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Il Pd che vorrei è il Pd di tutti

image Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Marco Travaglini sulla situazione politica, il PD e la sua fase congressuale.
l’ultimo congresso ci ha visti compiere la scelta del segretario e della linea politica del Pd. A Ottobre andremo ad una verifica che dovrà consentirci di “registrare” il nostro partito ad ogni livello. In questi mesi abbiamo faticato molto nel tentativo di convincere gli italiani che noi si possa rappresentare un’alternativa seria e credibile al governo di centrodestra, capace di guidare il Paese fuori da una crisi economica che, dopo aver distrutto i risparmi di milioni di italiani, bruciato posti di lavoro e speranze d’occupazione, ha colpito le famiglie e la stessa coesione sociale.
Tutto ciò nonostante l’evidente crisi della destra, la rottura tra Fini e Berlusconi e la pochezza dei risultati della compagine governativa. Il progetto di un grande centrosinistra, utile al Paese, unito e determinato nel sostenere le proprie proposte e idee , e plurale nella capacità di rappresentare politicamente persone e interessi diversi, è – per molti versi – una realtà ancora a venire. Ma non per questo si deve rinunciare a costruirlo nei fatti di tutti i giorni . Il Partito Democratico è parso troppo timoroso, reticente e rinchiuso in se per offrirsi come un luogo politico da frequentare per coloro che pensano all’alternativa al centrodestra. C’è chi parla di afasia. In molti lo pensano, non senza ragione.
“Siamo diventati il partito delle tavole rotonde, ma siamo assenti dai drammi collettivi”, sostenne Riccardo Lombardi nel suo ultimo intervento ( era il 30 giugno del 1984 ) al comitato centrale socialista dell’Ergife, a Roma. Un rischio da quale non siamo immuni ma che può essere evitato. Come? Ritrovando la via dell’ascolto (dentro e fuori al Pd), con e tra i cittadini, ricercando costantemente l’intesa possibile e il reciproco sostegno con tutti coloro che possono far crescere il centrosinistra era, ed è, l’obiettivo della linea politica che ci siamo dati.
Con la convinzione che ,per rilanciare l’Italia, sia necessario redistribuire ricchezza, lavoro e promuovere il merito e la responsabilità sociale. Anche da noi, nel VCO, dove molte delle questioni generali trovano un’articolazione persino originale ( penso al tema della green economy, alla difesa del suolo pubblico, alle politiche economiche su energia, turismo e terziario: questioni su cui esistono proposte e visioni interessanti).
Perché arranchiamo nel rendere evidenti agli occhi dei cittadini ( il VCO del VCO non è diverso dal resto del paese, sotto questo punto di vista) i contenuti di una politica alternativa? Su alcuni temi bisogna avere il coraggio di decidere una posizione più chiara ma rifiuto la semplificazione che tende ad accreditare il fatto che ci siano in giro poche idee, per di più confuse. E’ semplice, e consolatorio, il ritornello che il Pd è inadeguato, non sa decidere, usa un linguaggio incomprensibile, è autoreferenziale, diviso dalle lotte intestine per un potere ( che tra l’altro è sempre più ristretto e marginale, almeno in territori come il nostro). In tutto ciò c’è un fondo di verità ma non è un “mantra” da recitare per esorcizzare i problemi o imputarne la responsabilità ad altri.
Ho sempre pensato, e penso, al Pd come ad un partito capace di esercitare una funzione “educativa”, quasi pedagogica, per certi versi simile a quella dei grandi partiti di massa ( il PCI, la DC, il PSI ) negli anni della ricostruzione postbellica quando il compito principale era di civilizzare, educare gli italiani alla democrazia, pur nel fuoco di una lotta politica aspra e dura. Allora, e per decenni, il rapporto tra cittadini e istituzioni fu interpretato e filtrato da questi grandi partiti popolari, guidati da dirigenti come Togliatti e De Gasperi.
Oggi la situazione generale impone uno sforzo analogo se non persino superiore. l’insieme della crisi è raccolta attorno ad un grumo che produce scollamento, impotenza e decadenza. E’ in crisi verticale i rapporto tra istituzioni e cittadini, tra il potere e il popolo; è il precipitare dello “spirito pubblico” e della autorevolezza e rappresentatività della Repubblica. Quando l’armatura di un paese si incrina così è difficile aspettarsi buone notizie per l’economia, la crescita, la qualità sociale, la competitività.
