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Il federalismo non ha prodotto effetti concreti: chi lo ha detto?

«Il federalismo comunale al momento non ha prodotto effetti concreti ».
A dirlo non è qualche esponente del Pd locale ma l’assessore al Bilancio del Comune (Pdl-Lega nord) di Verbania Stefano Calderoni che analizza i tagli della manovra economica del governo Berlusconi: «Partiamo con il dire che il taglio definitivo e complessivo per Verbania ammonta, nel 2011, a oltre 920.000 euro e che per il 2012, in base a quanto stabilito nella legge di stabilizzazione del 2010, si prevede un’ulteriore sforbiciata per circa 500.000 euro».
Poi a dare un ulteriore colpo alla gestione degli enti locali ci ha pensato il famigerato decreto di Ferragosto «che ci ha costretti – dice ancora l’assessore – ad un altro giro di vite, il terzo in poco tempo, e che dai primi conteggi quasi raddoppia il taglio del 2012 e peggiora ulteriormente i trasferimenti per gli anni successivi.  Senza contare le ulteriori sorprese che scopriremo nei prossimi giorni».
Tratto dal settimanale Eco Risveglio del 31.08.2011

Che aggiungere? Nulla. Sono parole che confermano il fallimento di questo governo.

Verbania: altra variante, altro regalo.

Altra variante, altro regalo.
E’ quanto afferma Marco Tartari, Presidente del PD provinciale e membro della Segreteria verbanese del PD in merito alla variante del Piano Regolatore n° 20, in discussione in Consiglio Comunale nelle prossime settimane:
Non posso che esprimere preoccupazione per il tentativo di trasformare in cantieri privati aree comunali e di pubblico interesse nel cuore della città.
L’impatto urbanistico ed ambientale generato dalla costruzione di altri condomìni con volumetrie ed indici di edificabilità importanti è, oltre che sconveniente per i residenti del già popoloso quartiere di Sant’Anna, controproducente per il rilancio di una città in cui molti appartamenti restano invenduti. E’ inaccettabile.

Giudizio negativo anche per l’’attività amministrativa ad oggi, un primo bilancio ormai quasi a metà del mandato amministrativo della giunta Zacchera: ”non è percepibile, né percepito dai cittadini, il cambiamento per l’interesse pubblico mentre è palese il sormontare di varianti P.R.G. per assicurare interessi privati specifici”, aggiunge Tartari.

Delle numerose istanze presentate da cittadini e Consigli di Quartiere, molte sono state ignorate; mancano risposte puntuali e formali da parte dell’Amministrazione e l’idea d’insieme della città.
Non bastano un po’ di cemento, alcune scritte sulle rotonde o qualche fontana a trasformare Verbania in una città turistica”.

Verbania & i nuovi bisogni: consulte di cittadini contro il declino?

