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NOMINA MONFERINO: La montagna ha partorito il topolino.

Aldo Reschigna

Due mesi di dibattito nel Pdl e tra Lega e Pdl si sono risolti con la nomina di Monferino a capo della sanità.
Quando un tecnico assume la responsabilità del più importante assessorato della Regione significa che la politica è debole.
Apparentemente la Lega potrebbe cantare vittoria. Ora al partito di Cota fanno capo tutti i principali assessorati. Il Pdl esce con le ossa rotte, incapace di superare i dissidi interni, paralizzato dai veti incrociati sui nomi da proporre. Lʼipotetico rimpasto è rinviato a settembre.  Se ci sarà, cosa non scontata, servirà ad aumentare il numero degli assessori e i costi della politica.
Dalla vicenda esce però sconfitto tutto il centrodestra, incapace di trasformare la necessità di un rimpasto nella occasione per dare risposte concrete alle inadeguatezze di governo emerse con chiarezza in questo primo anno e sottolineate non solo dallʼopposizione, ma anche da pezzi della maggioranza e della società civile.
I problemi della regione restano tutti. A noi il compito da settembre di ripresentarli allʼattenzione della politica regionale e dellʼopinione pubblica, alla ricerca di una soluzione.

Capogruppo Consiliare Partito Democratico
regione Piemonte

SANITA’: UNA VICENDA POLITICA, UNA FACCENDA DEMOCRATICA

Intervento di Enrico Borghi sul tema sanità.
La vicenda della sanità nel Verbano Cusio Ossola non è una questione tecnica, da consegnare al cesello ragionieristico di veri o supposti esperti di riorganizzazione aziendale ospedaliera.
Essa è vicenda politica. Anzi: geopolitica. Perché tiene insieme, lega e indissolubilmente mischia aspetti che travalicano il merito della questione, per affrontare il futuro di una comunità territoriale e il destino di realtà geografiche montane che hanno conosciuto nel corso dell’ultimo quindicennio un costante e, all’apparenza, inesorabile processo di depauperamento delle opportunità e di regressione dei diritti di cittadinanza.
E dentro a questa cornice, essendo una questione politica, si disegna anche un nuovo modo di concepire e articolare lo stesso esercizio democratico del potere.
Se non si capisce questo, o se si vuol far finta di non capire questo, inevitabilmente si colloca la vicenda lungo un piano inclinato in cui la disintegrazione del collante sociale e territoriale su cui ha retto per un quindicennio (alquanto fragilmente, in verità) il territorio del Verbano Cusio Ossola appare essere l’approdo finale.

