Cirio e Preioni scappano dal confronto sul nuovo ospedale del Vco: respinta la richiesta di consiglio aperto

Cirio e icardi fanno gli struzzi sul nuovo ospedale del Vco mentre Preioni imbavaglia il territorio: respinta la richiesta di consiglio aperto

“Chi governa il Piemonte fa lo struzzo sulla rete ospedaliera del Vco. Presidente e assessore nascondono la testa sotto la sabbia per non ascoltare la protesta unanime del territorio, ma la scelta resta sbagliata, così come restano le tante voci autorevoli che chiedono l’ospedale unico”.
Il vicepresidente della Commissione Sanità di Palazzo Lascaris e segretario regionale del Partito Democratico, Domenico Rossi, torna ad attaccare la maggioranza che ha proposto una Pdcr, con cui si prevede il recupero totale dei due ospedali di Domodossola e Verbania e cancella con un colpo di spugna la realizzazione dell’ospedale unico di Ornavasso, sul quale si era raggiunto un accordo ed erano stati individuati anche i fondi necessari.
“E’ proprio il caso di dirlo: quanto il gioco si fa duro… la destra scappa e svela il suo vero volto. Quello di chi si tira indietro di fronte alle proprie responsabilità politiche e amministrative venendo meno al compito più importante di chi si assume l’onere di governare: prendere le decisioni. Ecco perché la questione del VCO non può essere derubricata a questione locale. Il Presidente Cirio e l’Assessore Icardi antepongono la tenuta e la tranquillità all’interno della maggioranza agli interessi dei cittadini del VCO, piegandosi ai diktat della Lega e delegando al Consiglio Regionale una scelta che loro non sono stati in grado di assumere” dichiara il consigliere Dem.
“Dopo aver negato le audizioni nel corso della IV commissione, infatti, ieri, durante la conferenza dei capigruppo il consigliere Preioni, nel silenzio degli alleati di maggioranza, ha negato anche il consiglio aperto chiesto dal PD. Un momento che avrebbe permesso ai consiglieri di ascoltare anche le voci esterne al consiglio, come sindaci, ordine dei medici e sindacati” spiega Rossi sottolineando la giustificazione addotta dal capogruppo del Carroccio: “ci ha invitati a cercare su Internet le posizioni emerse sul territorio perché sarebbero già note”.
“Ma come possono i consiglieri decidere consapevolmente senza aprire un confronto costruttivo con il territorio, gli amministratori locali e i portatori di interessi?” domanda il vicepresidente della Commissione Sanità.
Da un lato, dunque, si stronca ogni forma di dialogo, dall’altro si accelera l’iter. “Lo stesso Preioni non solo ha imbavagliato il territorio, ma ha anche forzato la mano in consiglio regionale per calendarizzare con urgenza la Pdcr all’ordine del giorno” riferisce Rossi.
“Eppure solo pochi giorni fa si è svolto un Consiglio aperto sul nuovo ospedale torinese della Pellerina, su cui Giunta e Comune erano già d’accordo, solo perché Fratelli d’Italia doveva piantare una bandierina. Per il VCO, invece, nulla. Perché tanta fretta? Di cosa ha paura Preioni? Forse dell’ennesima contestazione unanime del territorio? Non è fuggendo dal confronto che si risolvono i problemi, così come non si cancella l’ignavia di questa maggioranza” sottolinea il rappresentante democratico.
“Assistiamo ancora una volta all’umiliazione delle istituzioni, usate come un palcoscenico per risolvere problemi interni alla destra e non per servire i cittadini. Preioni e la maggioranza possono continuare a scappare negando le audizioni e il consiglio aperto, ma non metteranno il bavaglio all’Assemblea dei Sindaci del VCO, all’Ordine dei Medici e a tutte le realtà e cittadini che si sono espressi in questi anni. Il PD e le forze di opposizione saranno il loro megafono in commissione e in consiglio. Non ci arrenderemo e faremo tutto il possibile per concedere loro uno spazio di confronto” conclude Rossi.

