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Il TAR sospende la chiusura del punto nascite: le dichiarazioni di Aldo Reschigna ed Enrico Borghi

Il Tar del Piemonte ha concesso la sospensiva nel ricorso promosso contro la soppressione del punto nascite di Domodossola, a conferma, dopo le analoghe decisioni assunte sui ricorsi presentati contro la chiusura dei laboratori di emodinamica, che ormai le scelte di politica sanitaria regionale non reggono neanche presso i tribunali amministrativi, oltre che presso l’opinione pubblica.
La motivazioni del Tar, che ha respinto un analogo ricorso presentato sul punto nascite di Carmagnola ma ha accolto quello su Domodossola, inducono a una ulteriore considerazione: per i punti nascita di Domodossola, Susa, Carmagnola, Borgosesia e altri era prevista la chiusura nel Piano sanitario regionale. La Giunta ha provato a tenere aperti Borgosesia e Susa, Domodossola no, pur essendo analoghe le situazioni. Il Tar, con la sua sentenza, dice che non ci può essere discrezionalità nell’attuazione di atti di programmazione sanitaria la cui approvazione la Giunta ha imposto alla sua maggioranza.
In questi tre anni la politica sanitaria della Giunta regionale ha cancellato progressivamente ogni elemento di innovazione. Oggi viene smantellata da provvedimenti del Tar: anche questo ci dice che non vi è più alcuna credibilità politica in Cota e in questa Giunta regionale.
Aldo Reschigna, capogruppo Pd in consiglio regionale

La decisione del Tar Piemonte conferma quanto da me sostenuto da tempo, e oggetto dell’interrogazione al ministro Lorenzin che a questo punto spero venga finalmente evasa.
La sospensiva conferma una disciplina regionale in grado di procurare danni ai livelli essenziali di assistenza, e a questo punto a mio avviso la Regione Piemonte deve riprendere in mano l’intera questione dando una procedura omogenea all’intero territorio regionale e al rispetto delle prerogative delle zone montane.
Sarebbe, di contro, un grave errore se la Regione Piemonte scegliesse di ricorrere al Consiglio di Stato, esponendosi cosi’ all’ennesima brutta figura, quando al contrario cio’ che serve e’ riaprire il confronto di merito con il territorio e gli enti locali.
Enrico Borghi, parlamentare 

A Domodossola raccolta firme del Pd contro la vendita degli ospedali

Mercoledì 12 e giovedì 13 il Partito Democratico di Domodossola, in collaborazione con “Cittadinanza Attiva” e “Articolo 38”, organizza una raccolta firme per protestare contro la vendita ai privati degli ospedali ed ambulatori della regione Piemonte disposta dal governo Cota. Puoi firmare anche on line a questo link (clicca qui)
Il banchetto con materiale illustrativo verrà allestito davanti alla portineria nuova dell’ospedale San Biagio.

La Giunta Regionale vuole vendere ad un fondo immobiliare gli ospedali, i poliambulatori e tutte le altre strutture sanitarie che vengono utilizzate per erogare servizi. Il fondo sarebbe posseduto per il 60% dalla Regione Piemonte e, per la rimanente parte, da altri investitori.
La scelta della Giunta Regionale è palesemente motivata dall’esigenza di fare cassa. Una volta ceduti gli ospedali, le Aziende Sanitarie Regionali affitterebbero dal fondo immobiliare gli immobili. Quello che oggi potrebbe apparire come positivo per la Regione rischia, invece, di essere nel futuro un ulteriore peso economico per i bilanci delle Aziende Sanitarie Regionali perchè la società di gestione del Fondo erogherebbe anche i servizi di gestione degli ospedali.
Peraltro, vendendo gli ospedali la Regione non potrà beneficiare dei contributi statali per ristrutturare gli stessi e in Piemonte la vetustà degli ospedali è molto elevata. Inoltre, occorre ricordare le fallimentari esperienze, in seguito ad operazioni similari, fatte su beni dello Stato in uso presso uffici decentrati del Ministero o altri Enti.
La maggior parte degli ospedali piemontesi sono stati costruiti dalle comunità locali, grazie a contributi dei benefattori e all’impegno di moltissimi cittadini, che ancora oggi raccolgono fondi per migliorare ambienti e attrezzature. L’ospedale è un bene comune e non può essere privatizzato per fare cassa.
Contro questo progetto,
noi cittadine e cittadini del Piemonte, firmando la presente petizione popolare, esprimiamo la nostra contrarietà e chiediamo alla Giunta Regionale di tornare sui suoi passi.