Il San Biagio, l’ethnos ossolano
L’Ospedale San Biagio costituisce, non da oggi, il coagulo del sentimento identitario degli Ossolani.
Per motivi che meriterebbe approfonditi studi delle scienze sociali, su di esso nel corso di vent’anni si sono sedimentate le ansie, le speranze, le preoccupazioni di una popolazione che non ha ancora metabolizzato il passaggio dalla società industriale e chiusa del Novecento a quella liquida e globale del Duemila. Un passaggio che è stata la fine di antiche certezze (il posto fisso nel pubblico, la fabbrica che accoglieva operai e quadri, il commercio che fioriva nel capoluogo ossolano, una microsocietà di servizi fatta di spedizionieri, impiegati, finanzieri spazzata via dalla fine della frontiera) a cui non si sono sostituite nuove opportunità. Ma, al contrario, a cui si sono sostituite nuove incertezze, proprio nell’era in cui la “belle epoque” della globalizzazione rendeva più ricca tutta la pianura padana. Circostanza che ha fatto rifulgere antiche ingiustizie, tra le quali l’assoluta colonizzazione della Val d’Ossola che produce più energia idroelettrica di Lombardia e Veneto messe insieme ma che vede solo briciole sempre più rinsecchite in cambio di questo straordinario contributo allo sviluppo nazionale.
Sta dentro questa dicotomia il motivo per il quale questo “mondo minore” si è andato progressivamente scollando dalle istituzioni, dai partiti, dai sindacati, e si è cercato –spesso confusamente- un approdo diverso, a metà strada tra un impossibile ritorno indietro e un ingresso “mediato” nel mondo globale. A questa nuova “gens ossolana”, alle sue rabbie e ai suoi spaesamenti, la Lega Nord ha offerto mitologie, e il berlusconismo illusioni e megafoni.
Mentre la sinistra ignorava semplicemente questa mutazione genetica, spesso rinserrandosi anch’essa nella placenta delle sue antiche liturgie ormai consunte, la destra dava fiato a una sorta di identità mutante e bifronte dell’Ossola a cavallo dei millenni. Un’identità insicura e ansiogena, radicata e spaesata, solidale e impaurita al tempo stesso.
L’Ospedale San Biagio è diventato il precipitato di questa nuova identità. E’ diventato il luogo dell’ethnos ossolano, nel quale si condensano radici e prospettiva e sul quale si dimensiona il raccordo tra il passato e il futuro.
E con l’ethnos, con le heimat per dirla alla tedesca, insomma con l’identità c’è poco da scherzare. Perché la storia di questi anni ci insegna che è materia da maneggiare con cura. Quando l’identità diventa fobia ideologica, ci riporta alla tragica strada balcanica.
Eppure, su questo tema in molti –anche in Val d’Ossola- ci hanno giocato e sguazzato, promettendo province autonome, zone franche, aree a totale esenzione fiscale, per soffiare sul fuoco del risentimento e della voglia del rinserramento e incassare copiosi dividendi elettorali ad ogni tornata.
L’impasto Lega-Pdl ha strizzato l’occhio ad un improbabile ritorno a com’era verde la mia valle da un lato, e fatto intendere che bastava appaltare a loro potere e consenso per trarsi fuori dall’impiccio di questo primo scorcio di secolo in cui il destino cinico e baro ha chiuso le società degli spedizionieri, le fabbriche nel fondovalle, il comando della Guardia di Finanza, gli uffici decentrati della vecchia provincia di Novara e ha rattrappito in maniera impressionante la mammella di mamma Enel, un tempo turgida e oggi avvizzita.
Quella politica ha fallito su entrambe le direzioni di marcia, non ha saputo riportare indietro le lancette della storia come imprudentemente aveva lasciato intendere di saper fare e non ha saputo accompagnare questa società impaurita e frastornata dentro la nuova dimensione di una società mutata.
E alla caduta dell’illusione leghista e berlusconiana –testimoniata anche dalla clamorosa vittoria di Mariano Cattrini alla guida di Domodossola- la gens oscellae, che aveva appaltato ad essa una prospettiva dimostratasi fallace, si è guardata intorno e si è trovata, una volta di più, il baluardo al quale aggrapparsi: l’ospedale san Biagio.
E’ dunque così difficile capire perché, ancora una volta come nell’agosto del 2002 e senza che nessuna centrale organizzativa “tradizionale” si sia mossa, al grido di “giù le mani dal San Biagio” migliaia di ossolani si siano ancora una volta ritrovati a sfilare per le vie di Domodossola, con una partecipazione popolare spontanea e sentita per ritrovare la cui intensità bisogna probabilmente riandare ai tempi a cavallo dell’ultima guerra?