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Solidarietà ad Arcigay per l’aggressione al banchetto di Verbania: un gesto meschino di intolleranza

Apprendiamo con sgomento dell’aggressione subita dalle attiviste e attivisti di “Arcigay – nuovi colori” nella giornata di sabato 20 maggio in p.zza Ranzoni a Verbania.

Questo gesto, di un uomo che prima verbalmente e poi fisicamente ha contestato la presenza degli attivisti aggredendoli e distruggendo il banchetto informativo, è purtroppo l’ennesimo di una narrazione tossica e violenta, alimentata da parole e discorsi di odio con i quali la comunità LGBTQI+ e tutti coloro accusati di vivere una vita “non conforme” si trovano ad avere a che fare tutti i giorni.

Siamo stanchi di assistere ad azioni violente ed omofobe che, come riportano i dati diffusi dall’osservatorio “Omofobia.org”, nel periodo compreso fra marzo 2022 e marzo 2023 hanno coinvolto oltre 165 persone, con un triste primato riguardante la Regione Piemonte, sede della maggior parte di aggressioni di gruppo a livello nazionale. Dati sicuramente arrotondati per difetto, come ricordano gli stessi estensori del report pubblicato in occasione della Giornata Mondiale contro l’omotransfobia, ma che rendono in maniera chiara la portata di un fenomeno preoccupante e in crescita.

Una violenza figlia dell’intolleranza e dell’arroganza con cui certi settori della società (e numerose forze politiche conservatrici) e singole persone si permettono di giudicare le esistenze di molte e molti cittadini.

Come Partito Democratico difendiamo il diritto di ciascuna e ciascuno a vivere con serenità il rapporto con se stessi e con gli altri, battendoci al fianco delle organizzazioni impegnate a lavorare tutti i giorni per la tutela dei diritti di tutte quelle persone che se li vedono contestare giorno per giorno: per questo manifestiamo la più completa solidarietà alle attiviste e attivisti di “Arcigay – nuovi colori” e ci mettiamo a loro disposizione fin da subito per sostenere una battaglia che è anche nostra, nelle forme e nei modi che riterranno più congeniali.

Nel frattempo, continueremo a lavorare per le strade, con la comunità e nelle aule istituzionali, perché fatti del genere non si ripetano, affinché il tempo della discriminazione e della violenza possa diventare rapidamente un triste ricordo del passato.

Marco Magni, Segretario Circolo PD Verbania
Segreteria Circolo PD Verbania

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Intervista de Il Verbano alla Segretaria provinciale Alice De Ambrogi

? «La vicenda è stata piuttosto inaspettata». Alice De Ambrogi, segretaria provinciale del Partito Democratico, torna sulla scelta del senatore Enrico Borghi di lasciare il partito per passare a Italia Viva. A richiamare l’attenzione è stata anche l’intervista che il senatore ha rilasciato al nostro settimanale.
Come ha reagito all’annuncio di Borghi?
«Ammetto che dopo le reazioni di pancia del momento, mi piace riflettere. E mi sono chiesta se avessi potuto prevedere questa sua scelta».

Che risposta si è data?
«Mi sono detta, no, non era possibile prevederlo. Anche all’interno del partito ne abbiamo parlato. Abbiamo fatto un’assemblea provinciale, aperta agli iscritti, perché un evento politicamente così rilevante merita una discussione. In tutti prevale la delusione. E pur rispettandole, ritengo però che le motivazioni avanzate dal senatore Borghi siano piuttosto fragili e abbiano un carattere di livello nazionale. Lo conferma il fatto che a livello locale si è cercato sempre di lavorare bene da parte di tutti e che quindi la scelta di lasciare il partito non abbia radici in loco».

Sulle motivazioni nazionali cosa pensa?
«Dico questo. Elly Schlein interpreta un cambio di rotta rispetto ad alcune scelte all’interno del partito. Ma si fa sempre parte tutti quanti del partito, dove coesistono diverse sensibilità. E poi è segretaria da poco tempo e credo che non abbia ancora avuto modo di esprimere nei fatti ciò che propone. Per questo non ho capito le tempistiche di questa scelta di lasciare il partito. Credo che si debba attendere per valutare l’operato di un segretario, come è sempre stato nella storia del nostro partito».