No ai nuovi ticket della regione Piemonte

No ai nuovi ticket sanitari previsti dal bilancio pluriennale del governo Berlusconi-Tremonti a partire dal gennaio 2014. Lo chiede il Pd, che su questo ha organizzato una conferenza stampa, presenti i consiglieri regionali Aldo Reschigna e Nino Boeti e i parlamentari Stefano Lepri e Nerina Dirindin.
Sarebbe inaccettabile, perché porterebbe a incrementare di un centinaio di milioni di euro la spesa delle famiglie piemontesi. Nel 2012 hanno pagato 196 milioni di ticket, l’aumento si aggirerebbe sui 350 euro a testa. Sarebbe un rincaro insostenibile in un momento di grave crisi come quello che stiamo attraversando, come una nuova IMU”, ha detto Nino Boeti.
Il capogruppo regionale PD Aldo Reschigna ha sottolineato l’impatto che i nuovi ticket avrebbero sul sistema sanitario pubblico, “incentivando il ricorso al privato, con immaginabili conseguenze negative per la sanità pubblica”.
In Parlamento è stata presentata una interpellanza urgente che chiede di bloccare l’aumento dei ticket.
La senatrice Nerina Diridin, prima firmataria, ha ricordato come, pur avendo la Corte costituzionale dichiarato l’illegittimità formale della norma, non è ancora chiaro se i ticket saranno abbandonati o la legge verrà riscritta: “Dobbiamo scongiurare questo nuovo aumento”, ha spiegato, “si vogliono ridurre l’IMU e l’IVA, non si possono aumentare i ticket in una situazione così difficile. Il governo Letta si è detto consapevole del problema, ma non ha ancora spiegato come intende risolverlo. Per noi la soluzione è solo la cancellazione. Anche perché, così come si sono andati strutturando, i ticket portano all’abbandono del sistema pubblico, né sono in grado di fare cassa, visto che aiutano il calo degli accessi alle prestazioni pubbliche”.
Per il senatore Stefano Lepri “con il passaggio delle prestazioni ai privati la collettività paga di più, perché i costi fissi della struttura pubblica restano, e rappresentano la quota maggiore del costo della prestazione. Occorre ripensare al sistema dei ticket e delle esenzioni: il ticket non può minare il principio universalistico del sistema sanitario”.

 

Punto nascite, interviene l’on. Borghi. “Palesi illegittimita’ e ingiustizia per le aree montane, Cavallera intervenga”

Sembra un romanzo di Kafka, oppure il teatro dell’assurdo di Ionesco questa vicenda della chiusura del Punto Nascite di Domodossola, che configura uno scenario di mancata applicazione dei Livelli Essenziali di Assistenza per le gestanti delle valli ossolane, in un quadro di palesi illegittimità e senza che la politica regionale -con l’assessore Cavallera ormai calatosi nei panni di Ponzio Pilato- sappia affrontare la situazione, demandando di fatto ai giudici amministrativi ogni determinazione“.
Così Enrico Borghi, deputato democratico, interviene nella vicenda della chiusura del punto nascite di Domodossola disposta dall’ASL14. “Vorrei ribadire una volta di più quanto da me già affermato con una specifica interrogazione parlamentare rimasta allo stato senza risposta: nelle aree geografiche montane occorre una specifica previsione alternativa di sicurezza e di attivazione del Servizio di Trasporto Assistito Materno che rispetti la regola della “golden hour” in caso di chiusura dei punti nascite.
Qui siamo in totale assenza di tutto ciò.
Non viene attivato lo STAM, non si rispetta la regola della “golden hour” per tutte le testate di valle dell’Ossola, e si mette sul campo un servizio alternativo incongruo e insufficiente con personale che sguarnirebbe -in caso di trasporto d’urgenza tra Domodossola e Verbania- il DEA.
In tutto questo grande pasticcio, l’assessore regionale con il suo silenzio conferma che Susa è diversa da Domodossola e che quindi può restare aperta sulla base di criteri evidentemente del tutto discrezionali.
Credo che sia innanzitutto da sostenere l’iniziativa del sindaco di Domodossola e dell’Unione Montana dell’Ossola di ricorrere contro la delibera dell’ASL 14 di fronte al TAR. Detto ciò, la giunta regionale -a cominciare dal suo presidente diventato improvvisamente muto- si assuma le sue responsabilità, perché è troppo comodo appaltare alla magistratura amministrativa scelte che la politica non è in grado o non vuole fare”.