Da alcuni mesi i media locali danno ampio spazio alle notizie di chiusura, o di ridimensionamento di importanti servizi alla popolazione: dalle poste (sportello di Suna), allo smantellamento di uffici statali, alla marginalità della stazione ferroviaria di Fondotoce, fino al culmine delle incertezze legate al piano sanitario-ospedaliero. Riorganizzare, ridimensionare sono le parole, che volutamente tecniche, nascondono l’obiettivo tutto politico, di ridurre i costi, l’imperativo che dal centro arriva alla periferia. Finora tale scelta riguardava i comuni montani mentre ora coinvolge anche città “medie” e il capoluogo. Se poi aggiungiamo “l’affanno” e i gridi d’allarme lanciati dai piccoli commercianti (un esempio su tutti: la chiusura di molti negozi a Trobaso) che vivono una prolungata difficoltà, appare oltremodo giustificata la preoccupazione dei cittadini di veder tagliati i servizi (con un abbassamento della qualità della vita). Se infine introduciamo “l’emergenza” lavoro, le oggettive scarse opportunità di impiego per i giovani, il successo dei “banchi” e delle collette alimentari, le indagini sull’impoverimento delle famiglie, il risultato è il declino di un territorio, la percezione di non aver (più) un futuro. Se è vero che questa sensazione di “crisi” è ampiamente diffusa nell’immaginario collettivo, lo stesso però pretende da chi governa delle risposte robuste e tempestive ai nuovi bisogni. Agli Enti Locali vengono sempre più attribuiti compiti di organizzazione del territorio e di protezione sociale della popolazione. Essi hanno, perciò, bisogno di maggiori risorse. L’evocazione di formule quali il federalismo fiscale e la definizione dei “livelli standard”, assegna di fatto a Regioni, Province  e Comuni la possibilità (troppe volte verificatasi) di reperire nuove entrate attraverso l’aumento della pressione fiscale. Questa si attua anche mediante le tariffe, oltre che con l’istituzione di nuove imposte locali (addizionale irpef comunale, tassa di soggiorno ecct). Si può osservare come amministrare e governare sia diventata un’attività che nessun Ente possiede più in esclusiva; progetti e decisioni devono essere condivisi e devono essere portati avanti attuando un producente coordinamento tra i diversi livelli istituzionali. Non vi è dubbio che l’unione dei servizi municipali possa costituire una nuova frontiera amministrativa che il personale politico impegnato negli enti locali deve dimostrare di voler attuare. Il rapporto con Verbania, capoluogo della Provincia, e città di gravitazione dei Comuni collinari, deve comportare una reciprocità di intenzioni, funzionali a soluzioni possibili attraverso un’attenta ricerca dei finanziamenti sui bandi pubblici e delle Fondazioni bancarie. Perchè non utilizzare i prossimi mesi per analizzare la realtà in profondo cambiamento e dare avvio a delle consulte, aperte, di cittadini nei vari quartieri e paesi? Lo sforzo, ambizioso, potrebbe essere l’elaborazione di strategie di azione su alcune questioni:

1.Lavoro: l’impresa che si può creare fra lago e montagna;

2.Territorio: la riqualificazione delle aree dismesse in città e dei nuclei antichi;

3.Servizi: come riformare le società di gestione (dall’acqua, ai rifiuti, trasporti ecct) con attenzione ai costi a carico dei cittadini e alla semplificazione delle pratiche burocratiche.

L’ultima consultazione referendaria, la partecipazione con i social networks e i comitati spontanei su tematiche specifiche (il teatro, la sanità ecct) hanno riportato al centro l’interesse per il bene collettivo, esprimendo l’esigenza dei cittadini di contare, privilegiando l’essenzialità dei problemi all’ideologia: proviamo a rappresentare la nuova voglia di far politica per costruire il nostro futuro di comunità verbanese.

 

Silvia Marchionini (Segreteria provinciale Pd)

Domenica andiamo a Fondotoce

Che tristezza. E’ il sentimento che mi ha preso in questi giorni pensando al fatto che domenica mattina ricorre l’anniversario dell’eccidio dei 42 martiri di Fondotoce. Nell’esperienza della comunità del Verbano Cusio Ossola tale ricorrenza è sempre stata vissuta con grande significato,  attenzione e  rispetto nei confronti delle persone che hanno offerto la loro vita per la pace, la libertà e la democrazia e con la consapevolezza che questo momento non è solo un guardare al passato, ma è cercare di mantenere viva una memoria collettiva che sappia salvaguardare valori che, ancora oggi, appartengono al nostro presente e al nostro futuro.
In queste giornate mi sono ricordato che domenica 19 giugno è l’anniversario dell’eccidio dei 42 martiri di Fondotoce e ho telefonato alla Casa della Resistenza per avere il programma della manifestazione a cui, da almeno 30 anni a questa parte, partecipo. Ho telefonato perché nessun invito dal Comune di Verbania è giunto, così come non era giunto l’invito l’anno scorso e la presenza del gonfalone della Regione era stato frutto di una premurosa attenzione, il sabato mattina, da parte del Presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo, a cui mi ero rivolto, poiché neanche lui era stato invitato, né, tanto meno, era stato richiesto il gonfalone della Regione, come  ogni anno si faceva.
Ma non vi è solamente il mancato invito da parte del Comune di  Verbania. In questi giorni, ogni mattina, prima di partire per Torino guardavo con attenzione e speranza i tabelloni delle affissioni della città di Verbania per cercare un manifesto che ricordasse che il 19 giugno si svolge  la celebrazione per il ricordo dell’eccidio dei 42 martiri di Fondotoce, ma neanche questa mattina ho potuto vedere il manifesto.  Allora rivolgo un appello alla comunità di Verbania: anche se il Comune di non vi ha comunicato che domenica 19 giugno c’è la ricorrenza dell’eccidio dei  42 martiri di Fondotoce, ritorniamo in tanti a Fondotoce domenica mattina, dimostrando concretamente che la coscienza civica, il senso della memoria e la gratitudine nei confronti di persone che hanno offerto la loro vita sono sentimenti e valori che la città di Verbania non vuole dimenticare.
In me rimane una grande amarezza: quando ero sindaco di Verbania, ogni anno prestavo una grande cura a quella giornata. Spero che questa cura ritorni nelle attenzioni dell’amministrazione comunale di Verbania.