È vero, come dice Borghi, che il Pd è diventato un partito massimalista?
«Sempre nel rispetto delle opinioni di ciascuno, credo che non si possa però leggere la realtà del mondo attuale con delle categorie che riguardano il passato, che fanno parte di una stagione politica lontana. Il mondo oggi cambia molto velocemente ed è profondamente diverso. Il Pd è stato fondato dall’unione di più culture politiche e queste radici certamente non vanno rinnegate. Ma come ci sono le radici, ci sono poi anche i germogli che rappresentano qualcosa di nuovo, di diverso. È necessario saper leggere il presente».

Come lo vede questo presente?
«Credo che oggi vi siano evidenti fragilità. Il divario tra chi ha tanto e chi ha poco è ampio, forse molto di più che nel passato. La mia generazione così come le successive soffrono questa fragilità della società, perché è difficile crearsi una stabilità che permetta di costruirsi un futuro. A soffrire maggiormente questa fragilità sono i giovani e le donne. Un partito di centrosinistra come il Pd che ambisce a governare non può non tenere conto di queste fragilità: donne, lavoro, giovani, ambiente. Parlare di massimalismo in questo quadro è abbastanza lunare».

Con il senatore Borghi vi siete sentiti?
«Non ancora. Né lui mi ha chiamata né io ho chiamato lui. Ogni cosa a suo tempo. Non mi piacciono le forzature. Credo nella semplicità dei rapporti».

Veniamo al Pd locale. Come sta?
«Il giudizio sul nostro lavoro dovrebbero darlo gli altri, ma dal mio punto di vista dico bene. Oggi, parlo in generale della società, rispetto al passato c’è una tendenza maggiore all’individualismo e si fatica a dare un’impostazione collettiva. Questo vale anche per i partiti. Il Pd è quello che però tra tutti mantiene forte questa tensione alla collettività. Non è un partito personale. E questo è, dal mio punto di vista, un elemento importante. Con fatica riusciamo a mantenere questa dimensione di collettività, di persone che si incontrano e si confrontano».

È tutto perfetto, dunque?
«Non dico questo. Ma stiamo bene e qualche buon risultato recente lo dimostra».

Si riferisce alle elezioni comunali?
«Sì. La valutazione è positiva. Non ovunque è andata bene, è vero. Ma penso che anche nelle sconfitte, come a Villadossola, è necessario trovare un lato positivo. La campagna elettorale porta a una partecipazione e a un entusiasmo che poi bisogna essere bravi a saper alimentare anche se non si vincono le elezioni. Però quel progetto politico, quelle persone che hai saputo coinvolgere attorno a quel progetto, deve e può proseguire anche all’opposizione».

A Omegna invece avete vinto
«Sì, non da soli, ma condividendo il progetto civico. Il grande merito è aver deciso di proseguire su un’intuizione che il sindaco Soressi ci ha lasciato come eredità».

L’astensionismo alle urne preoccupa. Come si può ricucire lo strappo tra politica e cittadini?
«Dobbiamo per prima cosa essere noi stessi a non screditarla. Bisogna parlare di politica in maniera diversa e spiegare che cos’è la politica e che cosa facciamo. Tante volte ho l’impressione che per molti cittadini anche solo entrare in una sede di partito sia imbarazzante. Sta a noi essere maggiormente accoglienti e sta ai cittadini comprendere che non succede nulla di strano tra queste mura. Di fondo è necessario ricostruire un rapporto di fiducia tra i partiti e le persone, dimostrando di essere credibili. Solo così si può creare un luogo aperto, di incontro e confronto, coinvolgendo le persone».

In concreto, come si possono coinvolgere le persone?
«Questa è una domanda a cui non ho una risposta netta. È una domanda che da quando sono segretaria provinciale del Pd mi pongo spesso. A oggi è una domanda aperta. A volte fai bene, a volte sbagli». Tra un anno si torna al voto in diversi comuni del Vco, tra cui Verbania.

