QUALCHE CONSIDERAZIONE SUL DDL DEL RIO

vcoIl DDL Del Rio, approvato alla Camera e che si appresta ad essere votato al Senato, aumenterà il numero degli Enti Locali, aumenterà il numero degli amministratori nominati dalla politica e non votati dai cittadini.

Per inquadrare la situazione si può affermare che le spese annuali dello Stato italiano sono le seguenti:

amministrazione centrale 182.000.000.000
previdenza 298.000.000.000
interessi sul debito 72.000.000.000
regioni 170.000.000.000 Di cui 114.000.000.000 per la sanità
comuni 73.000.000.000
province 12.000.000.000

 

La spesa delle province italiane, nel 2011 è stata così ripartita:

mobilità, viabilità, trasporti                                   (125.000 km di rete) 1.451.000.000
gestione del territorio, rifiuti, tutela ambientale 3.328.000.000
edilizia scolastica                          (5.000 edifici e 2.500.000 studenti) 2.234.000.000
sviluppo economia lavoro 854.000.000
energie alternative 1.142.000.000
cultura 241.000.000
turismo e sport 230.000.000
servizi sociali 317.000.000
generali ed amministrative 790.000.000
personale 2.343.000.000

 

Il DDL Del Rio, avente lo scopo di razionalizzare ruolo, funzioni, costi degli enti locali rischia di ottenere effetti opposti.

Infatti:

  1. Non prende in considerazione l’ipotesi di riduzione del numero delle regioni così come prospettato, per esempio dalla fondazione Agnelli già nel lontano 1992.
  2. All’art. 16 prevede l’Istituzione della Città metropolitana di Roma Capitale (città alla quale sono stati recentemente assegnati oltre 800.000.000 di € a copertura del debito pregresso)
  3. All’art 2, prevede l’Istituzione di 9 nuovi enti locali denominate Città metropolitane: Torino, Milano, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e, incomprensibilmente Reggio Calabria.
  4. Sempre all’art. 2, prevede la possibilità per Sicilia, Sardegna e Friuli Venezia Giulia l’istituzione di altre città metropolitane (prevedibilmente Palermo, Catania, Cagliari e Trieste)
  5. All’articolo 2 bis consente l’istituzione di città metropolitane nelle province con almeno 1 milione di abitanti su iniziativa di comuni che rappresentino 500.000 abitanti (opportunità offerta a Brescia, Bergamo, Salerno)
  6. Ancora all’art.2 bis consente l’istituzione di città metropolitane a due province confinanti aventi popolazione di almeno 1.500.000 di abitanti, su iniziativa di comuni che rappresentino 750.000 abitanti (opportunità offerta, per esempio  a Varese-Monza-Como, Verona-Vicenza, Padova-Treviso)
  7. All’art. 18 prevede nuovi enti definite “Unioni di Comuni” non sostitutive ma aggiuntive rispetto agli attuali Comuni; tali unioni dovrebbero contare almeno 10.000 abitanti e, nei territori montani, almeno 3.000 abitanti.

Il funerale delle province è rinviato ma gli organi di queste saranno nominati dai consigli comunali.

In attesa del superamento del bicameralismo perfetto (Senato e Camera che fanno esattamente lo stesso lavoro) e della riforma elettorale che sostituisca quella in vigore che prevede la nomina di deputati e senatori senza voto di preferenza è passato alla Camera (e presto passerà al Senato) un disposto legislativo che prevede l’aumento del numero degli Enti Locali e la nomina degli amministratori in luogo dell’elezione diretta.

Se l’obiettivo finale del legislatore fosse quello di eliminare le province (presenti in tutti i grandi paesi europei) per sostituirle con Unioni di Comuni e Città metropolitane ci si chiede, allora, perché non cogliere il suggerimento della Società geografica italiana che prevede la fusione delle competenze delle attuali 20 regioni e 110 province in capo a 35 distretti, più economici, più vicini ai cittadini.

Giuseppe Grieco, consigliere provinciale PD

 

 

I 70 anni della “Carta di Chivasso”

