Ammonta complessivamente a MEZZO MILIONE DI EURO euro la somma complessiva che verrà restituita ai Comuni del Verbano Cusio Ossola, a seguito del decreto correttivo emanato venerdi
scorso dal Consiglio dei Ministri in materia di Imu agricola che esenta totalmente dal pagamento i terreni agricoli dei comuni classificati totalmente montani ai sensi della normativa statale (legge 991/52).
La somma era stata tagliata ai Comuni a fine novembre, a seguito di un precedente decreto che tratteneva sui trasferimenti statali alle municipalità (cosidetto “fondo di solidarietà”) la quota corrispondente al dato di gettito stimato da Ministero dell’Economia sulla base di parametri altimetrici.
Tale modalità, realizzata a bilanci ormai chiusi e sulla scorta di parametri fortemente discutibili, aveva determinato la protesta dei sindaci, di cui si è fatto prontamente interprete l’intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna, presieduto dal deputato del VCO on. Enrico Borghi, che lo scorso 12 gennaio ha organizzato alla Camera una riunione tra una nutrita delegazione composta da centinaia di sindaci e il governo per risolvere la situazione.
Al termine di giorni di serrato confronto tra Parlamento e Governo, alla fine è giunto il decreto che ripristina l’esenzione dei terreni montani dal pagamento Imu, e quindi per la montagna ciò si configura come doppio vantaggio: da un lato i cittadini non saranno
chiamati a pagare nessuna imposta, e dall’altro i Comuni si vedranno restituite le somme che gli erano state trattenute.
“Siamo soddisfatti per l’esito della vicenda –commenta l’on. Enrico Borghi– in quanto da un lato assicuriamo nei confronti dei nostri cittadini, già provati da maggiori sovracosti rispetto ai residenti di città, una condizione minima di equità evitando di applicare quella che abbiamo da subito definito la tassa sui rovi, e dall’alto restituiamo al territorio quel gettito che lo Stato si era indebitamente trattenuto.
Si è dimostrata sul campo l’importanza degli strumenti della rappresentanza comunale, nonchè il ruolo del Parlamento come soggetto legislativo primario che ha saputo alla fine vincere le resistenze delle burocrazie romane“.
Di seguito l’elenco degli importi distinti per Comune:
– Anzola D’Ossola 12.708, 56
– Arizzano 1.635,94
– Baveno 8.247,97
– Bee 2.752,55
– Beura Cardezza 13.448,73
– Brovello Carpugnino 13.445,15
– Cambiasca 4.659,11
– Cannero Riviera 3.531,07
– Cannobio 17.998,87
– Caprezzo 3.081,69
– Casale Corte Cerro 10.294,41
– Cesara 10.750,041
– Cossogno 49.902,44
– Crevoladossola 22.870
– Domodossola 22.557,88
– Gravellona Toce 13.767,01
– Ghiffa 5.145,26
– Masera 16.697,95
– Mergozzo 21.743,53
– Montecrestese 22.510,64
– Montescheno 3.989,06
– Nonio 7.088,97
– Oggebbio 6.069,53
– Omegna 23.734,56
– Ornavasso 18.240,36
– Pallanzeno 2.128,95
– Piedimulera 6.500,74
– Pieve Vergonte 14.373,39
– Premosello – Chiovenda 18.819,60
– San Bernardino Verbano 9.165,59
– Stresa 819,01
– Trontano 18.613,15
– Valstrona 15.108,32
– Varzo 28.216,95
– Viganella 6.697,13
– Vignone 5.377,16
– Villadossola 17.680,74
– Vogogna 11.298,83
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Quel 27 gennaio del 1945 ai cancelli di Auschwitz
In tempi così difficili, segnati dai fatti tragici dell’estremismo islamico che si traduce in violenza e terrore,non tutti comprendono che uno dei caratteri fondamentali del futuro dell’Europa sarà quello della multietnicità e che questo futuro deve essere affrontato con fermezza ma anche con serenità, deve essere governato e non respinto
La memoria della Shoah, dell’olocausto, con l’istituzione della Giornata della Memoria, viene rievocata ogni anno attraverso il valore emblematico della liberazione del lager di Auschwitz che avvenne, appunto esattamente settant’anni fa. Il 27 gennaio del 1945 cadeva di sabato. L’Armata Rossa, e più precisamente la 60ª Armata del Primo Fronte Ucraino, arrivò nella cittadina polacca di Oswieçim (in tedesco Auschwitz), a 75 km da Cracovia. Le avanguardie più veloci, al comando del maresciallo Konev, raggiunsero il complesso di Auschwitz-Birkenau-Monowitz nel pomeriggio e attorno alle 15.oo i soldati sovietici abbatterono i cancelli del campo di sterminio , liberando circa 7.650 prigionieri. Ad Auschwitz, circa due settimane prima, i nazisti si erano rovinosamente ritirati portando con loro, in una marcia della morte, tutti i prigionieri sani, molti dei quali morirono lungo il percorso.
