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Punto nascite, interviene l’on. Borghi. “Palesi illegittimita’ e ingiustizia per le aree montane, Cavallera intervenga”

Sembra un romanzo di Kafka, oppure il teatro dell’assurdo di Ionesco questa vicenda della chiusura del Punto Nascite di Domodossola, che configura uno scenario di mancata applicazione dei Livelli Essenziali di Assistenza per le gestanti delle valli ossolane, in un quadro di palesi illegittimità e senza che la politica regionale -con l’assessore Cavallera ormai calatosi nei panni di Ponzio Pilato- sappia affrontare la situazione, demandando di fatto ai giudici amministrativi ogni determinazione“.
Così Enrico Borghi, deputato democratico, interviene nella vicenda della chiusura del punto nascite di Domodossola disposta dall’ASL14. “Vorrei ribadire una volta di più quanto da me già affermato con una specifica interrogazione parlamentare rimasta allo stato senza risposta: nelle aree geografiche montane occorre una specifica previsione alternativa di sicurezza e di attivazione del Servizio di Trasporto Assistito Materno che rispetti la regola della “golden hour” in caso di chiusura dei punti nascite.
Qui siamo in totale assenza di tutto ciò.
Non viene attivato lo STAM, non si rispetta la regola della “golden hour” per tutte le testate di valle dell’Ossola, e si mette sul campo un servizio alternativo incongruo e insufficiente con personale che sguarnirebbe -in caso di trasporto d’urgenza tra Domodossola e Verbania- il DEA.
In tutto questo grande pasticcio, l’assessore regionale con il suo silenzio conferma che Susa è diversa da Domodossola e che quindi può restare aperta sulla base di criteri evidentemente del tutto discrezionali.
Credo che sia innanzitutto da sostenere l’iniziativa del sindaco di Domodossola e dell’Unione Montana dell’Ossola di ricorrere contro la delibera dell’ASL 14 di fronte al TAR. Detto ciò, la giunta regionale -a cominciare dal suo presidente diventato improvvisamente muto- si assuma le sue responsabilità, perché è troppo comodo appaltare alla magistratura amministrativa scelte che la politica non è in grado o non vuole fare”.

PD VCO
Ufficio Stampa

Chiusure dei punti nascite: confermata Domodossola, salvata Susa, posticipata Acqui Terme: non possono esserci figli e figliastri. Dubbi anche sull’emodinamica.

Assessore regionale nuovo, ma nulla è cambiato nella politica sanitaria e nei criteri utilizzati nei tagli, condizionati dalla presenza di padrini politici del centrodestra nei diversi territori. Se infatti oggi l’assessore regionale alla sanità Cavallera ha confermato in Commissione la chiusura del punto nascite di Domodossola entro il 30 giugno prossimo, ha anche salvato il punto nascite di Susa – che resterà aperto nonostante il piano sanitario ne prevedesse la chiusura – e posticipato di un anno, al 30 giugno 2014, la chiusura del punto nascite di Acqui Terme, casualmente nell’alessandrino, territorio di riferimento dell’assessore stesso.
Non possono esistere figli e figliastri, non si può continuare nei tagli sulla base delle appartenenze politiche. Ancora una volta nessun confronto con enti locali e territori, solo scelte basate su criteri francamente inaccettabili.
Anche la buona notizia sul trasloco a Domodossola delle attrezzature per la nuova emodinamica è affiancata da una serie di dubbi su cui chiediamo immediata chiarezza: come sarà gestito il servizio, quale sarà il budget dell’Asl e come verrà reclutato il personale? Domande le cui risposte chiariranno molto su quale sarà concretamente il servizio di cui godranno i cittadini.

una dichiarazione di Aldo Reschigna, capogruppo PD in consiglio regionale

Sanità: l’assessore regionale Cavallera annuncia tagli per 600 milioni in due anni e mezzo.

