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Confermati i tagli delle linee ferroviarie, compresa la novara-domodossola. Confermato l’isolamento ferroviario del vco

Ciò che avevamo anticipato, (come previsto nel comunicato di qualche giorno fa qui di seguito pubblicato) sulla base di notizie fondate, si è puntualmente verificato. La Giunta regionale ha approvato il programma di tagli delle linee ferroviarie che entrerà in vigore con l’orario estivo. Tra le linee tagliate, oltre a quelle rese note in Commissione, l’assessore Bonino ha introdotto anche le altre, tenute nascoste fino alla denuncia pubblica dei giorni scorsi da parte del gruppo regionale PD. Tra le linee tagliate, anche la Novara-Domodossola.
Quest’ultimo taglio, oltre a quello annunciato della Arona-Santhià, di fatto configura l’isolamento ferroviario del VCO da Torino, non più raggiungibile direttamente dalla nostra provincia con il treno in alcuni periodi della giornata, mentre non sono ancora chiari i servizi sostituivi con pullman promessi nella delibera. Una situazione che ha dell’incredibile, e che questa Giunta regionale ha procurato e avallato senza battere ciglio.
Oltre al danno, la beffa. Solo il 15 giugno l’assessore Bonino incontrerà le autonomie locali sul piano triennale del trasporto ferroviario locale. Un incontro inutile, che avviene quando i buoi sono già scappati dalla stalla.
E’ ora che l’assessore Bonino si assuma le sue responsabilità. Ne abbiamo chiesto la sfiducia, che verrà discusso nel pomeriggio di martedì prossimo in Consiglio. In mattinata tenteremo anche di organizzare un incontro tra l’assessore Bonino e i sindaci coinvolti dai tagli. Ci sembra un impegno cui l’assessore non può sfuggire.
Dichiarazione di Aldo Reschigna

 

Possibili tagli anche per la Novara-Domodossola. Se sara’ cosi’, dal Vco non si potra’ piu’ raggiungere Torino in treno
Non si può dire che il VCO sia nel cuore del presidente della Regione Roberto Cota e dell’assessore regionale ai trasporti Barbara Bonino. Dopo il taglio della linea ferroviaria Arona-Santhià, giustificato con il costo eccessivo del servizio per numero di passeggeri che lo utilizzano – ma sono state salvate linee ben più costose per far contenti i padrini politici del centrodestra – l’assessore Bonino avrebbe preparato un altro scherzetto.
Con il nuovo orario estivo, tra le linee che vedrebbero ridotto il servizio, ci sarebbe anche la Domodossola-Novara. La giustificazione, sempre la stessa: risorse insufficienti.  Anche perché le 12 linee ufficialmente tagliate garantirebbero un risparmio di 20 milioni di euro, e non di 30, come si era impegnata la Giunta con Trenitalia. Da qui la necessità di tagliare altre linee o ridurne il numero di treni.
Il significato del nuovo taglio, se davvero attuato, sarebbe però devastante:  per il VCO non sarebbe praticamente più possibile raggiungere direttamente Torino in treno, se non passando da Milano. Sarebbe il segno più evidente di quanto peso abbia il VCO nelle scelte della Giunta Cota. Praticamente zero.
Anche di questo chiederemo conto all’assessore Bonino, nella seduta straordinaria del Consiglio regionale che abbiamo chiesto per il 19 giugno prossimo, in cui proporremo anche la sfiducia nei suoi confronti. L’assessore Bonino finora ha operato in disprezzo delle leggi, senza consultare neanche le comunità locali, di fronte a scelte così pesanti. Per noi c’è più del necessario perché abbandoni un incarico ricoperto in modo così carente.