travaglini-2-piccolaPalazzo Tesio, nella centralissima Piazza D’Armi di Chivasso, si presenta con una sobria facciata in mattoni a vista ed è un bell’esempio di palazzo tardo barocco, risalente al XVIII secolo.
E’ lì che, il 19 Dicembre 1943, venne sottoscritta la dichiarazione dei rappresentati delle Popolazioni Alpine, nota come la “Carta di Chivasso” . Un documento di straordinaria attualità che costituì un contributo importante nel successivo dibattito sulla nuova Carta Costituzionale e fu alla base della redazione dell’art. 5 della stessa sul riconoscimento delle autonomie locali.
Il testo, redatto a conclusione di un convegno clandestino, fu firmato alla presenza dei rappresentanti del CNL chivassese, nello studio del geometra Edoardo Pons, da Emile Chanoux ed Ernesto Page della resistenza Valdostana, da Osvaldo Coisson, Gustavo Malan, Giorgio Peyronel e Mario Alberto Collier della resistenza Valdese.
La “Carta di Chivasso”, insieme al “Manifesto di Ventotene”, redatto nel 1941 da Altiero spinelli ed Ernesto Rossi, costituisce la base del moderno pensiero autonomista e federalista italiano ed europeo. Quel freddo dicembre del 1943, segnò l’inizio di un processo originale ed attualissimo, legando alle rivendicazioni antifasciste l’idea dell’autonomia e del federalismo dei territori alpini.
Un tema oggi attuale, in tutte le “terre alte” e particolarmente in una provincia come il Vco che, con le consorelle Belluno e Sondrio, rappresenta sul territorio nazionale la montagna vera.
Quella montagna dove tutto si declina attraverso il trinomio altitudine, asperità e clima. Un trinomio imperfetto, a ben vedere, perché bisognerebbe allargarlo alla difficoltà dei collegamenti, ai costi sociali, alla cura del territorio. Tornando alla Carta, che per molti rappresenta una vera e propria “Costituzione delle terre alte”, si può notare che, in essa, s’incrociavano due aspetti decisivi: l’unicità del territorio montano e il bisogno di autogoverno.
Da una parte gli alpeggi, le valli, i boschi che furono luogo di rifugio e di “formazione” per una generazione di democratici che lo scelsero come teatro della lotta di Liberazione; dall’altra gli aneliti d’autogoverno che le popolazioni alpine hanno sempre manifestato e che, in quegli anni, – in qualche modo – si esemplificarono nelle Repubbliche partigiane e, in particolare, in quella dell’Ossola, con il suo governo dei “quaranta giorni di libertà”.
C’è, a ben vedere, un nitido legame tra la Resistenza, un progetto di società e di collocazione delle montagne sulla scena nazionale che, settant’anni dopo, pone ancora domande e attende ancora risposte.

Marco Travaglini

CONSIGLIO PROVINCIALE: UN TRISTE SPETTACOLO

borghiSo di sparare sulla Croce Rossa, parlando del Consiglio Provinciale del VCO. Ma quello che è accaduto all’ultimo consiglio provinciale i è la dimostrazione della bontà della riforma che stiamo attuando. La mancanza del numero legale, figlia dei giochetti di correnti, segreterie e spappolamenti vari in cui la destra locale è finita, sta a testimoniare che questo modello di rappresentanza (cancellato dal ddl Delrio già approvato alla Camera) è ormai fuori dalla realtà.”
Lo dichiara Enrico Borghi, deputato del Verbano Cusio Ossola, che continua “Fuori dal “Palazzo” della politica provinciale i temi di oggi sono l’emergenza neve, i 18.000 cittadini rimasti senza energia elettrica, gli interventi di protezione civile.
“Dentro il “Palazzo” si discute del perchè continui a mancare il numero legale, e di come sia possibile che la presidenza di una municipalizzata condizioni l’esistenza di una maggioranza che ora non è più nè politica nè numerica.
Detto per inciso, quelli che hanno causato questa situazione sono gli stessi che da mesi strillano contro il supposto attacco alle prerogative democratiche, a seguito della nostra decisione di stabilire che siano i Sindaci ad assumersi la responsabilità gestionale della Provincia.
Sono più che convinto che se il ddl Delrio fosse stato legge, oggi il Consiglio Provinciale (essendo composto da Sindaci) avrebbe avuto il numero legale e avrebbe affrontato le emergenze quotidiane. Invece, assistiamo a questo triste scenario di chi si chiude nella torre eburnea, e utilizza le istituzioni per spettacolini da tarda e cadente prima repubblica.”

POSTI LETTO NELLE RSA DEL VCO: ennesimo errore della giunta Cota

Aldo Reschigna
Aldo Reschigna

La cancellazione dei posti letto di sollievo nelle RSA di Domodossola, Premosello e Cannobio per concentrare 90 posti letto di continuità assistenziale all’Eremo di Miazzina era stata affrontata a ottobre in una riunione con i sindaci ossolani e di Cannobio, l’assessore Cavallera, il direttore generale dell’Asl del VCO e i direttori generali della sanità e dell’assistenza.
L’impegno allora assunto dall’assessore era di trovare una soluzione entro lo scorso 10 novembre. Cosa che naturalmente non è avvenuta, a dimostrazione ulteriore del modo emergenziale con cui viene gestita la sanità regionale. La lettera del direttore generale dell’Asl VCO di disdetta dei posti letto senza che sia stato costruito un nuovo progetto ha accresciuto il senso di disorientamento nell’Ossola e a Cannobio su questo tema.
Ora pare che la Giunta Regionale il 30 dicembre assumerà una delibera con cui assegnerà 20 posti letto di continuità assistenziale all’Ossola, senza che su questo ci sia stato un nuovo confronto con gli amministratori locali, come si era impegnato a fare l’assessore a ottobre.
Gli amministratori si vedranno dunque recapitare una delibera di Giunta che imporrà dalla mattina alla sera decisioni che creeranno squilibrio economico nelle RSA, dovendo anche decidere dove collocare questi 20 posti letto. Questo modo di gestire l’integrazione sociosanitaria è inaccettabile.
Peraltro sottolineo un aspetto non secondario: non voler decidere attraverso un confronto che lasci il tempo di costruire soluzioni per risolvere il problema, ma unicamente aumentando i posti letto di continuità assistenziale, porterà come conseguenza a un numero eccessivo di posti letto nel VCO (20 nell’Ossola, 90 a Miazzina e 30 alla Sacra Famiglia) che rischiano di essere posti letto solo sulla carta, perché sarà l’Asl a decidere effettivamente quanti utilizzarne.
Oltre alla beffa, dunque, il danno di strutture che immaginano di avere un budget a disposizione che alla fine dell’anno risulterà inferiore. Per queste ragioni concordo con la richiesta degli amministratori ossolani di un incontro urgente con la Regione Piemonte per affrontare il problema.

