversi compreso quello della tradizione dei Cattolici democratici e con convinzione difendiamo quella sofferta conquista dagli attacchi demagogici perchè non possiamo e non vogliamo tornare indietro nella Storia.
E’ evidente che organizzare la celebrazione di inizio anno in orario extrascolastico, oltre che un segno di rispetto verso chi non pratica alcuna Fede religiosa o ne pratica di diverse da quella Cattolica, dà anche la possibilità di una adesione molto più consapevole agli stessi praticanti cattolici.
Ma agli “atei devoti” che a Pontida si mettono le magliette contro Papa Francesco, del momento religioso della celebrazione della messa, così come del rispetto delle Leggi dello Stato, poco gliene importa!
La laicità della Scuola è un valore che va difeso, anche e soprattutto dai Cattolici, contro i falsi “valori della tradizione” che in nessun modo difendono la nostra Civiltà nella quale devono e possono convivere Credenti di Fedi diverse ed i non Credenti, nel rispetto delle Leggi che ci siamo dati”. (C.S.)
Il Segretario del circolo PD di Domodossola Il Gruppo Consiliare PD
25 anni fa, il 13 settembre 1990, si spegneva nella sua casa romana Giancarlo Pajetta, il “ragazzo rosso”, partigiano, parlamentare della Repubblica fin dalla Costituente, dirigente di primo piano del Partito Comunista Italiano. Da quel settembre di 25 anni fa riposa in Val d’Ossola, nel cimitero di Megolo , frazione di Pieve Vergonte, nella tomba che ospita tutta la famiglia Pajetta, dai fratelli Gaspare ( morto giovanissimo in battaglia proprio a Megolo, durante la Resistenza) e Giuliano, a mamma Elvira e papà Carlo. Nell’occasione l’Amministrazione Comunale di Pieve Vergonte ha organizzato, alle 18 di oggi, un evento per ricordarlo presso il piccolo camposanto di Megolo. Davanti ad una piccola folla hanno preso la parola la sindaca di Pieve Vergonte, Maria Grazia Medali, l’ultimo segretario provinciale del PCI (cioè chi scrive), l’On. Enrico Borghi, parlamentare del Pd, e una dei figli di Pajetta, Gaspara. Una cerimonia semplice ma toccante, per ricordare uno dei principali protagonisti della lotta antifascista e della storia repubblicana del dopoguerra. Un suo libro autobiografico è proprio intitolato Il ragazzo rosso. Fin da ragazzo, Gian Carlo Pajetta – figlio di Carlo, avvocato, e di Elvira Berrini, maestra elementare – aveva cominciato l’attività politica che gli valse, a 14 anni, mentre frequentava il Liceo-ginnasio Massimo D’Azeglio di Torino, l’espulsione “da tutte le scuole del Regno” per tre anni. Era il febbraio del 1927. Come non bastasse, Gian Carlo Pajetta venne arrestato e rinchiuso, quando non aveva ancora 17 anni, nella sezione minorile delle carceri giudiziarie di Torino. Il 25 settembre del 1928, il Tribunale Speciale lo condannò a due anni di reclusione, che scontò nelle carceri di Torino, Roma e Forlì. Nel 1931 l’espatrio clandestino in Francia, dove il “ragazzo rosso” assunse lo pseudonimo di “Nullo”, diventando segretario della Federazione giovanile comunista, direttore di Avanguardia e rappresentante italiano nell’organizzazione comunista internazionale. In quel periodo Gian Carlo Pajetta compì numerose missioni clandestine in Italia, fino a quando, il 17 febbraio del 1933, venne arrestato a Parma. Un anno dopo il Tribunale Speciale fascista lo condannò a 21 anni di reclusione; Pajetta ne sconterà ben 11 nelle carceri di Civitavecchia e di Sulmona e verrà scarcerato il 23 agosto del 1943, dopo la caduta del fascismo. Poi venne l’8 settembre e la guerra partigiana (nella quale cadde, a diciotto anni, suo fratello Gaspare proprio a Megolo, sulle balze del Cortavolo), che vide “Nullo” come Capo di Stato Maggiore (ma di fatto vice comandante generale) delle Brigate Garibaldi e membro del Comando generale del Corpo volontari della libertà. È in questa veste che, tra il novembre e il dicembre del 1944, Pajetta si trovò a Roma, come membro del CLNAI, per trattare con gli Alleati e con il governo Bonomi l’accordo politico-militare che portò al riconoscimento delle formazioni partigiane come formazioni regolari e all’attribuzione delle funzioni di governo al Comitato di Liberazione dell’Alta Italia. Dopo la Liberazione Pajetta diventò direttore dell’edizione milanese de l’Unità e membro della Direzione del Pci. Nel 1945 venne eletto alla Consulta (non era potuto diventare senatore perché troppo giovane), poi, nel 1946, all’Assemblea costituente, nel 1948 alla Camera dei deputati (dove è stato riconfermato ben dodici volte). Dal 1984 è stato anche parlamentare europeo.