Qui sta il senso del “progetto” e dell’utilità del Pd: guardare in modo aperto il paesaggio materiale e morale che la destra ha composto dinnanzi ai nostri occhi e tentare di modificalo con una “visione” alternativa.
Dimostrando concretezza nell’azione politica ma recuperando una capacità di interpretare i fatti e le situazioni in senso più generale. Un tempo, non lontano, si diceva che occorresse “pensare globalmente e agire localmente”. Le stesse riunioni politiche denunciavano un’impostazione e un interesse di più largo respiro: si partiva dall’analisi della situazione internazionale, scendendo per gradi fino alla propria realtà municipale. Oggi il discorso si è rovesciato: si parla dei problemi locali e ci si lamenta dell’ “ignavia” del gruppo dirigente nazionale (tutti, nessuno escluso). Continuare a pensare noi stessi e al futuro della politica ( metodi,scelte, progetti, alleanze) dentro il nostro “recinto”, dovremmo aver capito che è un errore. C’è molto da fare, in coerenza con i progetti più generali. Mi soffermo su alcuni esempi. Per diventare un paese meno diseguale, l’Italia deve dotarsi di una moderna rete di sicurezza sociale capace di sostenere le famiglie e i loro redditi; aiutare i giovani, gli anziani, i non autosufficienti. Tema su cui il Pd qualche idea l’ha fatta vedere e su cui far leva per allargarne la conoscenza. In una prospettiva di riforma dello stato sociale l’obiettivo di innalzare la qualità e la produttività dei servizi deve coincidere, ad esempio, con la tutela dei beni comuni ( penso all’attualissimo tema dell’acqua pubblica che abbiamo discusso più volte). E’ un argomento molto concreto che le istituzioni locali devono affrontare non dal lato dell’occupazione del potere – spesso prescindendo da competenze e capacità – nei consigli d’amministrazione ( come la destra, Pdl e Lega, ha mostrato di saper fare con voracità ) ma sotto il profilo delle scelte d’investimento per ammodernare la rete distributiva dell’acqua, rendere efficiente e diffusa la depurazione ( separando ove possibile le acque bianche da quelle nere, cosa che avviene ancora oggi in minima parte), aumentare la capacità di utilizzo delle risorse idriche sia dal lato della captazione per aumentarne la disponibilità ai cittadini , sia per produrre energia pulita e rinnovabile. Scelte concrete, non ideologiche, su cui i cittadini hanno interessi concreti perché hanno il diritto a servizi efficienti, sostenuti da tariffe eque e non da “gabelle” inique. La crisi economica ha colpito il lavoro e i redditi, abbassando pericolosamente la soglia delle tutele e dei diritti (il “modello Fiat/ Pomigliano”, nella sua parte più negativa, sta facendo scuola , nonostante ci sia chi si ostini a negarlo). La crisi rende più vulnerabili, indifesi e persino più disponibili alla rinuncia di un pezzo della propria dignità pur di tenere la testa fuori dall’acqua. Una delle priorità per alimentare l’economia e uscire più rapidamente dalla crisi in modo giusto e duraturo è l’aumento dei salari più bassi. Perché tanta timidezza nel dirlo? Eppure non è in contraddizione con la difesa del lavoro.Occorre restituire potere di acquisto agli stipendi, agire sulla leva fiscale lottando davvero contro l’evasione e insieme detassando in modo automatico gli investimenti per l’occupazione. La nostra battaglia sul taglio dell’Irap in Piemonte ha segnato dei punti. E l’idea dell’autogoverno delle risorse energetiche può essere quel “di più” di cui sentiamo la mancanza per sostenere adeguatamente l’economia e lo sviluppo.
Come si affronta la crisi è un tema avvertito da decine di migliaia di persone anche nel VCO, molte della quali faticano ad arrivare alla quarta settimana del mese con gli stipendi. Hanno ragione, nella loro lettera, Borghi e gli altri amici nel sostenere che questa sta diventando sempre più la società dei due terzi “rovesciata”, dove solo il rimanente “terzo” sta bene a fronte delle difficoltà dei più. E le liberalizzazioni di cui tanto, e spesso male, abbiamo discusso? Il paese ne ha bisogno come il pane: meno barriere di accesso alle professioni, più concorrenza nei servizi, imprese maggiormente contendibili, autorità realmente indipendenti, rottura di soffocanti e non democratici monopoli. I cittadini sanno, ad esempio, quanto è stato fatto da Bersani e dal tanto disgraziato “governo Prodi” in quei 18 mesi sofferti? Temo che noi tutti si sia dimenato di dirglielo con chiarezza. Eppure questo è un argomento dove possiamo dire molto e molto bene. Chi può negare che il futuro ha bisogno