Con le cifre rese note oggi in Commissione sanità, l’assessore Cavallera ha recitato il de profundis della riforma sanitaria di Cota e Monferino. Tre anni in cui i pesanti tagli del personale e dei servizi non hanno messo sotto controllo i conti sanitari, così come più volte sostenuto da Cota e dallo stesso Monferino.
Nonostante infatti i sacrifici già pagati dai cittadini piemontesi e dagli operatori della sanità, Cavallera per evitare il commissariamento dovrà mettere in atto una cura da cavallo. Senza questa cura, ha spiegato, nel 2013 la sanità presenterebbe un disavanzo di 162 milioni, nel 2014 di 248 milioni, nel 2015 di 360 milioni di euro.
Altro che conti sotto controllo! Oltre ai tagli già effettuati, altri si preparano sul personale e sui servizi. Il piano (che però ancora una volta non ci è stato consegnato) prevede a detta di Cavallera risparmi, cioè tagli, per 170 milioni nel 2013 (ma siamo già a maggio), 369 nel 2014 e ben 583 milioni nel 2015.
Una cura insomma che si propone di recuperare in due anni e mezzo quasi 600 milioni di euro. Sono cifre che appaiono irrealistiche, che la Giunta Cota vorrebbe risparmiare per il 24% dai privati, il 32% dall’acquisto di beni e servizi, il 14% sul personale e il 30% sui farmaci.
Come intendono farlo davvero non è chiaro, visto che sui tagli delle strutture sanitarie e dei servizi collegati non è stata detta una sola parola.
Chiaro è invece che finalmente il de profundis è suonato anche per le Federazioni sanitarie. Le loro funzioni passeranno a SCR, ha spiegato Cavallera, ma i tempi non si conoscono. Abbiamo sollecitato un immediato disegno di legge che abroghi le Federazioni che a questo punto sono solo inutili e dannose. Ci è stato risposto affermativamente, vedremo con quali tempi. La verità è però oramai evidente: si sono persi tre anni, si ricomincia da capo come se finora si fosse giocato: naturalmente sulla pelle dei cittadini e degli operatori.

una dichiarazione di Aldo Reschigna, capogruppo Pd in consiglio regionale

Le Federazioni sanitarie vanno chiuse!

“Si chiudano le Federazioni sanitarie, perché non aiutano i processi di sburocratizzazione e finora non hanno prodotto i risparmi promessi, e si attribuiscano le loro funzioni a una Asl capofila nei territori di riferimento”.
Lo ha detto oggi il capogruppo regionale PD Aldo Reschigna, presentando in una conferenza stampa a Torino il dossier realizzato dal gruppo PD sullʼattività delle Federazioni sanitarie in questo primo anno di vita.
“In questo primo anno le Federazioni hanno fatto poco o nulla”, ha spiegato, “alcune hanno prosciugato le Asl di personale, ma non hanno completato il passaggio di funzioni, anche perché i rapporti tra le Asl e Federazioni sono molto spesso tesi e difficili”.
“Quando lʼassessorato annuncia risparmi realizzati dalle federazioni di oltre 14 milioni di euro, dà dei dati taroccati”, aggiunge, “perché gli unici risparmi delle Federazioni sono dovuti a ricontrattazioni imposte però dalla spending review nazionale. Il resto dei risparmi è tutto merito delle singole Asl, per oltre 10 miliardi di euro”.
“Spesso poi queste ricontrattazioni sono state fatte con procedure discutibili, o allungando la durata dei contratti, o modificando i termini del contratto stesso per qualità del bene acquistato. Modifiche che non sono previste dalla legge nazionale”.
Per il PD è da sfatare anche che le Federazioni siano a costo zero, a parte lʼamministratore unico: “non è così, molte federazioni hanno già sottoscritto contratti di consulenza fiscale, legale e amministrativa. Per ora sono piccole cifre, ma sembrano destinate ad aumentare”.
La soluzione è tornare alla proposta iniziale PD: “Si chiudano le Federazioni e si mantengano le loro funzioni, affidandole però ad una Asl per ogni territorio di riferimento. Sarà possibile realizzare economie di scala senza creare nuove strutture che costano ed introducono conflittualità nel sistema,” ha concluso Reschigna.