Una dichiarazione di Aldo Reschigna

Debiti regionali: no allo scaricabarile

Il quadro descritto oggi dall’assessore Monferino conferma la grave situazione debitoria in cui versa la Regione. Il gioco allo scaricabarile delle responsabilità, già avviato da qualcuno, è il modo più sbagliato e controproducente per affrontare il problema
La situazione odierna è andata formandosi negli ultimi 15 anni.
A chi attribuisce alla passata amministrazione le colpe più gravi, ricordo solo un dato: il debito di Asl e Aso è passato dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2010 da 3,021 mld di euro a 4,219 mld. E’ evidente che l’eredità era già molto pesante.
Se si vuole affrontare seriamente la situazione, occorre mettere da parte ogni strumentalità. Anche perché nel corso del 2011- anche se non ci sono ancora i dati definitivi – nonostante il tanto sbandierato risparmio sul conto economico pagato sulla qualità del servizio, il debito del sistema sanitario è cresciuto di almeno un altro centinaio di milioni.
Se a tutto questo si aggiunge il taglio dei trasferimenti centrali (-930 mln sul 2010), è evidente a tutti che occorre il più in fretta possibile mettere in campo una ricetta credibile.
Va bene il fondo immobiliare chiuso (ma tenendo fuori gli ospedali), anche se un anno fa, quando lo proponemmo, venne bocciato, e arriviamo ora con un anno di ritardo. Va bene la spending review, contenuta in un nostro emendamento. Ma questo non basta.
Occorre una programmazione seria di 10 anni per il rientro dal debito. Occorre, ancora di più, che il bilancio rifletta davvero la reale situazione patrimoniale della Regione, cosa che evidentemente non fa.
Ma occorre soprattutto mettere mano a una riforma generale che alleggerisca la struttura regionale. Lo avevamo proposto in occasione di questa finanziaria, è stato bocciato. Ma se non si alleggerisce la Regione, liberandola da una serie di pesi che in questa situazione non hanno più ragione di essere, ci si preclude la possibilità di avviare una vera azione di risanamento che abbia nel medio-lungo periodo una reale possibilità di successo.

Dichiarazione del capogruppo pd in regione Aldo Reschigna

Tagli ai costi della politica: buon ultima in regione arriva la Lega Nord

Alla fine anche la Lega nord è arrivata con la sua proposta per il taglio dei costi della politica.
Non a caso lo fa alla vigilia di una riunione dei capigruppo in cui, su nostra sollecitazione con una lettera di alcuni giorni fa, si chiedeva di riaprire la discussione proprio su questi temi.
La proposta della Lega è un buon collage di proposte altrui. Riprende il taglio dei consiglieri regionali da 60 a 50, previsto da una legge nazionale e presente in una pdl dell’ufficio di presidenza ferma da un anno.
Per quanto riguarda poi i tagli dei costi dei gruppi, dei benefit dei consiglieri, la trasparenza dei bilanci, riprende lo spirito e spesso la lettera delle nostre proposte rese pubbliche lo scorso settembre. Si dimentica però l’abolizione delle autocertificazioni.
E’ chiaro che noi siamo assolutamente d’accordo a trasformare in legge le nostre proposte. Lo siamo a tal punto che abbiamo cercato di farlo poche settimane fa, in occasione della discussione della finanziaria, presentandone alcune come emendamenti durante il dibattito.
Il capogruppo della Lega nord, quello che ora parla di “una Regione che parla chiaro alla gente e vuole far tornare chi amministra con i piedi per terra”, allora le ha bocciate, insieme con la sua maggioranza.
Era una buona occasione per trasformare le chiacchiere in realtà. Speriamo che con la conferenza dei capigruppo di domani si apra davvero una fase di decisioni concrete.

Dichiarazione di Aldo Reschigna, capogruppo Pd in consiglio regionale

Emodinamica a Domo, Reschigna: ”modo vecchio di presentare i risultati ottenuti”

Quello che è successo nella comunicazione dell’apertura dell’emodinamica a Domodossola è il contrario della “politica lontana dalla sanità” che il centrodestra sbandiera a ogni dove, ma che si dimentica di praticare
Basta riepilogare i fatti per rendersene conto. Lunedì scorso il direttore generale della nostra Asl si incontra con l’assessore Monferino che lo autorizza ufficialmente ad avviare il lungo percorso per aprire  il servizio a Domodossola. Nonostante sia una notizia attesa da tempo e con grandi palpitazioni da parte del territorio (non più tardi di una settimana fa avevo sollecitato una decisione), tanto che l’incontro arriva alla vigilia di un’assemblea dei sindaci ossolani proprio su quel tema, il direttore generale dell’Asl, persona che stimo e continuo a stimare, si dimentica di comunicarla, e lo fa con un comunicato stampa solo il giorno dopo che il presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo lo ha comunicato agli organi di informazione, attribuendosi il merito del risultato.
Ora è evidente che il pur autorevole presidente del Consiglio non sarebbe stato da solo in grado di risolvere la vicenda. Non è l’unico protagonista di questa annosa questione. Lo sono tutti i consiglieri regionali che se ne sono occupati, e lo sono ancora di più i rappresentanti delle comunità locali, a partire dall’assemblea dei sindaci che, superando lacerazioni e divisioni, si sono pronunciati per l’insediamento a Domodossola dell’emodinamica.
Per questo quello che è accaduto è un modo davvero “vecchio” di rappresentare i risultati dell’azione politica. Attribuendosene i meriti, e dimenticando il territorio e le comunità locali, oltre ai colleghi di altri gruppi politici, non si aiuta a ricostruire quel legame tra società civile e politica che sempre di più rappresenta uno dei grandi temi da risolvere per rilanciare il nostro paese e la nostra regione.