di un grande sforzo di innovazione? In questi anni, anche da noi e grazie a noi, per la nostra “quota-parte”, si sono avviati progetti per un nuovo sviluppo fondato sulla sostenibilità ambientale, l’economia verde, il sapere, la conoscenza. Il Polo dell’Innovazione ne è la rappresentazione migliore. Quante volte ci si è detto che serve una scuola davvero al passo con i tempi, in grado di aiutare la mobilità sociale, di premiare il merito, in modo da non favorire sempre quelli già favoriti dalle loro condizioni economico-sociali? Tante e con apparente convinzione. Salvo poi cedere a logiche territoriali ( non equilibrate o di potere) nel definire i progetti di riorganizzazione scolastica. Il principio di laicità, diciamo in molti, “è la nostra bussola, la via maestra di una convivenza plurale”. Ma la laicità si nutre di rispetto reciproco e di neutralità – che non significa indifferenza – della Repubblica di fronte alle diverse culture, convinzioni ideali, filosofiche, morali e religiose. Purché, naturalmente, tutti accettino un comune spazio pubblico di confronto e incontro nel quale gli unici principi non negoziabili siano quelli della Costituzione Italiana e della Carta dei diritti dell’Uomo. La gara a chi è più laico ( spesso a parole) è stucchevole così come la frenesia di accreditarsi dei tanti “laici-devoti” che fanno la gara a fare outing .
Personalmente, ho sempre confidato nell’importanza di questi temi, impegnandomi nei ruoli politici e istituzionali. La cultura socialista, alla quale mi sento oggi di appartenere e che ritengo una delle anime che vanno mantenute all’interno del Pd, mi stimola a lavorare per un programma d’azione che parli di diritti e doveri, di merito e di bisogni, di libertà individuali e responsabilità collettive. Che parli di laicità come sinonimo di libertà, di democrazia e di nuove opportunità per tutti. Senza farne un feticcio. Infine il Partito. Ho sostenuto e sostengo il progetto politico e “partitico” di Bersani perché credo che un partito sia tutt’oggi la miglior forma necessaria di una politica consapevole. La penso così da molto tempo. Del resto i partiti sono dei prodotti storici, che valgono finché servono, che si giustificano perché svolgono una funzione necessaria, perché la generalità delle persone conviene sul fatto che quella funzione sia necessaria. Ci siamo interrogati su come trovare forme nuove per la politica, per il rapporto tra politica e società, fra politica e cittadini. Non sono indifferenti, in questa logica, i vari sistemi elettorali. A livello nazionale c’è la “porcata” che espropria i cittadini dall’esprimersi sugli eletti; sul piano regionale l’attuale dispositivo penalizza i territori marginali e non mette al riparo dall’inquinamento delle liste farlocche che falsano la competizione ( com’è accaduto in Piemonte, con la vittoria “falsa” ,e in attesa di giudizio, di Cota) ; per Province e comuni emerge sempre più lo scarto tra presidenti e sindaci, esecutivi e assemblee elettive. A mio parere il futuro del PD ed un sistema maggioritario a doppio turno sarebbero la soluzione migliore: garantisce agli elettori un effettivo potere di scelta fra proposte di governo concretamente alternative e ci consentirebbe di riorganizzare il centrosinistra attorno a soggetti politici animati da una tensione maggioritaria.
Il tema del partito, della democrazia che si organizza attraverso un soggetto politico, riguarda anche le regole ed il modello della casa che abbiamo scelto di edificare insieme .Una casa che sarà tanto più grande e confortevole , quanto sarà in grado di accogliere tutti e di farli sentire – appunto – a casa loro.
E’ evidente che così ancora non è. O non lo è del tutto. Con il rischio che “ l’insieme di diversi che hanno scelto di unirsi” resti un’opera incompiuta. Non credo che il problema possa ridursi agli “ex-questo o quello”, affetti da nostalgia e dei “democratici-democratici” immersi nel nuovo, senza vincoli con il passato. Il tema sta nel progetto politico/organizzativo su cui si basa la libera convivenza/appartenenza nel Pd che , anche da noi, estrema periferia nord dell’Impero, necessita di un rilancio, consapevoli che tutte le sensibilità e le aree politiche sono utili e che di nessuno ci si possa privare. Ovviamente, fatta salva la chiarezza, la lealtà e la capacità decisionale di una forza che deve essere democratica nei fatti e non solo nel nome. Sono tra coloro che considerano una risorsa indispensabile le idee dell’area