Borghi: sul punto nascite so quel che leggo

Il Comitato Salute VCO, in un recente comunicato stampa, ha rivolto al sottoscritto un quesito specifico, sostenendo di aver letto una mia frase sibillina sul futuro del punto nascite dell’ospedale Castelli di Verbania, invitandomi a dire pubblicamente “cosa so di più”.
La risposta è piuttosto semplice. So quello che ho letto sulle carte ufficiali. E provo a riepilogarlo, a beneficio di chi abbia la volontà di affrontare la questione scevro da spiriti faziosi.
1. Dal punto di vista legale, amministrativo e sanitario non esistono gli ospedali di Verbania e Domodossola, ma esiste nel territorio del Verbano Cusio Ossola l’ospedale unico plurisede Verbania-Domodossola, conseguenza -come ben sanno i fautori del Comitato Salute VCO- del fallimento dell’esperimento di realizzazione dell’Ospedale Unico di Piedimulera.
2. Di conseguenza, esiste un unico reparto di ostetricia e ginecologia, oggi distinto su due plessi ospedalieri esattamente come accade per molte altre attività di area medica, chirurgica e specialistica.
3. La Regione Piemonte, nel sottoscrivere a Roma il 16 dicembre 2010 l’accordo Stato-Regioni sul tema della riorganizzazione in questione, aveva dichiarato che sul proprio territorio non esisteva nessun punto nascita inferiore ai 500 parti/annui, presentando in maniera coerente la situazione del Verbano Cusio Ossola come reparto unico plurisede.
4. Successivamente a quell’atto, per motivi esclusivamente di natura politica, l’allora assessore regionale Monferino, iniziò a concepire in maniera difforme il punto nascita di Domodossola da quello di Verbania, con la conseguenza che tale impostazione ha portato ad un decremento quantitativo e qualitativo delle prestazioni rese (comprovato dalla diminuzione complessiva e continua dei parti degli ultimi anni in tutte e due le strutture sanitarie di Verbania e Domodossola) e all’arbitrio del dirigente sanitario del reparto ostetrico ginecologico di concepire il nosocomio ossolano alla stregua di un avamposto disperso tra le montagne presso il quale non presentarsi
5. La Regione Piemonte, nel presentare con D.G.R in data 15.3.2013 il Piano di revisione della rete ospedaliera piemontese, ha usufruito della possibilità di deroga fino a 500 parti/anno stabilita dall’accordo Stato-Regioni per la realtà di Borgosesia in quanto comune montano, ed ha derogato alla deroga per quanto attiene alla realtà di Susa (332 parti/anno) in quanto comune montano, mentre ha stabilito per Verbania (unico punto nascite di tutto il Verbano
Cusio Ossola) l’obiettivo di 1.010 parti annui, perchè essendo Verbania esclusa dal novero dei territori montani deve rispettare a questo punto il parametro nazionale complessivo di 1000 parti/anno (nel 2012 Verbania chiuse a 588 parti, che sarebbero sulla carta diventati 835 qualora tutti quelli di Domodossola avessero scelto Verbania come luogo di nascita anziché strutture esterne alla nostra ASL e alla nostra Regione come sta sempre più accadendo, con pesanti ripercussioni finanziarie sulla nostra ASL -queste sì da quantificare magari…-). 6. I parti che si sono verificati nel reparto unico plurisede del Verbano Cusio Ossola sono andati progressivamente diminuendo negli anni: 1008 nel 2008, 1009 nel 2009, 977 nel 2010, 874 nel 2011, 825 nel 2012. Ne consegue che i numeri sono ben lontani dal raggiungere l’obiettivo stabilito dalla Regione Piemonte con propria D.G.R., a meno che non si riesca ad ottenere per tale territorio le medesime condizioni di oggettiva valutazione interpretate dalla Regione Piemonte sia per altre realtà montane, che per altre realtà non montane che pur non raggiungendo i 1000 parti/anno, “inspiegabilmente” vengono mantenute in attività (facciamo i nomi: Chieri 739 parti/anno, Vercelli 765 parti/anno, Mondovì 584 parti/anno, Casale Monferrato 545 parti/anno)
7. La domanda che credo occorrerebbe porsi, piuttosto che malignare sull’operato di un parlamentare locale che ha agli occhi di taluni il peccato originale di non essere stato da essi votato, è per quale motivo la Regione Piemonte da un lato assicura deroghe su deroghe a realtà del tutto simili ed analoghe al Verbano Cusio Ossola e “sfora” i parametri alla grande per nosocomi non montani, mentre nel caso della nostra realtà (il Verbano Cusio Ossola) interpreta in maniera draconiana e ferrea la logica dei numeri nei confronti di Verbania e concepisce il punto nascite di Domodossola in maniera autonoma e distaccata da quest’ultimo quando non lo è.
8. La domanda che credo occorrerebbe porsi è per quale motivo la Regione Piemonte, e l’ASL 14, hanno permesso sotto il profilo funzionale ed organizzativo, il costante e continuo depauperamento professionale e strutturale del reparto di ostetricia ginecologia dell’ospedale unico plurisede Verbania-Domodossola.
9. La domanda che credo occorrerebbe porsi è perchè la Regione Piemonte, con l’assessore Monferino in testa, abbiano creato artatamente questo “casus belli” (contrapposto poi alla vicenda emodinamica con la quale non c’entra assolutamente nulla) nel quale si è infilata mani e piedi tutta la consueta attitudine alla battaglia di campanile e alla guerra tra i poveri che alligna alle nostre latitudini.
10. Il sillogismo che risponde a queste domande, a mio avviso, è molto semplice: avendo ottenuto l’obiettivo di dividere Domodossola da Verbania, la Regione Piemonte intende chiudere Domodossola. Verbania senza la presenza di Domodossola (zona montana derogabile COMPLESSIVAMENTE PER TUTTO IL VCO a 500 parti/anno) viene automaticamente portata all’obbligo di raggiungere 1000 parti/anno, che non raggiunge neppure aggiungendo i numeri attuali di Domodossola. Quindi cosa intende fare la Regione Piemonte?