Condannato Giovine: Cota ne prenda atto e si dimetta

La pesante condanna per falso di Michele Giovine, ribadita oggi dalla Corte dʼAppello, conferma la gravità del suo comportamento e la evidente illegalità che ha contaminato il voto regionale del 2010.
In questo quadro è chiara la caduta di autorevolezza del presidente Cota, eletto con un risultato viziato in modo determinante dal falso compiuto da Giovine, che mina la legittimità della sua elezione.
Cota dovrebbe cominciare a prendere atto pubblicamente di quanto scaturisce in modo sempre più inequivocabile dalle aule giudiziarie.
comunicato stampa
Aldo Reschigna, capogruppo Pd in consiglio regionale

La Carta delle Autonomie: convegno a Verbania il 28 maggio

La Carta delle Autonomie, verso un nuovo assetto degli enti locali: è questo il titolo dell’incontro pubblico organizzato dal Partito democratico del VCO per lunedì 28 maggio alle ore 20.45 presso la sala Rosmini al “Il Chiostro” di Verbania. Potete scaricare cliccando qui il PDF dell’incontro.
Un  confronto sul tema della riforma degli enti locali con le forze del territorio al quale interverrà il senatore Mauro Marino componente della Commissione Affari Costituzionali del Senato. Saranno presenti Antonella Trapani segretario provinciale PD, Enrico Borghi vicepresidente ANCI, Giuseppe Grieco capogruppo provinciale PD, Aldo Reschigna capogruppo regionale PD.

Info: Carta delle autonomie: il senato ha ripreso l’esame della riforma

La Commissione affari costituzionali del Senato ha ripreso, l’11 aprile scorso, l’esame del disegno di legge “Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell’ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali. Riordino di enti ed organismi decentrati” già approvato dalla Camera dei deputati il 30 giugno 2010.

L’esame del testo di riforma della Carta delle Autonomie si era poi arenato per lungo tempo.

Riprende finalmente il suo iter con la presentazione di un testo organico di emendamenti al disegno di legge esitato dalla Camera da parte dei due relatori della Commissione, senatori Enzo Bianco (PD) e Andrea Pastore (PDL).

Gli emendamenti riguardano in particolare l’individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città Metropolitane.

Vediamo i punti principali.

FUNZIONI DEI COMUNI

Le funzioni fondamentali dei comuni sono:

a) organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;

b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di competenza comunale ivi compresi i servizi di trasporto pubblico;

c) coordinamento delle attività commerciali e dei pubblici esercizi, in coerenza con la programmazione regionale;

d) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

e) gestione dell’ambiente e del territorio, ivi compresa la pianificazione urbanistica ed edilizia, nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

f) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

g) costruzione, gestione e manutenzione delle strade comunali, regolazione della circolazione stradale urbana e rurale;

h) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 118, quarto comma, della Costituzione;

i) edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

j) gestione dei beni e dei servizi culturali di cui il comune abbia la titolarità;

k) gestione dei beni demaniali e patrimoniali dell’ente;

l) promozione delle garanzie di accesso ai servizi pubblici e privati;

m) polizia municipale e polizia amministrativa locale;

n) tenuta dei registri dello stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell’esercizio delle funzioni di competenza statale.

 FUNZIONI DELLE PROVINCE

Le funzioni fondamentali delle province quali enti con funzioni di area vasta sono:

a) tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza, ivi compresa la tutela e la gestione del patrimonio ittico e venatorio;

b) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento nonché, nell’ambito dei piani nazionale e regionali di protezione civile, attività di previsione, prevenzione e pianificazione d’emergenza in materia;

c) pianificazione dei trasporti e dei bacini di traffico e programmazione dei servizi di trasporto pubblico locale, nonché funzioni di autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato in ambito provinciale, in coerenza con la programmazione regionale;

d) costruzione, classificazione, gestione e manutenzione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

e) previsione, prevenzione e pianificazione d’emergenza in materia di protezione civile nell’ambito dei piani nazionali e regionali;

f) cooperazione, anche mediante supporto tecnico-amministrativo, in favore dei comuni.