Aldo Reschigna , capogruppo PD in consiglio regionale

PROVINCE: SOLO UN PROVVEDIMENTO TAMPONE?

gianni desantiLa Camera dei Deputati ha approvato nei giorni scorsi un disegno di legge che modifica fortemente le attuali Province. Ci dovrà essere ancora un passaggio al Senato e poi sarà legge. Non più elezioni dirette, non più Giunta, ma ente di secondo grado eletto dai Comuni, senza oneri aggiuntivi per “le poltrone dei politici”. Il Ministro Del Rio parla di svolta storica, altri criticano fortemente il provvedimento anche se da versanti opposti: qualcuno dice che le Province costano poco e dovrebbero rimanere come sono ora, altri vorrebbero una riforma della Costituzione che le abrogasse del tutto. Certo serviranno aggiustamenti e una più complessa e organica riforma, ma a me sembra che stiamo per fare un passo in avanti significativo:
• si riconosce che un soggetto intermedio tra Regioni e Comuni è necessario per gestire i servizi intercomunali come strade, gestione del territorio, ambiente;
• si ritiene che tale soggetto debba essere emanazione diretta dei Comuni;
• si pongono le basi per un superamento di tutti gli altri “consorzi” sovracomunali come Coub rifiuti, ATO dell’acqua, CISS, ecc. e , contemporaneamente, si regolamentano le “unioni dei comuni (più rafforzate) per la gestione associata dei servizi strettamente locali;
• si distingue tra province “normali”, aree metropolitane e “province montane e di confine” come il VCO cui assegnare autonomia finanziaria (canoni idrici certi, ristorni frontalieri, compensi pubblici per la produzione di energia), ruoli e funzioni più ampie;
• si assegna a questo nuovo soggetto un ruolo “meno politico” e “più tecnico” che dovrebbe anche consentire meno frizioni tra gli schieramenti e più concretezza.
Sia pure con il beneficio d’inventario, non condivido quindi le stroncature che provengono da più parti, consapevole – peraltro – che quanto ho segnalato di positivamente significativo dovrà essere conquistato con coerenza e determinazione.
Ulteriori considerazioni per quanto ci riguarda come Verbano Cusio Ossola
Quanto approvato alla Camera ci consegna un soggetto provinciale di “area vasta” che, paradossalmente, è più vicino alla “provincia nuova ed autonoma” che auspicavano coloro che hanno lottato per il distacco del VCO da Novara, proprio mentre scompare la Provincia tradizionalmente intesa.
Non è un aspetto secondario proprio nei giorni in cui l’attuale Consiglio Provinciale, a guida Nobili e centro destra, dichiara per il secondo anno consecutivo un corposo deficit di bilancio (tra 2012 e 2013 circa 4 milioni di € di passivo accertato e chissà quanti residui attivi non esigibili) e avvia la procedura per sanare – se possibile – questa situazione con il controllo di Corte dei Conti e Ministero.
E’ del tutto evidente che l’attuale organizzazione della Provincia è strutturalmente fuori controllo e non più compatibile da un punto di vista finanziario; potrà svolgere un ruolo solo con una profonda ristrutturazione, con meno servizi e spese generali – da una parte – e con competenze e risorse più specificamente determinate dall’altro. Solo in questi modo (e non difendendo l’indifendibile) sarà anche possibile dare garanzie al personale che dovrà comunque essere disponibile a rivedere ruoli e funzioni.

Gianni Desanti,
responsabile emti locali PD vco

Verbania Protagonista: il giornalino di Silvia Marchionini

silviaE’ uscito in questi giorni sia on line (clicca qui) che in formato cartaceo, un foglio informativo curato da Silvia Marchionini.
Foglio che indica il perchè della sua candidatura alle primarie del centro sinistra, per la scelta del candidato Sindaco alle elezioni del maggio 2014, e che riassume le proposte di Silvia per la città:
– un patto per il lavoro.
– Il comune aiuta famiglie e imprese.
– Prendersi cura della città: bella ed accogliente.
– Verbania capitale del territorio.
– Eventi tutto l’anno.