Una nuova domanda di politica
C’è un’ulteriore considerazione da fare su questa vicenda, a mio avviso innescata cinicamente –come nel 2002- per giungere al dozzinale baratto ora proposto :“a te il materno infantile e a me l’emodinamica”.
Veniamo accusati, noi sindaci del “documento 28 luglio” di essere asserviti alla piazza, soggiogati dalle nuove Masanielle delle valli e addirittura apprendisti stregoni che soffiano sul fuoco della demagogia populista. Tralasciamo pure il fatto che tra i pontefici di queste tesi vi è chi deve tutta la propria carriera politica ai collegi blindati, alle liste bloccate e al ferreo controllo del partito di appartenenza e della sua filiera di potere connessa, e che quindi fatica a capire che la democrazia è potere che sale dal basso e non che si impone dall’alto.
Ma si fa così fatica a capire che, in realtà, oggi in Ossola c’è una nuova domanda di partecipazione democratica? E’ così complicato leggere in quello che succede la spinta di una società che vuole esserci, non si rassegna, e che in maniera confusa e spesso contraddittoria chiede comunque alla politica due cose a cui essa non sembra essere più abituata, e cioè l’ascolto e la capacità di rappresentare dal basso anziché imporre dall’alto?
Se alle mamme col pancione del presidio (così come ai genitori dei disabili cui viene tolta l’assistenza, o ai cassintegrati che vedono chiudere lo stabilimento o ai frontalieri che vengono dileggiati oltreconfine) la politica non sa rispondere nient’altro che una scrollata di spalle o addirittura, come pretende il sindaco di Verbania, il “credere obbedire combattere” in cui il compito del sindaco è quello di “spiegare a chi contesta che così non si può andare avanti” (senza naturalmente dire dove bisogna andare nel frattempo!), allora si che quella “cosa” diventerà folla che diventerà piazza che spazzerà via una politica che viene vissuta solo come casta, politici nominati e autorefenziali e quindi ormai delegittimati.
Se fossi in Cota, anziché insistere in maniera puerile su una tesi insostenibile (se Domodossola è come la Thyssen perché sta sotto i 500 parti annui lo sono anche numerosi altri ospedali in Piemonte dove il metro di misura è evidentemente diverso…) ringrazierei quei Sindaci che l’altra sera, con grande sobrietà e senza alcun cedimento alla tentazione di accarezzare la tigre per il verso del pelo, hanno dimostrato che le istituzioni sono ancora ascolto, comprensione e rappresentanza. Perché se salta la diga della credibilità dei cittadini nei confronti delle istituzioni, l’acqua che ne esce spazza via tutto il sistema.
Da come la politica e le istituzioni locali sapranno governare questa vicenda dipendono tante cose. Dipende certamente il futuro della qualità della vita degli ossolani, e il fatto di essere considerati cittadini al pari di altri, attraverso l’esercizio del diritto alla salute. Dipende anche il futuro della Provincia del Verbano Cusio Ossola, compressa dentro una torsione che -tra spinte accorpatrici nazionali e pulsioni liquidatorie interne- rischia di far sublimare la sua attuale evanescenza in definitiva evaporazione. Ma ne va anche della nostra democrazia, in questi tempi –per dirla alla Salvadori- di “democrazie senza democrazia”.

Due modelli in campo
Sul campo oggi, in realtà, ci sono due modelli: quello del “diritto che precede” e quello del “diritto che procede”. Il diritto che precede è quello che nasce da istituzioni che si impongono dall’alto, ritengono che la loro capacità illuminista e razionalizzatrice sia la verità rivelata e non celano il fastidio davanti ad ogni dissenso, interpretato come indice di incapacità di comprendere o addirittura come insubordinazione. E’ la politica che vuole imporre, perché appunto precede il popolo.
Il “diritto che procede” è quello che nasce da istituzioni che nascono dal basso, ascoltano e rappresentano le proprie comunità e uniformano le proprie decisioni alla sintesi delle esigenze popolari, cercando il bene comune. E’ la politica che vuole accompagnare, perché segue e se del caso indirizza il popolo.
I Sindaci dell’Ossola hanno cercato di farsi interpreti del “diritto che procede”. La Regione Piemonte (e i suoi corifei locali, a cominciare dal sindaco di Verbania) sono splendidi interpreti del “diritto che precede”. Orizzontali e sussidiari i primi, verticali e gerarchici i secondi.
Già Tocqueville, nella “Democrazia in America” ci ricordava che il decentramento amministrativo, e quindi i Comuni che ne sono la prima forma istituzionale, è la prima garanzia di libertà in una società democratica, mentre l’accentramento è per sua natura autoritario e può essere un punto di partenza per il dispotismo. Inutile dire quale modello preferisco, che a mio avviso è anche quello corretto per tirar fuori questo territorio dal ginepraio nel quale è finito.
Ma se si preferisce essere più prosaici, sarebbe bene ricordarsi della prima scena del film “Giù la testa” di Sergio Leone, in cui un gruppo di aristocratici messicani su una diligenza svillaneggiano un peone messicano bifolco e ignorante ritenendosi superiori e più civili, finchè il peone e i suoi figli non mettono mano alle pistole e si impossessano della diligenza lasciando gli altezzosi nobili legati ad un cactus del deserto come mamma li fece.
Bene: non so se a Torino e dintorni qualcuno si senta come quegli aristocratici messicani, come pure a volte sembra lasciar trasparire qualche atteggiamento. Una cosa è certa: in Ossola si sono stancati di essere considerati dei peones beoti!