Come si prepara il Pd locale?
«Come segreteria provinciale per le elezioni comunali supporteremo i circoli locali del partito per costruire un progetto politico e poi per individuare una persona che incarni questo progetto. Un progetto condiviso e collettivo deve tenere conto dei problemi che ci sono, trovare le soluzioni per risolverli. Un progetto deve tenere conto del buono che è stato fatto, là dove già stai amministrando, ma deve anche saper immaginare il futuro, perché le persone ti ridanno la fiducia sulla base del futuro che sai costruire con loro. La politica non è solo la lettura del presente, ma amministrare è anche avere una visione a lungo termine e saperlo comunicare alla gente».

Questo vale anche per un progetto di sanità nel Vco?
«La nostra posizione è chiara, lo è sempre stata. Il territorio ha bisogno di un ospedale unico e baricentrico. Lo sostengono anche i tecnici, i medici. Non capisco questa sordità da parte del governo della Regione. L’aver delegato ora il Consiglio regionale, lo reputo come il non sapersi assumere le proprie responsabilità. La politica e, soprattutto, il governare è avere il coraggio di scegliere».

Francesco Rossi – Il Verbano

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Ospedali del VCO: il PD chiede un Consiglio regionale aperto

In commissione Sanità lunedì a Torino il Pd ha chiesto di procedere con audizioni al presidente dell’ordine dei medici del Vco e ad alcuni sindaci. I democratici chiedono di ascoltare voci del territorio per approfondire la questione su cui il Consiglio regionale è chiamato a esprimersi in merito alla riorganizzazione sanitaria nel Verbano Cusio Ossola.
Una delibera di giunta dà preferenza all’opzione di ristrutturazione degli ospedali di Verbania e Domodossola, ma la maggioranza dei sindaci il 1° luglio di un anno fa aveva votato per la costruzione di uno nuovo, dove concentrare risorse umane e tecnologiche. In commissione Sanità la Lega ha detto no. I democratici ci hanno riprovato l’altro ieri nella riunione dei capigruppo.
Hanno chiesto un Consiglio regionale aperto, in cui possano prendere la parola portatori d’interesse della piccola provincia dalla specificità montana. «Il capogruppo della Lega Alberto Preioni sta valutando cosa risponderci» riporta Domenico Rossi, consigliere e segretario regionale del Pd. «Si vedrà» dichiara laconico l’ossolano Preioni, primo promotore dell’opzione fatta propria dalla giunta regionale, nella consapevolezza che una quadra su una collocazione davvero condivisa del nuovo e unico ospedale non si trova.
I sindaci dei centri più grandi (a eccezione di Cannobio) restano ancora dell’idea, come gli addetti ai lavori, che quella dell’ospedale unico è la sola strada per garantire ai cittadini una sanità locale che non costringa a rivolgersi altrove, soprattutto perché non si ha personale sufficiente per i due ospedali.
Intanto Gianni Morandi, presidente della Conferenza degli 81 sindaci dell’Asl Vco, l’ha presa male. «Sono sempre moderato nei toni, ma la risposta che ho avuto dalla direzione generale dell’Asl è un insulto: a me, ai colleghi e ai cittadini che rappresento». Tre giorni fa alla direttrice Chiara Serpieri ha inoltrato quella che definiva «la madre di tutte le domande» in merito alla decisione regionale. «Chiedevo lumi sulla possibilità di deroga alla normativa tuttora in vigore, senza la quale nel Vco non possono esserci due Dea» ricorda Morandi. La risposta dell’Asl ribadisce che la scelta finale spetta al Consiglio regionale e se l’assemblea si esprimerà per la demolizione e la ricostruzione di San Biagio e Castelli, il presidente del Piemonte Alberto Cirio e l’assessore alla Sanità Luigi Icardi negozieranno con il ministero per ottenere la deroga.
«Mettiamo che venga concessa, l’Asl sarebbe in grado di assicurare a ciascuno dei due ospedali tutti i reparti necessari per un vero Dea?
» chiede Morandi. La risposta dell’Asl è stata: si valuterà come adeguare l’organizzazione in base a legislazione vigente, sostenibilità economica e gestionale.
«E’ così fumosa – dichiara Morandi – da risultare irrispettosa anche per il presidente Cirio che aveva chiesto di darci riscontro con chiarezza. Tra le righe si legge ciò che è evidente. Non si facciano illusioni i sostenitori della riproposizione dell’ospedale plurisede: uno dei due forse avrà un Dea di primo livello, l’altro poco più di un pronto soccorso».
– © RIPRODUZIONE RISERVATA  -La Stampa VCO
19 maggio 2023

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Sulla sanità da Cirio e Preioni una proposta irricevibile e senza alcuna certezza. Servizi ospedalieri e territoriali in enorme difficoltà.