Aldo Reschigna

EX COLONIA MOTTA. E ADESSO CHE SI FA?

Colonia Motta - vecchia cartolina

Suona il ‘De Profundis’ per il più importante progetto di rilancio turistico-ricettivo della nostra città, costruito e perfezionato dal Centrosinistra nel 2007. E a Palazzo di Città – dove ci si gingilla con parchi acquatici, centri multifunzionali, capitale dei laghi, coltura delle nocciole, ritiro del Chelsea, Casa della Musica e nuovo stadio – nessuno commenta l’azzeramento dell’unica iniziativa di rilancio economico ed occupazionale pronta a partire.
Il quotidiano La Stampa qualche giorno fa ha annunciato che nella vasta e prestigiosa area dell’ex Colonia Motta non si farà più la struttura turistico-ricettiva per la quale nel 2007 il Comune e la società Interlaghi avevano sottoscritto un dettagliato e impegnativo contratto urbanistico-edilizio.
La più importante e significativa operazione di rilancio turistico degli ultimi cinquant’anni (1.000 posti-letto a regime in 90.000 mc, rispetto ai 60.000 mc oggi esistenti) viene seppellita con un articoletto a quattro colonne, nel quale il tecnico locale “portavoce” della Società Interlaghi dichiara papale papale che la previsione turistico-ricettiva, pur garantita da una fideiussione di 1,8 milioni a favore del Comune per l’avvio del lavori entro la fine del 2012, non è più attuale.
Il sindaco e la Giunta, così solleciti ad annunciare qualunque cosa possa assicurare uno spazio sui giornali purchessia, questa volta non hanno detto nulla. Un silenzio assordante e fragoroso. Mentre si sprecano annunci, comunicati, dichiarazioni e paginate sui giornali per il ritiro del Chelsea e la coltura delle nocciole lungo il Toce, per il Centro Eventi Multifunzionale e il parco acquatico all’Acetati, per la capitale dei laghi europei e il progetto Thun a Villa Poss, tutti fingono di non avere sentito il “De profundis” suonato per l’unico vero progetto di rilancio economico ed occupazionale della città che avrebbe potuto partire già domani.
Si dirà che la morte tragica e improvvisa di Marcello Gabana, proprietario dell’area, ha reso tutto più difficile; ma è proprio di fronte a un’improvvisa complicazione che si misura la reattività, la caparbietà, la tenacia, la fantasia di chi amministra la città.
E anche in questo caso non s’è visto nulla. Si dirà – come annuncia “in solitaria” il  tecnico-portavoce locale  – che al posto della struttura turistica sarà realizzato un avveniristico Centro di Ricerca. La risposta può andare bene per il cittadino poco provveduto in questioni amministrative, ma non certo per chi ha una qualche dimestichezza con la materia: una cosa è costruire un progetto turistico-ricettivo, come quello che oggi viene incautamente abbandonato dalla proprietà, fondato su una puntuale e complessa previsione urbanistica di Piano Regolatore Generale; una cosa tutta diversa è immaginare – a margine di un convegno – il Centro di Ricerca.
Se anche questa proposta avesse le gambe per camminare (e lo potremo vedere solo in un fiuto indeterminato), si tratterebbe di rivedere radicalmente l’attuale destinazione urbanistica dell’area, i parametri edificatori, gli standard, le cessioni e gli usi pubblici. Senza contare la sostanziale differenza delle ricadute economico-occupazionali per la città di una struttura di ricerca rispetto a una struttura turistico-alberghiera. La sola cosa certa, per ora, è questa: il progetto, moderno e ambizioso, approvato nel 2007 non si farà, con grave e permanente danno per la città.
E per molti anni ancora il compendio ex Colonia Motta resterà in malinconica attesa di una valorizzazione che si attende da una quarantina d’anni.
Claudio Zanotti, consigliere comunale PD Verbania