COQ E “ASSUNZIONI” ASL: REGNA L’INCERTEZZA E MANCANO DI RISPOSTE CHIARE

Oggi, rispondendo ad una interrogazione del consigliere Aldo Reschigna in consiglio regionale sulla stabilizzazione del Centro Ortopedico di Quadrante di Omegna, la Giunta Regionale ha affermato che non ha ancora valutato se la sperimentazione gestionale debba essere stabilizzata e come e quando si farà.
Ritengo inaccettabile – afferma Aldo Reschigna capogruppo regionale del PD in regione – che dopo molti anni di sperimentazione si debba ancora “valutare”, ed ancor più inaccettabile è che tutto ciò avviene dopo che il Consiglio regionale, con un ordine del giorno, ha impegnato la Giunta a farlo con molta celerità.
Non è possibile continuare ad alimentare incertezza ed insicurezza così come sta facendo la Giunta Regionale di Cota mentre parallelamente si annunciano tagli al personale del C.O.Q e mentre sta peggiorano la condizione della sanità nella nostra provincia come dimostrato dall’allungamento dei tempi di attesa per visite ed esami, denunciato in questi giorni dalla stessa Asl sugli organi di informazione.
E non è più accettabile che non ci siano scelte chiare, come sta avvenendo ad esempio anche sul capitolo delle “assunzioni”.
Qualche settimana fa – prosegue Reschigna – ho denunciato il fatto che non era chiaro se la promessa di assunzione dei ginecologi per il punto nascita di Domodossola sarebbe andata in deroga al turn-over o sarebbe andata a discapito dell’assunzione di psichiatri per il servizio di igiene mentale o di cardiologi.
Così purtroppo pare sia, come sembra in una lettera della Direzione dell’assessorato regionale alla sanità di questi giorni che, se fosse vera, crea l’ennesima guerra tra “poveri” mantenendo un servizio sottraendo però risorse ad un altro.
Basta farse, basta incertezze, la sanità del VCO ha bisogno di programmi e non di proclami.
Chi si ricorda – conclude Reschigna – i manifesti della Lega Nord di qualche mese che annunciavano più servizi e meno sprechi? La realtà appare amaramente un’altra.

Aldo Reschigna
PD Ufficio Stampa

TAGLI AL COQ? MASSIMO NOBILI STA A GUARDARE! COSA CI FA NEL CDA DELLO STESSO COQ SE NEMMENO DIFENDE GLI INTERESSI DEI SUOI CITTADINI?