laica, libertaria e socialista e penso che altrettanto si debba dire del cattolicesimo democratico. Guai a pensare che si possa fare a meno di alcuni, quasi che una ipotetica perdita o allontanamento possa strappare un sospiro di sollievo: sarebbe una tremenda sciagura. Corrisponderebbe alla fine del Partito Democratico. Alcuni amici denunciano problemi che vanno oltre le questioni degli organigrammi e che riguardano il riconoscimento del peso che, ad esempio, la componente cattolico-democratica può avere nell’apporto alla vita culturale del Pd. Non mi pare che, almeno nel VCO, questa sofferenza dei cattolici all’interno del partito sia motivata dalla presenza di una sorta di monocolore ex-Ds. Ma è evidente un fatto: quando un disagio si manifesta non va aggirato, sottovalutato o negato. Si discute e si cerca la soluzione più ragionevole. Del resto, una delle “ragioni sociali” della nostra impresa non era forse di dar vita ad un luogo dove si trovano, si riconoscono e si unificano i riformisti? Attenzione: si unifichino, non si uniformino. Perché il riformismo è per sua stessa natura geloso delle radici culturali dalle quali si alimenta. Perché il riformista ( quello vero, e tenace) non si può accontentare della risposta data in un certo momento ed anche se la condivide non interrompe la ricerca per trovarne una migliore. Si dice: il riformismo è la sintesi tra la radicalità dei valori , il pragmatismo delle risposte possibili e la gradualità dei risultati. Bene, se è così facciamo che questa sintesi rappresenti la tensione positiva, la corrente elettrica che può fornire energia e vitalità al PD. E’ bene, però, non abusare della parola/formula “riformista”. Anche perché ci si può definire tali quando le riforme le si fanno e non più solo quando si promette di farle. Mi permetto di osservare come non guasterebbe anche una maggiore attenzione alla delicatezza dei rapporti umani e alla loro dimensione di dignità ( in una forza progressista) . Forse non aveva torto Rino Formica, negli anni ’80, quando disse che "la politica è sangue e merda", riferendosi alla miscela di passioni civili, lotte per il potere, tensioni culturali, amarezze e scontri. Ma questo non ci può far perdere di vista la qualità dei rapporti tra chi ha scelto, liberamente, di contribuire alla vita del partito. Un partito che non è di questo o di quello, di noi o di voi ma di tutti.
Siamo d’accordo che il PD deve essere sempre un partito di governo? Un partito di governo oggi, momentaneamente, all’opposizione. Che, ovunque sia collocato, si pone il problema del governo della società, dell’economia, delle istituzioni. Ormai l’essere o meno partito di governo non si misura più sul terreno della legittimazione a governare (come in Italia è stato per più di 50 anni). Si misura sulla capacità o meno di raccogliere, di unire forze in quantità ( e qualità) tali da formare maggioranza coerente con un progetto. La nostra esperienza ci dice che vincere è una cosa e governare è un’altra. Ciò che scegliamo di fare influenza tutto il campo politico del centrosinistra che non è più quello dell’Ulivo o dell’Unione. l’alleanza, a Roma come a Torino o nel VCO va riassettata ex-novo, senza esclusioni a priori. La propensione all’unità è un bene in sé ed è utile a noi come a tutte le forze che stanno dentro al perimetro del centrosinistra. Il Pd può essere il perno di una nuova alleanza progressista? E’ evidente, a mio parere, che in un quadro del genere, il principale soggetto politico con questa natura (noi) deve aspirare ad avere una “portata” che lo renda credibile allo scopo. Per “portata” intendo la capacità di raccolta elettorale, di rappresentare e comporre un ampio spettro di interessi e di formare e selezionare una classe dirigente. Per questo serve un partito più forte. E per un partito la sua forma è un contenuto politico e non solo una scelta tecnica. Va progettato, costruito, animato dal basso. Il limite più evidente che ci portiamo appresso – più o meno immutato – nei vari passaggi del processo evolutivo (quando non di “rottura”) tra PCI, PDS e DS o tra DC, PPI e Margherita, è lo strumento-partito. l’organizzazione partitica è , nella sostanza, rimasta immutata, rigida come un baccalà, standardizzata nelle sue forme e persino nei suoi “riti democratici”. Invece c’è sempre più bisogno di moduli organizzativi elastici, variabili, diversi e capaci di esprimersi secondo le circostanze e gli obiettivi. Un partito come quello che abbiamo scelto dovrebbe essere in grado di esprimere il massimo dell’energia attraverso la più ampia libertà. Quindi una organizzazione inclusiva, democratica, meno rigida, fondata sull’autonomia e sulla responsabilità. Qualcosa da sperimentare nei fatti, magari per approssimazioni, scontando errori. Un progetto da costruire innanzitutto nella nostra testa.