Comunicato Stampa

Sulla sanità da Cirio e Preioni una proposta irricevibile e senza alcuna certezza. Servizi ospedalieri e territoriali in enorme difficoltà.

L’unico dato emerso dalla riunione di ieri, tra il Presidente Alberto Cirio e la rappresentanza dei Sindaci della ASL VCO, è che ancora non ci sono certezze sul futuro della Sanità ospedaliera nel VCO.
Dopo quattro anni di immobilismo assoluto, con la caduta libera della qualità dei servizi sanitari nel VCO, il percorso amministrativo prospettato ai Sindaci è una delibera di Giunta regionale che contiene sia l’opzione di un nuovo e unico ospedale sia l’opzione di una ipotetica demolizione e ricostruzione dei due presidi attuali. La decisione sarebbe però demandata al Consiglio Regionale.
Insomma, si butta ancora la palla in tribuna per tirare a campare e arrivare a fine legislatura senza di fatto aver mosso un dito.
Tra l’altro la seconda proposta, quella di mantenere i due ospedali (perseguita da Cirio e Preioni) dovrebbe passare attraverso una richiesta di deroga al ministero per avere i due DEA. Insomma, un percorso burocratico molto lungo e che vedrebbe l’ipotetica operazione di demolizione e ricostruzione dei due complessi, passare attraverso difficili fasi progettuali, come ammesso anche dalla Direzione Generale dell’ASL, con la difficoltà legata al fatto che dovrebbe avvenire senza pregiudicare il funzionamento dei reparti.
E si prospettano molti anni, almeno sette o otto per vedere questo progetto eventualmente realizzato. Un’eternità.
Una proposta, quella dei due ospedali, senza che sia minimamente chiaro (non c’è infatti uno straccio di documento in proposito) quali reparti si manterranno, oltre ai 150 posti letto per presidio genericamente indicati.
Ed è proprio su questi contenuti che durante la riunione di ieri si sono “ascoltati” i silenzi più imbarazzati dalla Giunta regionale di destra: saranno mantenuti due veri Dea con tutti i reparti che devono avere per poter funzionare? O sarà mantenuto il modello dell’ospedale unico plurisede con mezzo Dea a Verbania e mezzo a Domodossola, come sta avvenendo da anni, con tutte le difficoltà ben note?
A giudicare dal silenzio a queste domande vi è il rischio concreto di ritrovarsi ad un certo punto a dover scegliere se rinunciare al Dea di Verbania o a quello di Domo. Non  solo per una questione normativa, bisogna ottenere una deroga nazionale che ancora non c’è, ma di funzionalità perché tutti sanno che non basta mettere un’insegna recante la dicitura DEA per averne l’operatività; devono esserci tutta una serie di reparti con personale e attrezzature idonee che al di sotto di certi bacini di utenza perdono di capacità di risposta, non solo in termini di costi, ma purtroppo anche di qualità.
Per questo ribadiamo che la scelta della destra di Cirio e Preioni, di abbandonare la strada della costruzione di un nuovo ospedale baricentrico (richiesto a gran voce dalla maggioranza dei Sindaci, operatori sanitari ecc.), affiancato da una forte presenza della medicina territoriale e delle Case della Salute, per noi è un clamoroso errore.
I servizi disastrosi (nonostante il generoso impegno di chi ci lavora), le visite per cui si aspettano mesi se non anni, l’impiego massiccio e sempre più forte dei medici gettonisti sono l’allarme che ormai da anni suona forte e chiaro.
Cirio e Preioni fanno finta di niente e presentano un progetto senza contenuti!