Due operatori socio sanitari, sei infermieri professionali e due medici internisti a cui si aggiungeranno altre quattro/cinque unità nel 2012. Sono questi i numeri degli esuberi annunciati oggi dal Centro Ortepedico di Quadrante; il tutto a partire dal primo settembre. (Clicca qui per vedere il video del servizio TV).
Esuberi che si aggiungono al taglio del reparto di medicina sempre al COQ di Omegna.
Decisione conseguente alle politiche sanitarie imposte a livello regionale dal governatore leghista Cota per il famoso “ piano di rientro” che, appare chiaro a tutti, taglia servizi senza prospettare l’ombra di un piano socio sanitario complessivo per il VCO.
Cosa grave in se, ma peggiorata dal fatto che nel COQ a rappresentare la parte pubblica c’è anche il presidente della Provincia Massimo Nobili.
Noi lo riteniamo incompatibile in quel ruolo (per varie ragioni); lui ci ha sempre risposto un po’ sprezzante che era lì per rappresentare gli interessi dei cittadini del Vco; testualmente ha affermato agli organi di stampa: ”essere presente nel cda del COQ vuol dire far arrivare con più incisività e tempismo la voce della comunità laddove le scelte vengono assunte.”.
“Tempismo” ed “incisività” perfette; lo vediamo ora con questa decisione che taglia personale al COQ.
Altro che difendere gli interessi dei cittadini, il presidente Nobili sta a guardare i tagli alla sanità, anche al COQ, dove lui è consigliere d’amministrazione.
E non ci dica ora che si è opposto, magari votando contro nel consiglio d’amministrazione perché sarebbe pure una “pezza peggiore del buco”.
Perché se era contrario e il cda ha preso questa decisione vuol dire che il nostro Presidente non conta nulla.
Ed ora che si inventa il nostro Presidente? Che ci appare, oltre che incompatibile, anche un po’ inutile se non difende gli interessi dei suoi cittadini su un tema così importante come quello della sanità!
PD VCO
Ufficio stampa

Sull’argomento oggi interviene anche il segretario cittadino del Pd. Marco Travaglini

Il dimezzamento dei posti letto nel reparto Medicina dell’ Ospedale  Madonna del Popolo di Omegna ( da 23 a 12, con dieci dipendenti in  esubero a partire da settembre ) testimonia la gravità della  situazione  della sanità cusiana. I tagli alle risorse previsti dalla Regione  si  tramutano in un ridimensionamento delle prestazioni e dei servizi, come  da tempo paventavamo.
Non solo. Questa situazione si aggiunge al depauperamento della medicina territoriale e di base che non viene  adeguatamente organizzata e finanziata nella misura necessaria a garantire il diritto alla salute, alla prevenzione e alla cura da parte dei cittadini. E’ una situazione non tollerabile, per la quale sollecitiamo il sindaco a promuovere ogni iniziative utile sulla base del mandato che ha avuto dal consiglio comunale che ha approvato  con voto unanime un impegnativo ordine del giorno sulla sanità proprio su nostra iniziativa.
Da parte nostra c’è sempre stata la volontà di trovare le soluzioni migliori per i cittadini  mettendo in condizione tutta la città di muoversi in piena unità e con tutto il  coinvolgimento necessario. Il COQ va stabilizzato al più presto, il reparto di medicina non va tagliato, la sanità territoriale va resa più diffusa e
efficiente.
Questo è il metro su cui giudicheremo l’impegno delle amministrazioni comunale, provinciale e regionale di centrodestra.
Non è più il tempo delle furbizie e degli scaricabarile. Il VCO ha diritto ad una politica sanitaria seria e moderna, senza logiche di contrapposizione territoriali ma avendo in mente il bene di tutti.
Chi amministra ha più responsabilità e deve dimostrare con chiarezza che cosa vuol fare in concreto per dare risposte altrettanto concrete ai bisogni dei cittadini.