Ci siamo divisi in mozioni e correnti. Personalmente non ho nessuna riserva in ordine alle correnti. I partiti veramente democratici devono garantire l’organizzazione di un confronto che passi anche attraverso l’esistenza di correnti. Il problema è quando prevalgono i personalismi, quando chi vuole giocarsi un po’ di peso politico si organizza la cordata di sostenitori a scopo congressuale. Da molto tempo i partiti, anche quelli di sinistra, hanno poche regole e mal rispettate e, troppo spesso, vivono occasionalmente e confusamente il dibattito e la decisione democratica. Così ci siamo trovati ad avere, da una parte, leader plebiscitari e dall’altra una frammentazione di tanti potentati senza politica che gestiscono il potere locale soprattutto attraverso gli eletti dei vari livelli istituzionali. Si può negare che le cose non stanno così? Per queste ragioni è urgente ricostruire un corpo democratico di cittadini, consapevole e unito da procedure chiare, che conta nelle scelte più importanti anche attraverso espressioni di voto come i referendum. Non servono strutture “arlecchino”, carovane movimentiste, pensatoi ristretti. Serve un partito dove l’aggettivo “democratico” non si limiti ad una promessa ma corrisponda alla realtà.
Mi scuso con voi per la lunghezza e, forse, la “disarticolazione” di queste considerazioni: sono il prodotto della mia astinenza da dibattito politico (per ragioni personali e oggettive). Testimoniano, comunque, la convinzione sull’opportunità di un confronto franco e libero sui prossimi appuntamenti politici, interni ed esterni. Per quelli, diciamo così, "interni" ( congresso, formazione conseguente dei gruppi dirigenti, progetto politico/culturale/programmatico adatto alla realtà del VCO) credo sia bene chiarire come si intenderà procedere. Non ho mai avvertito il vincolo della mozione congressuale come una camicia di forza ma resto dell’idea che il progetto politico generale che la motivava resta in campo, e a pieno titolo.
Dunque, prima che ci si “sfarini” ( gli uni e gli altri , e in diverse direzioni “interne”) credo occorra un minimo di valutazione su quanto è accaduto dal congresso ad oggi ( giudizio sul gruppo dirigente, problemi scaturiti nel dibattito interno, rendiconto del lavoro fatto, problemi incontrati con le altre forze del centrosinistra, situazione organizzativa del PD (in merito alla quale, ricordo una preoccupata e preoccupante nota che denunciava un grave impasse nelle adesioni).
Ho avuto modo di leggere il documento sul partito del "Noi". Trovo che ci siano cose interessanti e condivisibili. Si propongono contenuti, in gran parte ( mi pare..) già acquisiti dal partito, e temi, delicati e irrisolti, come il rinnovamento, del quale nessuno nega la necessità. Proviamo a praticarlo, con serietà e convinzione, evitando il rischio che s’incarni nel filone della lamentevole denuncia sull’assenza dei giovani nelle nostre file , che da decenni affligge tutti, a prescindere dall’anagrafe. Noto che i gruppi di lavoro ( ai quali, quando mi è stato possibile, ho offerto il mio modesto contributo) sono abbastanza “in palla” : magari non tutti dimostrano la stessa efficacia ma non amo fare le graduatorie, e nemmeno mi compete . Considero questo fatto come una solida garanzia sulla qualità della proposta politica. Dovremo renderla più “leggibile” agli occhi dei cittadini, più “intuitiva” delle dinamiche che agitano il “corpaccione” sociale e culturale del VCO, ma sono certo che non si faticherà a trovare parole e i metodi per farlo. Che dire, ancora? Avremo di fronte mesi difficili: forse si voterà, in primavera, per le Regionali ( possibile) e le politiche (probabile). Ci saranno le prove, a breve, dei turni amministrativi a Domodossola e Omegna. C’è la crisi che continua a mietere vittime, bruciando posti di lavoro e prospettive per tanti lavoratori, artigiani, e piccoli imprenditori oltre a offrire poco o nulla ai giovani senza lavoro. Intuisco che in tutto ciò restano larghi gli spazi per la politica del PD e del centrosinistra. Personalmente – per quanto, per come e dove potrò – sono in grado di assicurare la mia parte.