Nucleare: tema del momento (non per la stampa locale)

Scrivo questa lettera in quanto mi sento profondamente amareggiato per l’assoluta mancanza di rilevanza che la stampa locale ha attribuito a due avvenimenti avutisi nella nostra città in questi giorni. Il primo riguarda l’incontro informativo che il Partito Democratico ha promosso presso il Centro d’Incontro di S. Anna venerdì 11 marzo (riuscitiissmo con 200 persone presenti) e il secondo il mio intervento, fatto a nome di tutta la minoranza, in Consiglio Comunale lunedì 14 marzo.
Nel primo caso la sala era piena, quindi circa 200 persone hanno seguito gli interventi, ma nessuna notizia è apparsa sui massmedia; nel secondo caso, pur essendoci stato un articolato ed ampio dibattito, rimasto nella più assoluta compostezza, protrattosi per oltre un’ora, l’unico riferimento è il resoconto dell’addetto stampa fortemente incompleto ed anche imparziale, non indicando alcuna delle tesi proposte dal relatore (di cui sbaglia pure la corretta indicazione del nome).
Quindi approfitto di chi mi lascia lo spazio per sintetizzare brevemente le quasi tre ore di incontro di s. Anna e l’ora abbondante di dibattito in Consiglio Comunale. Lo riassumo brevemente, utilizzando le argomentazioni a sostegno del nucleare.

Indipendenza dall’estero

Falso: noi non abbiamo miniere di uranio che dovremo importare da nazioni quali il Kazakhstan, la Namibia, il Niger, la Russia, l’Uzbekistan (il paese dove è concentrata la maggiore quantità di uranio è l’Australia, ma per una serie di motivi che in questa sede sarebbe troppo lungo raccontare, attualmente non può sostenere il fabbisogno mondiale, l’altra grande nazione che ha disponibilità di uranio è il Canada). Stesso discorso vale per le componenti per la costruzione dei reattori.

Disponibilità infinita di energia

Falso: dati IAEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) non un qualsiasi sito ambientalista, l’uranio è una fonte in esaurimento che nelle migliori previsioni portano ad una riserva pari a circa un secolo. Aumentando i consumi, e tenendo presente i lunghi tempi necessari alla costruzione delle centrali, l’Italia avrà a disposizione, pagandolo un prezzo sempre più alto, uranio per 50/60 anni al massimo. Il vento e il sole sono inesauribili.

Fonte di energia pulita

Falso:Per prima coso occorre dire che puntando sul nucleare il governo sta adottando misure contraddittorie con le politiche comunitarie in tema di energia ed espone il paese al rischio di nuove sanzioni a causa della incompatibilità con gli obiettivi europei. La costruzione di centrali nucleari in Italia oggi, anziché favorire, ostacolerebbe il raggiungimento degli obblighi europei previsti dalla direttiva 20/20/20. (entro il 2020 ridurre del 20%, l’emissione di CO2, avere il 20% di risparmio energetico e avere il 20% di energia rinnovabile).