PD VCO
Ufficio Stampa

Chiusure dei punti nascite: confermata Domodossola, salvata Susa, posticipata Acqui Terme: non possono esserci figli e figliastri. Dubbi anche sull’emodinamica.

Assessore regionale nuovo, ma nulla è cambiato nella politica sanitaria e nei criteri utilizzati nei tagli, condizionati dalla presenza di padrini politici del centrodestra nei diversi territori. Se infatti oggi l’assessore regionale alla sanità Cavallera ha confermato in Commissione la chiusura del punto nascite di Domodossola entro il 30 giugno prossimo, ha anche salvato il punto nascite di Susa – che resterà aperto nonostante il piano sanitario ne prevedesse la chiusura – e posticipato di un anno, al 30 giugno 2014, la chiusura del punto nascite di Acqui Terme, casualmente nell’alessandrino, territorio di riferimento dell’assessore stesso.
Non possono esistere figli e figliastri, non si può continuare nei tagli sulla base delle appartenenze politiche. Ancora una volta nessun confronto con enti locali e territori, solo scelte basate su criteri francamente inaccettabili.
Anche la buona notizia sul trasloco a Domodossola delle attrezzature per la nuova emodinamica è affiancata da una serie di dubbi su cui chiediamo immediata chiarezza: come sarà gestito il servizio, quale sarà il budget dell’Asl e come verrà reclutato il personale? Domande le cui risposte chiariranno molto su quale sarà concretamente il servizio di cui godranno i cittadini.

una dichiarazione di Aldo Reschigna, capogruppo PD in consiglio regionale

Sanità: l’assessore regionale Cavallera annuncia tagli per 600 milioni in due anni e mezzo.

Con le cifre rese note oggi in Commissione sanità, l’assessore Cavallera ha recitato il de profundis della riforma sanitaria di Cota e Monferino. Tre anni in cui i pesanti tagli del personale e dei servizi non hanno messo sotto controllo i conti sanitari, così come più volte sostenuto da Cota e dallo stesso Monferino.
Nonostante infatti i sacrifici già pagati dai cittadini piemontesi e dagli operatori della sanità, Cavallera per evitare il commissariamento dovrà mettere in atto una cura da cavallo. Senza questa cura, ha spiegato, nel 2013 la sanità presenterebbe un disavanzo di 162 milioni, nel 2014 di 248 milioni, nel 2015 di 360 milioni di euro.
Altro che conti sotto controllo! Oltre ai tagli già effettuati, altri si preparano sul personale e sui servizi. Il piano (che però ancora una volta non ci è stato consegnato) prevede a detta di Cavallera risparmi, cioè tagli, per 170 milioni nel 2013 (ma siamo già a maggio), 369 nel 2014 e ben 583 milioni nel 2015.
Una cura insomma che si propone di recuperare in due anni e mezzo quasi 600 milioni di euro. Sono cifre che appaiono irrealistiche, che la Giunta Cota vorrebbe risparmiare per il 24% dai privati, il 32% dall’acquisto di beni e servizi, il 14% sul personale e il 30% sui farmaci.
Come intendono farlo davvero non è chiaro, visto che sui tagli delle strutture sanitarie e dei servizi collegati non è stata detta una sola parola.
Chiaro è invece che finalmente il de profundis è suonato anche per le Federazioni sanitarie. Le loro funzioni passeranno a SCR, ha spiegato Cavallera, ma i tempi non si conoscono. Abbiamo sollecitato un immediato disegno di legge che abroghi le Federazioni che a questo punto sono solo inutili e dannose. Ci è stato risposto affermativamente, vedremo con quali tempi. La verità è però oramai evidente: si sono persi tre anni, si ricomincia da capo come se finora si fosse giocato: naturalmente sulla pelle dei cittadini e degli operatori.

una dichiarazione di Aldo Reschigna, capogruppo Pd in consiglio regionale