Marco Travaglini, segretario del Pd di Omegna

LA FARSA CONTINUA

Aldo Reschigna

Credo che dopo la video conferenza di stamane la farsa continua.
Adesso ci viene comunicato che dopo l’estate il punto nascita di Domodossola riaprirà: ma “non era pericoloso alla stregua della Thissen” come ha dichiarato il Presidente della Regione Cota non più tardi di Giovedì scorso?
Ed è possibile sapere con quali risorse umane e se le assunzioni disposte per poterlo riaprire sono in deroga rispetto alla delibera della Giunta regionale o se le stesse andranno a diminuire i concorsi previsti per psichiatria o cardiologia?
Sono interrogativi che pongo con una convinzione: ho la sensazione che l’incontro di oggi non abbia risolto nulla ma abbia spostato in là il momento della decisione.
E’ il momento che in questa nostra Provincia si abbandonino i tatticismi e si affronti la vera questione: dobbiamo essere noi nel VCO ad immaginare un progetto di riorganizzazione della sanità ospedaliera equilibrato dentro il quale ci può anche stare il trasferimento dell’area tutela materno infantile a Domodossola in modo definitivo all’interno di un progetto di qualificazione in ambito chirurgico dell’ospedale San Biagio e con la contestuale caratterizzazione in ambito medico dell’ospedale di Verbania.
Solo questo progetto potrà rassicurare definitivamente il nostro territorio.
In questo accordo locale va inserito anche come elemento centrale il tema dei servizi territoriali che stanno soffrendo in modo forte.
E’ bene che di fronte alla confusione in atto sulla sanità da parte della Giunta Regionale nasca un progetto complessivo per la sanità.

Aldo Reschigna
capogruppo PD in consiglio regionale
PD VCO
Ufficio Stampa

COTA: IL PUNTO NASCITE DI DOMODOSSOLA PERICOLOSO COME LA THYSSEN!

Roberto Cota uguale a Jean Claude (per sorridere.. si può?)

Le ultime dichiarazioni di Roberto Cota (POTETE VEDERE L’ARTICOLO ALL’INTERNO DELLA RASSEGNA STAMPA NELL’AREA DOCUMENTI)  sul punto nascita di Domodossola dimostrano ancora una volta l’inesistenza di una politica sanitaria della Giunta regionale, incapace di gestire i numerosi conflitti che si aprono sul
territorio anche perché assume provvedimenti senza alcun confronto preventivo con le comunità locali.
E’ allucinante che martedì scorso il direttore generale della sanità ing. Monferino (ma a questo punto viene da chiedersi a quale titolo si presenta ai confronti) abbia ricevuto su iniziativa di un consigliere regionale della Lega nord gli amministratori ossolani e il comitato mamme di Domodossola e abbia autorizzato l’asl ad assumere in deroga quattro medici per la riapertura del servizio nella cittadina, nonché ad aumentare il numero delle ambulanze medicalizzate – da 3 a 4 – per metterne una in pianta stabile sotto l’ospedale di Domodossola per trasferire le partorienti all’ospedale di Verbania, quando finora ha sostenuto la diminuzione delle ambulanze medicalizzate.
Due giorni dopo il presidente Cota, a un dibattito del Pdl, dichiara che il punto nascita di Domodossola è pericoloso come la Thyssen e va chiuso.
E’ ora che la politica sanitaria in questa regione venga affrontata con serietà, non cambiando opinione ogni due giorni.
Cota si convinca che ci vuole coerenza di comportamento. Lo dimostrano i fatti, non è in grado di gestire la sanità.
La risposta a Cota è nella grande manifestazione delle mamme tenutasi ieri sera a Domodossola, che in qualche momento ha fatto riemergere una contrapposizione tra la cittadina e Verbania. Un conflitto che, se si riaprisse, sarebbe pericoloso perché divide un territorio che deve restare unito e farsi promotore di una proposta che non penalizzi alcuna realtà, ma che valorizzi l’intera comunità del VCO.
Del resto le ultime esternazioni del presidente Cota dimostrano come l’obiettivo della protesta non può che essere la politica sanitaria della Giunta e i comportamenti totalmente ambigui e contraddittori del suo presidente.
Aldo Reschigna
Ufficio Stampa Gruppo Consiliare Partito Democratico