In realtà i sovietici erano già arrivati precedentemente a liberare dei campi nel profondo est polacco, come quelli di Chełmno e di Bełżec , ma questi, essendo di sterminio e non di concentramento, come Treblinka e Sobibòr, erano vere e proprie fabbriche di morte dove i deportati venivano immediatamente uccisi nelle camere a gas. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista. In totale, solo ad Auschwitz, furono deportate più di un milione e trecentomila persone.
Novecentomila furono uccise subito al loro arrivo e altre duecentomila morirono a causa di malattie, fame e stenti. I soldati sovietici si trovarono di fronte non solo i pochi sopravvissuti ridotti a pelle e ossa ma, durante l’ispezione del campo, rinvennero le prime tracce dell’orrore consumato all’insaputa del mondo intero: tra i vari resti, quasi otto tonnellate di capelli umani.
I morti nei campi di sterminio, ai quali vanno aggiunti anche le centinaia di migliaia di ebrei uccisi nelle città e nei villaggi di Polonia, Ucraina, Bielorussia, Russia, i morti del ghetto di Varsavia e altri ancora, furono oltre sette milioni. La ricorrenza del 27 gennaio offre una buona occasione per riflettere sulla storia agghiacciante della discriminazione e dello sterminio razzista: una storia tragica, scandita in Italia settantasei anni fa dalle leggi razziali del 1938 che cancellarono i diritti civili di quaranta mila cittadini italiani , dai luoghi dell’annientamento fisico di milioni di ebrei, di detenuti politici, di persone definite da Hitler “difettose”. Una riflessione che è parte di uno sforzo necessario per garantire la continuità delle conoscenze tra le generazioni, affinché si possa comprendere, sino in fondo, il significato del nazi-fascismo, che aveva posto a suo fondamento il principio di discriminazione; e come in ogni momento in cui questo principio riemerge , la tragedia può ripetersi. E, infatti, si ripete in un mondo scosso da guerre, eccidi, violenze dal medio oriente all’ Africa, dal continente sud americano fino all’estremo oriente. Gli ultimi esempi – in Europa – vennero dai Balcani, all’inizio degli anni ’90, in Bosnia Erzegovina e poi nel Kossovo.
Quando si riflette sul modo con cui i fatti accaduti ad Auschwitz ed in tutti gli altri “campi” debbano essere insegnati e fatti conoscere, occorre tener presente alcuni principi imprescindibili che si fondano proprio sulla consapevolezza di ciò che ha reso possibile la Shoah. Se è potuto accadere quello che è successo ad Auschwitz che, forse vale la pena ricordarlo, era un Vernichtungslager cioè – letteralmente – un lager di “nullificazione”, ciò è stato possibile perché uno Stato ha fondato la propria legittimazione sul principio di disuguaglianza.