DIVIETO DI ATTRIBUZIONE DELLE FUNZIONI AD ALTRI ENTI

Le funzioni fondamentali e le funzioni amministrative conferite ai comuni, alle province e alla città metropolitane non possono essere attribuite ed esercitate ad enti, società o agenzie statali, regionali e di enti locali.

L’esercizio delle funzioni fondamentali è obbligatorio per l’ente titolare.

OBBLIGO DI ESERCITARE LE FUNZIONI IN FORMA ASSOCIATA

Le funzioni fondamentali dei comuni sono obbligatoriamente esercitate in forma associata da parte dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti qualora appartengano o siano appartenuti a comunità montane.

Le province con popolazione inferiore a 300.000 abitanti, e nelle zone prevalentemente montane con popolazione inferiore a 200.000 abitanti, esercitano obbligatoriamente in forma associata tramite convenzione con una o più province limitrofe della medesima Regione e anche se di popolazione superiore le funzioni fondamentali attribuite.

 DELEGA AL GOVERNO

Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi, uno o più decreti legislativi, aventi ad oggetto:

a) l’individuazione e il trasferimento delle restanti funzioni amministrative esercitate dallo Stato o da enti pubblici nazionali che sono attribuite, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, a comuni, province, città metropolitane e regioni;

b) l’eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali attraverso il trasferimento, la riallocazione o l’unificazione delle funzioni e delle strutture esistenti ad un unico livello di governo sulla base di criteri di economicità, omogeneità, complementarietà e organicità;

c) l’individuazione delle funzioni che rimangono attribuite allo Stato.

Nell’esercizio della delega, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) conferire, ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, al livello diverso da quello comunale soltanto le funzioni di cui occorra assicurare l’unitarietà di esercizio, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, anche in considerazione del numero degli abitanti e della natura montana o isolana dell’ente;

b) conferire alle province esclusivamente funzioni di area vasta;

c) prevedere che tutte le funzioni amministrative residuali siano di competenza del comune;

d) favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, ai sensi dell’articolo 118, quarto comma, della Costituzione.

Le regioni, sulla base di accordi stipulati in sede di Consiglio delle autonomie locali o in altra sede di concertazione prevista dai rispettivi ordinamenti:

a) conferiscono le funzioni amministrative e le relative risorse umane, finanziarie e strumentali in modo organico a comuni, province e città metropolitane al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di competenze;

b) conferiscono agli enti locali, nelle materie di propria competenza legislativa, ai sensi dell’articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, le funzioni ad esse trasferite dallo Stato che non richiedono di essere esercitate unitariamente a livello regionale in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione;

c) conferiscono agli enti locali le funzioni amministrative esercitate dalla regione, che non richiedono l’unitario esercizio a livello regionale;

d) conferiscono alle province, in particolare, esclusivamente funzioni di area vasta;

SOPPRESSIONE ENTI

Anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le Regioni, nell’ambito della rispettiva competenza legislativa, provvedono all’accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati, non espressamente ritenuti come necessari all’adempimento delle funzioni istituzionali, e alla unificazione di quelli che esercitano funzioni che si prestano ad essere meglio esercitate in forma unitaria.

Lo Stato e le Regioni provvedono altresì ad individuare le funzioni degli enti agenzie od organismi in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali, riallocando contestualmente le stesse agli enti locali, secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

 TERZO MANDATO PER I SINDACI DEI PICCOLI COMUNI

Viene prevista la possibilità di tre mandati consecutivi, anziché due per chi ha ricoperto la carica di sindaco di comune con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti.

RIFORMA DELLE PROVINCE

Le Province vengono espressamente individuate come enti con funzioni esclusivamente di area vasta.

Rispetto alle funzioni fondamentali già individuate dall’art. 21 della Legge delega sul federalismo fiscale (Legge 42/2009) non vengono più ribadite le funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l’edilizia scolastica e le funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro, che per loro natura richiederebbero una gestione a livello sovracomunale.

Rispetto alla riforma Monti, che assegnerebbe alle Province “esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale” è evidente che il testo proposto appare molto più aderente alle previsioni del titolo V della Costituzione.

Per questo si prevede l’abrogazione delle norme contenute nel decreto “Salva Italia”, relative allo svuotamento delle funzioni attribuite alle Province (commi 14, 18, 19 e 21 dell’articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214).

Certamente apprezzabili le disposizioni che impongono che le funzioni fondamentali e le funzioni amministrative conferite ai comuni, alle province e alla città metropolitane non possono essere attribuite ed esercitate ad enti, società o agenzie statali, regionali e di enti locali nonché la soppressione di enti ed organismi vari che oggi svolgono in tutto o in parte dette funzioni.