Alice De Ambrogi
Segretaria Provinciale PD e Segreteria Provinciale

? www.stoplisteattesa.it

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Così si affossa la sanità del Vco: dalla rappresentanza dei Sindaci Asl un coro unanime.

Marchionini, Pizzi, Quaretta, Archetti e Morandi, critici su quanto prospettato dalla Regione

Non sono mancati gli scontri a distanza nella riunione in videoconferenza con i vertici della Regione ed i tecnici nella seduta della rappresentanza dei sindaci Asl che si è riunita a Palazzo Beltrami.

Botta e risposta acceso prima tra il sindaco di Quarna Sopra Augusto Quaretta e il presidente Cirio e poi tra lo stesso governatore e la sindaca di Verbania Silvia Marchionini. Sostanzialmente è stato annunciato quanto si sapeva: sarà il consiglio regionale che dovrà esprimersi sulla delibera di giunta che prevede la rigenerazione degli ospedali di Verbania e Domodossola, con 200 milioni di euro complessivi e 150 posti letto per ciascun nosocomio.

“Un passaggio francamente che si potrebbe anche evitare, dall’esito scontato” hanno ironizzato sia Marchionini che Pizzi, sottolineando che sia impossibile come il consiglio regionale voti contro la soluzione esposta dalla maggioranza.

“Sono risorse certe quelle che mettiamo in campo, non promesse e demagogia: 190 milioni dallo Stato a fondo perduto e la restante parte in carico alla Regione. Bisogna capire e rendersi conto che il Covid ha cambiato il mondo e di riflesso anche la sanità, specialmente nei territori più periferici. Il Dea? Chiederemo una deroga, anche perchè possiamo utilizzare i 15 milioni risparmiati” ha spiegato Cirio.
“E’ una soluzione quella che viene prospettata – così la direttrice dell’Asl Chiara Serpieri – che avrebbe dei tempi più lunghi rispetto ad una realizzazione ex novo ma che ha delle ragioni d’essere. Nello specifico ci sarebbero due edifici più grandi rispetto a quelli attuali, ma senza ulteriore consumo di suolo. Si andrebbe a demolire e ricostruire gli esistenti, senza pregiudicare però i servizi”.

Un coro di critiche però si è levato subito dopo la presentazione da parte dei tecnici. “Io rispetto il lavoro che è stato fatto- così il sindaco di Gravellona Gianni Morandi- ma questa non è la soluzione giusta per il Vco. Si sceglie di non decidere, si sceglie di affossare la sanità nel nostro territorio”.

Duro il commento di Silvia Marchionini. “Tante belle parole, ma concretezza e risposte certe sono assenti. Non si sa nulla, al di là di promesse che offendono la nostra intelligenza, dei Dea, non si quali reparti andrebbero dove e come, non di dicono nulla della organizzazione ospedaliera. Siamo nel classico binario morto, proprio a un anno dalle elezioni regionali- ha tuonato la sindaca di Verbania. Ironico il sindaco di Quarna Sopra Quaretta.

“Ci dicono che ci vorranno dieci anni per queste rigenerazioni, ma nel frattempo ne sono passati più di venti. Non si ascolta chi sta in trincea tutti i giorni, medici, infermieri, operatori, che da sempre urlano la necessità di una struttura nuova”

Duro anche il commento del primo cittadino domese: “Ho ascoltato senza pregiudizi. Sono arrivato che il San Biagio doveva chiudere e ora ci spendono 100 milioni di euro. Ma chiedo: i 200 milioni di euro potrebbero essere usati per un ospedale nuovo? Si. Con circa 150 milioni di euro potremmo farlo, con 300 posti. La spesa governativa per la sanità sarà in discesa. Risparmieremmo 50 milioni. Ma al di là delle deroghe DEA quello che noi non abbiamo sentito è cosa ci va in questi ospedali. Per un DEA la normativa prevede una serie di requisiti. Significa avere due doppioni, due ospedali veri e non due mezzi ospedali come quelli prospettati. Personale compreso. Dove lo troviamo? E poi c’è il problema della tempistica. Con le difficoltà logistiche di lavorare in quelle aree. Non ci credo che si possa fare in 6 anni”.

Articolo da VCO NEWS  https://www.vconews.it