Marco Travaglini
Agosto 2010

Festa democratica Verbania: ecco il programma

image Si svolgerà a Verbania da giovedì 26 agosto a domenica 5 settembre, presso l’area attrezzata della Casa del popolo Circolo Arci di Trobaso, la festa democratico del Circolo PD di Verbania.
Una decina di giorni di musica (liscio, rock, caraibica) di sport (con gare podistiche, un confronto internazionale di Bocce, una biciclettata), di politica (un paio di dibattiti su Verbania e la situazione nazionale), di cultura (presentazione di libri), ed ovviamente di buona cucina con servizio ristorante e bar. Ecco nel dettaglio il programma:
-Giovedì 26 agosto, Apertura Cucina ore 19.00, Piatti della serata: risotto alla mediterranea e caprese di Bufala DOP, Ore 21 – Musica Liscio con “LEA e ANDREA”
– Venerdì 27 agosto, Ore 19 – Gara podistica (5 km e 2 km), Ore 20.45 – Maxischermo Calcio Supercoppa Europea, Ore 21 – Esibizione boccistica internazionale femminile, Ore 21 – Musica Liscio
– Sabato 28 agosto, Ore 18.30 – Area libreria: Presentazione libro di Claudio Zanotti “Ad alta voce”, Ore 20.30 – Maxi schermo “SERIE A”, Ore 21.00 – Musica Liscio con “I NOTTAMBULI”, Ore 21 – Esibizione boccistica
– Domenica 29 agosto, Ore 18.00 – Maxi schermo “SERIE A”, Ore 18.00 – Incontro tra rappresentanti dei Partiti di Centro Sinistra: Costruire l’alternativa a Verbania, Ore 21.00 – Musica Rock e altro: TOXIC SOX, Ore 20.30 – Maxi schermo “SERIE A”
– Lunedì 30 agosto, Ore 21.00 – Aristide Ronzoni intervista Aldo Reschigna, Ore 20.30 – Maxi schermo “SERIE A”, Ore 20.45 – Musica rock “Groundfloor”,
– Martedì 31 agosto, Cucina con piatti tipici cubani, Ore 18.30 – Area libreria: Presentazione libro di Marco Travaglini “Quando la notte si mangia le stelle”, Ore 21.00 – Musica e danze Cubane,
– Mercoledì 1 settembre, Ore 20.45 – MUSICA Liscio,
– Giovedì 2 settembre, Ore 18.30 – Area libreria: Presentazione libro di Mino Ramoni , Ore 21.00 – Musica e Danze Popolari, Ore 21.45 – Cinema: proiezione film
– Venerdì 3 settembre, Ore 20.30 – Maxi schermo “Estonia-Italia”, Ore 21 Musica Pianobar e anni 70/80
– Sabato 4 settembre, Ore 21.00 – MUSICA – Ore 21.45 – Cinema: proiezione film
– Domenica 5 settembre, Ore 21 – Musica Liscio – Ore 21.45 – Cinema: proiezione film – Ore 23.30 – Chiusura festa

Per tutta la durata della festa: Sottoscrizione a Premi.
Il programma può subire variazione senza preavviso.