Il nazismo si fondava, come il fascismo, sul principio di discriminazione. Senza quel principio non avremmo avuto gli orrori successivi.L’accettazione di quel principio ha prodotto come “conseguenza normale” il passaggio dalla negazione dei diritti degli ebrei al loro sterminio, con l’applicazione rigorosa di principi di efficienza e un’organizzazione razionale basata sull’applicazione metodica e quotidiana di operazioni burocratiche che Hannah Arendt descrisse, nel loro insieme, come la “banalità del male”. Gli ebrei, e con essi gli zingari, gli omosessuali e le persone “difettose” non venivano arrestati e sterminati a causa delle loro azioni, o del loro “avere”, ma solo in ragione del loro “essere”. Così i prigionieri politici, i dissidenti, gli internati militari.
Un’altra riflessione riguarda il dovere di affrontare il problema delle responsabilità, delle connivenze, degli approfittamenti e dei silenzi che vi sono stati nel nostro Paese. Sappiamo che ci furono molte manifestazioni di rischiosa e forte solidarietà. Molti ebrei furono ospitati da amici non ebrei o nascosti . Ma non fu questo il comportamento prevalente.
Il comportamento prevalente fu il silenzio. Non ci fu solo chi salì in cattedra grazie all’espulsione dalle università dei professori definiti di razza ebraica. Anche dopo l’inizio delle deportazioni ci furono casi non isolati di cittadini italiani che accettarono di segnalare il proprio vicino ebreo alle autorità nazifasciste in cambio di qualche soldo. Alcuni di questi, anche dopo la guerra, non si vergognarono di uscire indossando i vestiti e gli oggetti preziosi sequestrati nelle case di coloro che avevano denunciato.
E’ stata raccolta una mole impressionante di documenti che testimoniano l’efficienza con la quale la burocrazia italiana procedette alla sistematica spoliazione dei beni di cittadini definiti di razza ebraica. Funzionari ed impiegati si impegnarono per la compilazione, e la solerte messa a disposizione dei nazisti, delle liste dei deportati per i campi di sterminio. Si tratta di 8566 persone di cui solo 1009 sono sopravvissute. Fu uno zelo disonorante. Ecco perché il dovere della memoria della Shoah, il non dimenticare mai quanto accadde allora, è parte integrante dell’impegno permanente contro l’indifferenza, contro il torpore della memoria.
La capacità di lottare contro il principio di discriminazione che costituisce la più grave forma di iniquità sociale è uno dei capisaldi della dignità di uno stato democratico. Non va scordato.In tempi così difficili, segnati dai fatti tragici dell’estremismo islamico che si traduce in violenza e terrore,non tutti comprendono che uno dei caratteri fondamentali del futuro dell’Europa sarà quello della multietnicità e che questo futuro deve essere affrontato con fermezza ma anche con serenità, deve essere governato e non respinto.
Un lavoro di formazione, di trasmissione di valori, sentimenti, ideali molto impegnativo ma necessario per dare un senso alla vita e permettere che la vita abbia un senso.
Marco Travaglini
Un Piano Strategico per il basso-Toce: incontro a Verbania
“Un Piano Strategico per il basso-Toce: una sfida possibile?”
Relatori:
Claudio ZANOTTI – membro segreteria PD Verbania
Roberto RIPAMONTI – architetto-urbanista
Mauro MANTELLI – ex assessore alla pianificazione strategica del Comune di Cuneo
Moderatore:
Davide Lo Duca – capogruppo PD Verbania
Intervengono:
Silvia Marchionini – sindaco di Verbania
Aldo Reschigna – vicepresidente Regione Piemonte
Enrico Borghi – deputato PD
Stefano Costa – presidente Provincia VCO
Riccardo Brezza – segretario PD Verbania
Antonella Trapani – segretario PD VCO
IMU agricola: nel 2015 ripristino dell’esenzione
Con riferimento alla nota questione dell’Imu agricola nei terreni montani, a seguito dell’iniziativa assunta dal responsabile nazionale agricoltura del Partito Democratico on. Sabrina Capozzolo, si è tenuta stamattina a Montecitorio una riunione con il sottosegretario al ministero dell’economia e delle finanze, on. Pier Paolo Baretta, con l’on. Capozzolo e i capigruppo Pd in commissione agricoltura (on. Nicodemo Oliverio), ambiente (on. Enrico Borghi) e finanze (on. Marco Causi) al fine di rappresentare al governo l’esigenza di riscontrare alle iniziative parlamentari assunte in tal senso nei giorni scorsi dal Pd.