Il primo obiettivo, com’è noto, è la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 20% entro il 2020. L’energia nucleare è, in effetti, a bassa emissione di gas serra (non a emissione zero, perché l’intero ciclo dell’uranio comporta emissioni); tuttavia, l’eventuale costruzione di centrali nucleari avrebbe un effetto irrilevante sul computo delle emissioni totali italiane. Infatti, una centrale nucleare produce solo elettricità, mentre i gas serra si generano anche dalla mobilità, l’edilizia, la combustione industriale, l’agricoltura, il riscaldamento ecc.

Ricordo che per una centrale da 1000 MW (quelle previste in Italia sono da 1600 MW) sono necessari annualmente 150-200 t di uranio naturale pari a circa 30 t di uranio arricchito. Ottenere questa quantità di uranio comporta:

6.000.000 di tonnellate di rocce contenenti il minerale uranifero,

1.000.000 di tonnellate di acqua,

16.500 tonnellate di acido solforico,

270 t di fluoro gassoso,

enormi quantità di energia per l’arricchimento

Il nucleare produce energia a basso prezzo

Falso:il costo del nucleare sarà un costo pubblico dal momento che nessun privato, come dimostrato dall’esperienza inglese, e in tempi più recenti USA e Bulgaria, ritiene ragionevole accollarsi gli esorbitanti costi di smaltimento di scorie e reattori; il prezzo dell’uranio negli ultimi anni ha subito un rapidissimo aumento, infatti nel 2001 costava 7 $/lb (15,43 €/Kg) mentre nel gennaio 2010 è arrivato a 115 $/lb (253,58 €/kg) portando a circa 5 c€ l’incidenza (42%) del costo del combustibile per la generazione di 1 Kw/h di energia (fonte WNA, World Nuclear Association). Tutto ciò senza considerare i costi di realizzazione di un sito di stoccaggio definitivo delle scorie (circa 10 miliardi di euro) e lo smantellamento a fine esercizio (circa 1 miliardo di euro a reattore).

I costi per le uniche due centrali EPR (quelle quindi di terza generazione) in costruzione Olkiluoto in Finlandia e Flamanville in Francia, sono spaventosamente aumentati. Quella finlandese doveva costare 3,2 miliardi di euro ed essere completata in 5 anni entrando in esercizio nel 2009. La compagnia elettrica finlandese TVO aveva fatto i conti che, solo a quel costo e con quei tempi, poteva fornire un chilowattora conveniente ai propri clienti. Il reattore non partirà – se partirà – prima del 2013, e i costi sono quasi raddoppiati, raggiunto i 6 miliardi di euro, a cantiere ancora aperto. Stesso discorso sta avvenendo per la centrale francese.

Mycle Schneider, uno dei massimi esperti mondiali di nucleare afferma ”Non ha alcun senso oggi puntare sull’energia atomica. Negli Stati Uniti, dove pure si è molto parlato di riprendere a costruire, nessuno lo ha fatto. Non è più vantaggioso. Al punto che neppure la Banca Mondiale finanzia più alcun progetto nucleare

I moderni reattori sono sicuri

Falso:Non voglio assolutamente parlare di quello che in queste ore sta accadendo in Giappone (paese noto per la serietà e l’accuratezza con cui vengo costruite le opere pubbliche e private).

In breve, per quanto riguarda Olkiluoto l’autorità sulla sicurezza nucleare STUK (Autorità per la sicurezza del nucleare in Finlandia), quindi non un’associazione ambientalista, si è arrivata addirittura a chiedere la revoca dell’autorizzazione alla costruzione all’Areva (la società che dovrebbe costruire i reattori in Italia), per le perplessità sulla stessa progettazione, oltre che sulla realizzazione essendo state rilevate oltre 2.100 “non conformità” al progetto originario .

In Francia già il 28 maggio 2008 l’ “Autorité de Sûreté Nucléaire” (l’Autorità francese per la sicurezza nucleare – ASN) aveva dato ordine di sospendere i lavori al cantiere della centrale di Flamanville in quanto venivano riscontrate irregolarità nell’ armatura in ferro dell’ isolotto su sui poggerà il reattore nucleare. In seguito, nell’agosto 2010 una nuova ispezione dell’ASN ha portato alla richiesta di modificazione del sistema di controllo del reattore, la spina dorsale del reattore stesso, ritenendo che la sua sicurezza non sia dimostrata.