MONTAGNA: ACQUA, ENERGIA, AUTONOMIA: ultimo dibattito alla festa di Villadossola

image Segnaliamo l’ultimo appuntamento politico che si svolgerà nello Spazio Dibattiti alla Festa Nazionale Democratica sulla montagna a Villadossola, Cliccare qui per vedere il depliant della festa in
Lunedi’ 16 agosto ore 18: MONTAGNA: ACQUA, ENERGIA, AUTONOMIA, Il futuro delle terre alte tra politiche centraliste e idee democratiche. Presiede Marco Travaglini, esecutivo PD vco, relazione introduttiva di Enrico Borghi Presidente Nazionale Uncem. Interventi di Lido Riba Presidente Regionale Uncem, On. Erminio Quartiani Presidente intergruppo "amici della montagna" Parlamento Italiano. Conclude STELLA BIANCHI Responsabile Nazionale Pd acqua e ambiente. segue– Giovedì 12 agosto "la manovra del Governo È sbagliata. Altro che federalismo: solo sacrifici per i cittadini. Le proposte del PD per la crescita ed il lavoro". Partecipa Aldo Reschigna, Presidente Gruppo Consigliare PD Piemonte. Presiede Lilliana Graziobelli

L’Expo 2015 è ferma al palo. Anche il VCO ne pagherà il prezzo.

image l’Expo, grande esposizione universale, è in se un evento della modernità. Lo è stato fin dalla prima edizione londinese del 1851, toccano l’apice con quelle di Parigi del 1889 – quando fu costruita la Torre Eiffel – e del 1900, che superò i 50 milioni di visitatori e che vide l’inaugurazione della metropolitana.
Milano ospitò l’evento nel 1906 e l’immagine simbolo di quell’esposizione – dedicata ai trasporti – era il traforo del Sempione, completato proprio in quell’anno , rendendo possibile la prima linea ferroviaria diretta tra Milano e Parigi. Quando, nella primavera del 2008, è stata assegnata a Milano l’edizione del 2015 ( battendo la concorrenza di Smirne) l’entusiasmo fu grande. Si apriva una speranza di rilancio la metropoli lombarda e per tutte le aree contigue, tra le quali il VCO. l’Expo ha rappresentato, e rappresenta, una delle più rilevanti fonti d’ispirazione per gli scenari futuri. Ma, a distanza di due anni, come stanno le cose? Leggendo le cronache c’è di che preoccuparsi. Tutto appare fermo, immobile. Il clima di collaborazione tra le istituzioni che aveva consentito di vincere la sfida della “nomination” ? Sfumato tra le polemiche. Con il rischio (serio) di pregiudicare l’immagine di Milano capitale dell’efficienza. Si parlava di cifre iperboliche: venti miliardi di euro di investimenti fra quartiere fieristico e infrastrutture; 70.000 nuovi posti di lavoro; 29 milioni di turisti nei sei mesi dell’esposizione; 44 miliardi di euro in più per il fatturato del mondo imprenditoriale locale e una ricaduta sui territori limitrofi ( il VCO, tra questi).
Tutto bene?In teoria, sì. In pratica, dopo due anni la «macchina Expo» non è ancora partita. è successo che sull’ affare “Expo 2015” è scoppiata una guerra fra i vari potentati locali, e questa guerra è in gran parte la responsabile della paralisi. La colpa di chi è? Chi sono quelli che litigano, rinviano, modificano? Gli amministratori del centrodestra al Comune di Milano e in Regione Lombardia.
Intanto il finanziamento statale è stato ridotto da 4 a 1,4 miliardi di euro, da centellinare in cinque anni. Pare che i terreni dello spazio espositivo non siano ancora stati comperati. Manca ancora, per molti, un vero e proprio progetto: il tema proposto è «Nutrire il pianeta. Energia per la vita». Non pochi, negli ambienti dell’economia e della finanza, nutrono perplessità per la sua genericità: non si capisce bene quale prodotto verrà proposto ai visitatori. l’Expo non avrà introiti fino alla fine del 2014, e i soldi in cassa sono sempre meno. Bene che vada, sarà un’Expo molto ridimensionata. Che dire? Molti anche nel VCO avevano riposto grandi speranze in quest’evento. Resteranno appese ad un chiodo malfermo?. Mi auguro di no.