Al termine del confronto, i parlamentari democratici hanno preso atto positivamente dell’annunciata intenzione del governo di stabilire dall’anno 2015 in poi il ripristino dell’esenzione ai fini del pagamento dell’Imu dei terreni agricoli montani, avendo come base di riferimento l’elenco dei comuni della cosiddetta “montagna legale” elaborato dall’Istat ai sensi della legge 991/1952, e quindi ripristinando la situazione originaria di totale esenzione dal pagamento dei terreni agricoli montani, escludendo dal pagamento altresì gli agricoltori professionali nei comuni parzialmente montani ai sensi della predetta normativa.
A tale proposito, i parlamentari democratici hanno espresso al governo l’opportunità di recepire gli stessi criteri ai fini della definizione del contenzioso in atto relativamente all’annualità 2014, esprimendo apprezzamento nei confronti dell’esecutivo che ha saputo tener conto delle numerose istanze in tal senso emerse nel corso di queste settimane dal mondo dell’associazionismo, dei comuni e dal Parlamento.
Ufficio stampa on. Enrico Borghi
Frontalieri: Borghi incontra capo negozazione Ceriani
Nella giornata del 16 gennaio si è tenuto presso la sede del Ministero dell’Economia e delle Finanze a Roma un incontro tra il capo negoziatore Vieri Ceriani e una delegazione di parlamentari del Partito Democratico composta dagli onorevoli Chiara Braga, Daniele Marantelli ed Enrico Borghi.
Nel corso della riunione sotto state affrontate una serie di importanti questioni relativamente al negoziato fiscale tra Italia e Svizzera in fase di definizione in queste ore.
Per quanto attiene l’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri, essa sarà oggetto nei prossimi giorni di un accordo politico tra i due paesi che rimanderà ad uno specifico e successivo atto da definirsi nei prossimi mesi, sganciato sotto il profilo operativo e giuridico dalla modifica della Convenzione per la doppia imposizione a seguito della legge sulla regolarizzazione spontanea dei capitali
detenuti all’estero (“volontary disclosure”).
I principi base di tale accordo politico -basato sul principio di reciprocità tra Italia e Svizzera, per cui le norme per i frontalieri italiani occupati in Svizzera varranno anche per gli Svizzeri che lavorano in Italia- risultano essere:
1. L’assoggettamento dei lavoratori frontalieri ad una imposizione limitata nello Stato in cui esercitano la loro attività lavorativa e anche all’imposizione nello Stato di residenza, mediante suddivisione del gettito fiscale derivante in ragione di un massimo del 70 per cento del totale dell’imposta prelevabile alla fonte da
parte dello Stato del luogo di lavoro.
2) Il carico fiscale totale sui frontalieri non sarà ne’ inferiore ne’ superiore a quello attuale. L’allineamento con la legislazione domestica dovrà essere molto graduale. Sul piano svizzero la tassazione del moltiplicatore dovrà essere a livello medio cantonale, escludendo applicazioni di maggiorazioni in relazione
alla cittadinanza dei lavoratori.
3) Sulla base di tale regime, lo Stato italiano assicurerà ai Comuni di confine l’ammontare delle quote oggetto dell’attuale ristorno da parte elvetica delle tasse dei frontalieri, secondo modalità e forme che saranno oggetto della legge nazionale di ratifica dell’accordo fermo restando che tale gettito non sarà in alcun modo diminuito ne’ sarà modificato l’elenco dei Comuni beneficiari.