Cota vuole vendere ospedali per creare fondo immobiliare. Assurdo.

“La Regione intende vendere gli ospedali per fare cassa e ripianare i debiti della sanità”.
A lanciare l’allarme è il Partito Democratico in una conferenza stampa tenutasi ieri giovedì 22 marzo (guarda il video) “Cota intende creare un fondo immobiliare – denuncia il capogruppo regionale Aldo Reschigna e il segretario provinciale Antonella Trapaniche sia al 60 percento della Regione e al 40 dei privati in cui confluiscano tutte le strutture ospedaliere e i poliambulatori. Una proposta che giudichiamo assurda e antieconomica, perché poi la Regione dovrà pagare l’affitto per usare gli ospedali, oltre ai costi di gestione del fondo. Il che non farà che ricadere sui servizi“.
Sull’argomento la giunta ha assegnato uno studio a un consulente, Ferruccio Lupi, sulla fattibilità del fondo immobiliare, per il quale era stata già approvata l’anno scorso una legge ad hoc. “In questo momento – prosegue Reschigna – stanno cercando l’advisor. Il valore del fondo sarebbe di 650 milioni. Vogliamo fermarli finché siamo in tempo“.
Un’altra iniziativa riguarda l’intenzione di utilizzare 300 milioni dei fondi Fas, destinati a investimenti nelle infrastrutture, per ripianare i debiti di sanità e trasporti: “un’assurdità bloccare lo sviluppo del Piemonte in questo momento – aggiunge Reschinga -. Nei fondi Fas ci sono i 4 milioni per il Pti che l’altro giorno il presidente Nobili ha presentato ma che al momento è bloccato; la funivia del Mottarone e un bando per l’innovazione cui era Interessata la Lagostina“.