Marco Travaglini, esecutivo PD VCO

Il VCO “montano” e l’Europa

image Pubblcichiamo il contributo di Marco Travaglini sul tema (apparso sull’Eco Risveglio di questa settimana).
La “cornice” ideale per una politica di sostegno e sviluppo della montagna è l’Europa: il 40% del territorio dei 27 paesi dell’Unione è classificato tale, ospitando quasi il 20% della popolazione complessiva.
Milioni di cittadini europei hanno a che fare ogni giorno, direttamente o indirettamente, con la montagna, e tra questi molti di noi italiani che viviamo in una penisola tagliata, in latitudine e longitudine, dalla dorsale alpina e da quella appenninica.
Sono (siamo) una parte importante del Continente e del Paese nei confronti della quale la politica ha il dovere di approntare risposte, non solo amministrative, efficaci e razionali. Il VCO ne sa qualcosa. Nonostante i tanti sforzi , a livello comunitario non vi è una politica specifica per i territori montani in conseguenza delle notevoli differenze che caratterizzano la montagna europea sia dal punto di vista geografico che da quello sociale ed economico.
Il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 ha previsto, per la prima volta, uno specifico riferimento ai territori montani laddove nel nuovo art. 174 del Trattato sulla “coesione economica,sociale e territoriale” recita: «tra le regioni interessate, un’attenzione particolare [sia] rivolta (…) alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali e demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna».
Negli anni a venire le politiche e le scelte dell’Unione Europea avranno ricadute sempre più importanti sulla vita dei cittadini ed in particolare di coloro che vivono in montagna. Basta pensare alle grandi questioni dell’energia, dell’acqua, dell’ambiente, dello sviluppo rurale, dell’agricoltura e del turismo sostenibile. Temi che saranno determinanti per lo sviluppo e la competitività del sistema.
Nell’arco alpino é in particolare urgente sviluppare un progetto di coesione territoriale che sappia valorizzare le potenzialità di questo unico spazio geografico al centro dell’Europa, condiviso da otto Stati nazionali.
Un progetto che può crescere se saprà dar corpo ad una nuova “piattaforma alpina” fondata su tre obiettivi: attuazione delle politiche di coesione nelle aree montane; rilancio della competitività economica ( valorizzando le proprie risorse); crescita del peso politico del sistema territoriale. In questo quadro il VCO, provincia di confine in una delle regioni più europee, ha le carte in regola per coniugare ogni azione utile allo sviluppo locale con l’autogoverno del suo territorio.

Marco Travaglini

1° maggio nel VCO: le principali iniziative

image Segnaliamo le principali iniziative di sabato 1° maggio: un appuntamento quanto mai sentito in questo periodo di profonda crisi.
– La principale sarà la manifestazione organizzata unitariamente da CGIL, CISL e UIL del VCO: corteo che partirà dalle 10 dal piazzale della Bialetti ad Omegna e raggiungerà il municipio dove si terrà il comizio di Vincenzo Scudieri, segretario generale della CGIL Piemonte.
– Organizzato dal CIRCOLO ARCI CASA DEL POPOLO il tradizionale appuntamento a Gravellona Toce. Dalle ore 10 – Ritrovo e partenza corteo presso Casa del Popolo, ore 11 – Concerto del Corpo Musicale S.Cecilia di Gravellona Toce. Interventi di MARCO TRAVAGLINI, ore 12 – Rinfresco, ore 12.30 – Pranzo al Circolo ARCI. E’ gradita la prenotazione entro il 29.04.2010 telefonando allo 0323.848072 (Circolo Arci).

– Appuntamento anche a Ghiffa, oganizzato dal circolo PD presso la Polisportiva RED a Ronco di Ghiffa.
Ore 10,00 Ritrovo per stare in compagnia, ore 11,00 Aperitivo con antipasti con assaggi di salumi vari, ore 11,15 Esibizione della Banda Musicale Ghiffese, ore 12,30 pranzo con Polenta con Brasato, Gorgonzola, Verdure alla griglia, Salamini alla griglia, Vino a volontà, ore 13,30 incanto delle Torte del 1° maggio, ore 16,00 Estrazione della Sottoscrizione a Premi. Tutto a soli 15,00 €

Working class fest presso l’area feste la Lucciola / Titty Twister a Villadossola dalle ore 12 sino a notte.
Concerto con i gruppi: Purple Eyes, Antustupro, Morning Glory, Pirhana Clique, Edith, Old Morgen. Leo Minor, Groundfloor.Musica con i dj Nolo, Maisa, Zio Rene, Evan Far. Retrospettiva cinematografica "dalla catena di montaggio al call center". Birra, drink e grigliata all day.