Il giorno prima di morire d’infarto aveva rilasciato al Messaggero un’intervista nella quale, con riferimento alla “svolta della Bolognina” che avrebbe portato allo scioglimento del PCI, dichiarava di stare vivendo i giorni più brutti della sua vita. La lettura di un suo libro, in particolare, è utilissima per comprenderne l’acutezza e la lucidità d’analisi soprattutto sulle grande questioni internazionali, delle quali si occupò a lungo: “Le crisi che ho vissuto. Budapest,Praga, Varsavia”. Toccò a lui, con la sua voce tonante, pronunciare l’orazione ai funerali di Enrico Berlinguer, dopo aver accompagnato Giorgio Almirante, avversario di mille battaglie, a render visita alla salma del leader comunista nella camera ardente alle Botteghe Oscure. E anche lì si colse la cifra democratica e la levatura di un grande dirigente. Miriam Mafai, giornalista e scrittrice morta nel 2012, visse per trent’anni a fianco di Giancarlo Pajetta. Raccontò così il “ragazzo rosso” : «È morto a casa mia. Ma ho vissuto con lui molti anni, se si intende per vivere insieme stare insieme, viaggiare insieme, studiare insieme Stiamo stati anche molto felici ma non abbiamo mai vissuto da coniugi: non eravamo interessati né io, che avevo già più di 30 anni né lui, che ne aveva oltre 50, a scambiarci l’esistenza dalla mattina alla sera. Giancarlo si trasferì a casa mia solo nell’ultimo periodo». Pajetta morì senza assistere alla fine, ormai decretata, del Pci. Lo raccontò, ancora, Miriam Mafai: «Lui muore quando sta morendo il partito comunista. Quindi ha già visto il crollo del muro di Berlino, ma non ha visto, per sua fortuna, la bandiera rossa che scende dal pennone del Cremlino. Ma all’epoca il Pci sta cambiando nome e lui sa che finirà. Certo Giancarlo è morto perché non era più un giovanotto, ma credo che non abbia voluto vedere il seguito». La drammaticità del suo personaggio stava nell’estrema fedeltà al socialismo all’Urss e al Pci e insieme la sua capacità di vederne i limiti e i difetti. Ripose molte speranze in Gorbaciov, quello che fu uno degli uomini più amati nel vecchio partito comunista. Era un grandissimo oratore, i suoi comizi erano un avvenimento perché riusciva a stabilire un rapporto con la piazza straordinario. Quando chiesero alla Mafai che uomo fosse, lei risposte così: «Era una personalità ricca di sfumature, per alcuni versi insopportabile. Impaziente, molto colto, un divoratore di libri di ogni genere. E poi viveva di niente, a Roma in un appartamento orrendo. Non aveva mobili e io gli dicevo che aveva nostalgia del carcere. Parlando della mia casa diceva: Vedi? Qui in Unione Sovietica ci vivrebbero tre famiglie! Io gli rispondevo: Infatti io non voglio andare a vivere in Unione Sovietica . Giancarlo immaginava una società che non esisteva più e il suo sogno, da vecchio, era una camera in affitto in una casa di operai a Torino. E, diversamente da tutti i deputati, ai suoi figli ha lasciato praticamente niente».
Marco Travaglini
Ricordando il ragazzo rosso: 13 Settembre 1990 – 13 Settembre 2015.
25 anni fa veniva a mancare Giancarlo Pajetta, valoroso partigiano, autorevole parlamentare della nostra Repubblica e noto esponente del Partito Comunista.
Dal settembre del 1990 riposa nel cimitero in Megolo di Pieve Vergonte unitamente ai fratelli Gaspare e Giuliano, a mamma Elvira e papà Carlo.
L’Amministrazione Comunale di Pieve Vergonte ha organizzato un evento per ricordarlo intitolato “ricordando il ragazzo rosso“.
Le Associazioni Partigiane, le Rappresentanze politiche ed i Cittadini della nostra Provincia sono invitati a partecipare numerosi ad un momento di raccoglimento presso il Cimitero di Megolo domenica 13 settembre 2015 alle ore 18.00.
Festa de l’Unità a Villadossola presso l’area feste la Lucciola dal 5 al 17 agosto.Tredici giorni di festa.
Clicca per scaricare e visionare il programma completo Festa PD villa 2015). Tre punti spettacolo (balera, palco e piano bar) per trentanove tra concerti e spettacoli. Otto dibattiti con oltre trenta ospiti tra politica e associazionismo. Sei punti ristoro con il self service (con ogni seraquattro piatti tipici regionali diversi, ), la pizzeria, il pesce fritto, la griglia, la tappia, la panineria. Tre bar.
E poi… sport, associazionismo, area mostre, area bimbi, il banco della sottoscrizione a premi e molto altro ancora per la Festa de l’Unità più importante del Piemonte dopo quella di Torino.