Lo stato dell’Ontario in Canada, dovendo rinnovare un paio di reattori ormai obsoleti a Darlington, ha bandito nel 2008 una richiesta pubblica, alla quale ha risposto anche Areva. Quel bando, di 1000 pagine, era molto completo e impegnava il costruttore del reattore a una vera fornitura “chiavi in mano” includendo tutti gli oneri spesso a carico dello Stato. Il risultato è stato un’offerta di Areva da 21 miliardi di dollari per 2 reattori. Circa 9 miliardi di euro a reattore: nonostante il prezzo esorbitante l’offerta è stata rigettata perché ritenuta “incompleta”. L’AECL, l’azienda di stato canadese del nucleare, ha presentato un’offerta, ritenuta coerente alle specifiche, da ben 26 miliardi di dollari. Di fronte agli extra-costi l’Ontario ha sospeso la gara perché troppo onerosa. Attualmente, a gara ormai scaduta, l’ipotesi più probabile è il prolungamento di altri 20 anni della vita dei reattori.

E non parlo neppure, lasciando libera fantasia al lettore, degli enormi problemi relativi allo smaltimento (o anche al solo stoccaggio definitivo) delle scorie, che attualmente nessuno ha ancora risolto.

Le energie alternative non sono in grado di risolvere il problema

Falso:Mi riferisco, come esempio, al solo eolico e fotovoltaico tralasciando le altre fonti utilizzabili.

Eolico: alcune nazioni europee stanno investendo in questa direzione ed attualmente la Danimarca produce il 20% della sua energia con l’eolico, la Spagna il 14%, Portogallo 13%, la Germania e l’Irlanda circa il 7%. È in costruzione il Parco eolico del mare del nord, a cui partecipano Germania, Francia , Gran Bretagna, Belgio, Danimarca, Olanda, Iralnda, Norvegia e Lussemburgo che già nel 2020 fornirà una potenza di 30 GW di energia e nel 2050 circa 100 GW (il valore finale corrisponde al 10% dell’intero fabbisogno energetico europeo ed equivale a 70 centrali EPR).

Solare termodinamico (progetto Desertec): partecipano Germania, Italia, Francia, Spagna, Marocco, Tunisia, Svizzera. Questo progetto termine previsto 2050, fornirà nel 2020 una potenza di 25 GW arrivando a oltre 220 GW a regime (il valore finale corrisponderà ad un 15% del fabbisogno totale europeo previsto e equivarrà a 150 centrali EPR)

Ce l’hanno tutti, perché noi no?

Falso:Anche questo è un falso. Anche prima dei ripensamenti che in queste ore stanno avvenendo in Europa, la situazione è la seguente: Austria, Danimarca, Grecia, Irlanda, (Italia), Polonia, Portogallo, Norvegia hanno detto no al nucleare. Belgio, Germania, Olanda, Spagna, Svezia non sostituiranno le centrali costruite. Il Regno Unito e l’Ungheria formulano dubbi. Le nazioni europee che, ad oggi, confermano l’ipotesi sul nucleare sono Finlandia, Francia, Bulgaria, Lituania, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svizzera. Occorre comunque ricordare che tranne quelle in costruzione in Francia e Finlandia, si tratta di reattori molto più piccoli di quelli previsti in Italia e, che per quanto riguarda le nazioni est europee, tranne che per quella prevista in Bulgaria, si tratta nella gran parte dei casi, di vecchie centrali che perderanno in breve la licenza. A questo proposito un’ultima parola: quando viene mostrata la spaventosa concentrazione di centrali presenti in Europa, ci si dimentica di dire che la maggior parte di esse sono centrali che stanno esaurendo la loro vita e che non verranno sostituite.

Risolverebbero il problema energetico italiano

Falso:A conti fatti anche quattro centrali EPR non potranno coprire che il 4-5% del fabbisogno energetico del paese. Ne vale la pena?

Voglio chiudere con le parole di un esperto:
“Non esiste un nucleare sicuro. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali” Carlo Rubbia (Nobel per la fisica 1984)