4) Italia e Svizzera negozieranno un’intesa di possibile accordo bilaterale relativo alla sicurezza sociale dei frontalieri (trattamenti pensionistici, indennità di disoccupazione, ecc) da applicarsi eventualmente anche in caso di modifiche delle normative di libera circolazione delle persone tra Svizzera e Unione Europea
5) La validità giuridica del nuovo accordo avverrà esclusivamente ad avvenuta ratifica da parte dei relativi Parlamenti. “Il governo italiano -osservano i parlamentari democratici- ha tenuto conto
dell’esigenza da noi espressa di evitare che la questione dei lavoratori frontalieri venisse compressa nella più ampia vicenda delle black list e al tempo stesso che i Comuni italiani di frontiera venissero penalizzati. Siamo ora in condizione di poter entrare nel merito senza elementi di possibile perturbazione, e Si apre
quindi una fase di lavoro di dettaglio specifica, per la quale ci rendiamo fin da ora garanti di un confronto ampio e aperto ai territori e tutte le parti sociali per giungere al miglior risultato possibile” .
Ufficio Stampa PD VCO
L’uscita di Sergio Cofferati dal Pd è una ferita che pone un tema più generale di democrazia nel Pd
L’uscita di Sergio Cofferati dal Pd è una ferita per chiunque abbia creduto con passione alla costruzione di una grande forza della sinistra.
Lo è in sé, per la storia e la biografia di Sergio. Lo è doppiamente per le ragioni che la motivano. È sbagliato e offensivo liquidare la decisione di Cofferati come una reazione stizzita all’esito delle primarie in Liguria. E farebbero bene i vertici del partito a tacitare reazioni improntate a questo tenore.
Sergio lascia il Pd denunciando pratiche e inquinamenti che hanno alterato non il risultato di alcuni seggi ma la natura di uno strumento di partecipazione e decisione come le primarie. Nelle sue parole c’è la denuncia non solo di un malcostume, ma di una mutazione della identità del Pd.
Mi domando:Si può reagire a un fatto simile con una scrollata di spalle? E’ una domanda che interroga tutti, che pone un tema reale e delicato. In molti ci siamo posti, e non da ora, con tutta la preoccupazione del caso e anche con qualche amarezza, una domanda: si può fingere che nulla sia accaduto e voltare pagina magari con l’atteggiamento di chi pensa “tutto sommato, un problema di meno“?
Ovviamente penso, e pensiamo, di no, che non si possa e non si debba fare. A livello nazionale è indispensabile aprire un confronto su quanto sta accadendo. E’ evidente che che ci si augura un ripensamento di Cofferati che, in tante e tanti, vedremmo come un atto di disponibilità da parte di una personalità preziosa per la sinistra italiana e il Partito Democratico.
In politica si può vincere o perdere, difendendo un’idea e un punto di vista. Ma in Liguria e altrove il tema è ben diverso e riguarda regole e contenuti, posizioni politiche e alleanze, contenuti ne credibilità.
Non basta la buona volontà dei singoli quando occorrono scelte politiche che tendano ad includere, a far vivere la democrazia in modo pieno, a rispettare le opinioni di chi la pensa diversamente e mette se stesso, la sua storia, la sua dignità al servizio di un’idea più grande dell’impegno politico, sociale e culturale. In molti hanno scelto la strada del disimpegno, non ritrovandosi più in questo Pd. In tanti abbiamo deciso di provare ancora a dare battaglia sulle idee stando dentro il partito per migliorarne, dal nostro punto di vista, le scelte e la strategia politica.
Mi auguro che si attuino i cambiamenti necessari, ad ogni livello, affinché questi sforzi non siano destinati ad infrangersi davanti ad un muro di sordità e indifferenza.