Nulla viene detto sul sistema elettorale per le Province.

Si rinvia evidentemente all’esame del testo del disegno di legge approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2012, su proposta del Ministro dell’Interno, che disciplina le modalità di elezione di secondo grado dei Consigli provinciali e dei Presidenti della Provincia.

Tale disegno di legge prevede un nuovo “modello elettorale provinciale” di tipo proporzionale, fra liste concorrenti, senza la previsione di soglie di sbarramento e di premi di maggioranza così caratterizzato:

a. elezione contestuale del Consiglio provinciale e del suo Presidente;

b. elettorato passivo riservato ai Sindaci e consiglieri in carica al momento della presentazione delle liste e della proclamazione;

c. ciascuna candidatura alla carica di Presidente della Provincia è collegata a una lista di candidati al Consiglio provinciale;

d. i votanti possono esprimere fino a due preferenze: se decidono di esprimere la seconda preferenza, una delle due deve riguardare un candidato del Comune capoluogo o di sesso diverso da quello a cui è destinata la prima preferenza;

e. è proclamato Presidente della Provincia il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità si prevede il ballottaggio. In caso di ulteriore parità è eletto il più anziano d’età;

f. Le cariche di Presidente e Consigliere provinciale sono compatibili con quelle di Sindaco e Consigliere comunale;

g. È vietato il cumulo degli emolumenti.

Rinviamo ai precedenti interventi sull’argomento le valutazioni fortemente critiche su tale proposto di riforma.

Richiamiamo soltanto alcuni passaggi del parere dell’UPI, che ci appaiono pienamente condivisibili, espresso in Conferenza Unificata il 4 aprile 2012:

“Il sistema elettorale rappresenta il cuore del legame tra le istituzioni territoriali e le loro comunità. Nel nostro sistema costituzionale le leggi elettorali sono rimesse alla legislazione ordinaria ai fine di consentire la possibilità di adeguamenti nel tempo che tengano conto dell’evoluzione democratica del Paese. Ma è un dato certo che la democrazia locale è l’espressione, la più alta, dell’autonomia dell’ente che è stata riconosciuta a più riprese dalla Costituzione e dalla Carta europea delle autonomie locali.

Il principio autonomista implica il principio democratico e ciò richiede che il popolo deve avere una rappresentanza che emerga da elezioni generali, dirette, libere, uguali e segrete e che la rappresentanza abbia una consistenza tale da conseguire due risultati: in primo luogo, l’espressione del pluralismo politico, compatibilmente con la governabilità; in secondo luogo, la capacità di indirizzo e controllo da parte della rappresentanza medesima sull’ente.

La scelta di eleggere i consigli provinciali attraverso un elezione di secondo grado, come organi di espressione degli amministratori comunali, priva i cittadini del territorio provinciale del diritto di eleggere e controllare direttamente un ente peraltro previsto dalla Costituzione come elemento costitutivo della Repubblica.

Per questi motivi, l’UPI ribadisce la necessita di prevedere comunque una elezione diretta degli organi di governo della Provincia, che hanno la funzione di rappresentare comunità provinciale nel Paese.

La soluzione adottata nel ddl al contrario non riesce a dare una risposta equilibrata alle esigenze di rappresentanza di tutto il territorio provinciale che oggi hanno un punto di riferimento nel sistema elettorale provinciale basato su collegi territoriali, né riesce a tenere conto in modo adeguato della rappresentanza delle diverse forze politiche nei territori e dei necessari equilibri fra maggioranze e minoranze”.

La discussione avviata in Parlamento è auspicabile in ogni caso che riesca a superare e modificare radicalmente i contenuti di un provvedimento affrettato, confuso, dettato esclusivamente dalla necessità di offrire al dibattito mediatico quel “taglio” tanto invocato, ma purtroppo altrettanto poco ponderato, da chi, cavalcando le indubbie e gravissime difficoltà del nostro sistema politico ed economico, propone soluzioni devastanti per l’intero assetto costituzionale dello Stato ed in particolare per le Autonomie Locali, che andrebbero al contrario rafforzate e tutelate nell’erogazione dei servizi essenziali, in quanto oggi, molto più che il ritorno al centralismo, da sole possono riuscire a tentare di interpretare e gestire le aspettative e i bisogni dei cittadini.

Qui il testo del disegno di legge

Qui gli emendamenti presentati